Quartetto per archi n. 1 (propriamente n. 2), VII/8

ispirato a La Sonata a Kreutzer di Tolstoj

Musica: Leós Janàček (1854 - 1928)
  1. Adagio. Con moto
  2. Con moto
  3. Con moto. Vivo. Andante
  4. Con moto (Adagio). Più mosso
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: Praga, 28 ottobre - 7 novembre 1923
Prima esecuzione: Praga, Mozarteum, 17 ottobre 1924
Edizione: Hudební matice, Praga, 1925
Dedica: Quartetto ceco
Guida all'ascolto (nota 1)

Singolare vicenda quella di Leós Janàcek. Il compositore moravo che appare oggi come il più autorevole erede della tradizione cèca di Smetana e Dvorak, e insieme come uno degli autori teatrali più rilevanti del Novecento, scrisse quasi tutti i lavori che avrebbero imposto il suo nome presso i posteri negli ultimi dodici anni di vita, quando aveva già compiuto i sessantadue anni. In precedenza Janàcek era poco più che un insegnante di musica a Brno; la sua prima opera importante, Jenufa, aveva riscosso un successo locale a Brno nel 1904, ma non aveva trovato circolazione fino al 1916, quando venne rappresentata a Praga in una versione riveduta dal direttore Karel Kovarovic. L'accoglienza entusiastica trasformò le fortune di Janàcek; Jenufa venne acquistata dalle edizioni Universal, ed eseguita a Vienna, Berlino e altre città. Diventato improvvisamente un autore di interesse internazionale, Janàcek si applicò con rinnovato slancio alla composizione, riuscendo a concepire un formidabile ciclo di lavori: le opere Katia Kabanova, La piccola volpe astuta, L'affare Makropoulos, Da una casa di morti, la Messa Glagolitica, la Sìnfonietta e altri brani meno appariscenti.

All'origine del successo di Janàcek si pone certamente il suo rapporto di continuità con la scuola musicale cèca, grazie al concreto riferimento al materiale folklorico della sua terra (in particolare della Moravia), dal quale l'autore trasse direttamente ispirazione per gli elementi costitutivi del suo stile personalissimo - melodici, armonici, ritmici e strutturali. L'uso del materiale folklorico è certamente legato a quelle idee nazionaliste e irredentiste che convogliarono l'estro inventivo del compositore principalmente verso un teatro musicale di indirizzo realistico e popolare. Tuttavia, Janàcek deve la sua modernità a diversi tipi di fattori; da una parte la teorizzazione e l'applicazione di principi nettamente in contrasto con il linguaggio musicale della tradizione romantica: il superamento della rigida contrapposizione fra i modi maggiore e minore, dell'uso funzionale dell'armonia, della tradizionale quadratura ritmica della frase. D'altra parte la scelta di soggetti il cui realismo non è solamente bozzettistico ma punta su tematiche di denuncia sociale ancora oggi di forte impatto. Anche per questo il teatro di Janàcek è oggi entrato nel repertorio corrente di tutti i teatri europei, un fenomeno che ha però coinvolto molto marginalmente finora i teatri italiani.

Rispetto alla produzione teatrale, quella cameristica è sempre rimasta più in ombra; essa comprende molte miniature per pianoforte e brani per coro e per voce e pianoforte, ed è piuttosto scarna, invece, in quanto a opere riconducibili in qualche modo alle forme del classicismo. Gli stessi due Quartetti per archi, che appartengono agli ultimi anni di attività del maestro, trascendono quasi completamente la tradizione classica, tanto che la formazione del quartetto d'archi sembra essere stata scelta dall'autore non per il desiderio di cimentarsi in un genere compositivo anche allora considerato il più nobile della letteratura cameristica, ma perché la raffinata scrittura quartettistica era la più idonea a interpretare il programma intimistico e letterario che si pone alla base di entrambe le composizioni.

Il Quartetto n. 1 (in realtà un precedente Quartetto giovanile, del 188O, è andato perduto), composto nel volgere di appena una settimana - dal 30 ottobre al 7 novembre 1923 - è direttamente ispirato al racconto "La sonata a Kreutzer" di Lev Tolstoj. Non era la prima volta cne Janàcek rivolgeva la propria attenzione a quest0 racconto; già nel 1908 aveva scritto un Trio per pianoforte e archi dedicato all'opera letteraria; anche se questa partitura è perduta, è noto come alcuni suoi materiali siano stati riutilizzati nel Quartetto n. 1. Occorre dunque guardare più da vicino al racconto di Tolstoj. Esso narra come, durante un viaggio in treno, un passeggero condivida lo scompartimento con un uomo, Podnizicev, che gli rivela di avere ucciso la moglie, sospettandola di avere una relazione con un violinista che si faceva accompagnare dalla donna per eseguire la celebre Sonata a Kreutzer di Beethoven (ovvero la Sonata per violino e pianoforte in la maggiore op. 47 dedicata nel 1805 al violinista francese Rudolf Kreutzer). Podnizicev è stato assolto per questo "delitto d'onore", ma l'uxoricidio ha completamente trasformato la sua vita, facendogli cadere un velo sull'ipocrisia sociale del matrimonio, istituzione che lega i coniugi solo per una bestialità sensuale, senza nessuna vera comprensione reciproca. Tolstoj predica di fatto, nel racconto, il rifiuto dei corpi, e una vita ascetica che rinunci al richiamo dei sensi.

Difficile dire quanto di autobiografico ci fosse nella scelta di ispirarsi al racconto di Tolstoj da parte di Janàcek, che nel 1918 era arrivato a una forma di pseudo-divorzio dalla moglie Zdenka e nel contempo aveva concepito, nei confronti di una donna molto più giovane di lui e sposata, Kamila Stòsslovà, una passione destinata a rimanere, sembra, platonica, ma ben viva per tutti gli anni seguenti. Ad ogni modo il contenuto del Quartetto si rifà all'atmosfera generale del racconto, e probabilmente cerca anche di seguirne, in termini musicali, lo sviluppo. Il tipo di scrittura adottato da Janàcek sceglie di costruire la partitura basandosi non già sui classici procedimenti di elaborazione tematica, ma sulla ripetizione, continuamente variata, arricchita, intrecciata fra gli strumenti, di un materiale tematico aforistico e frammentario, dal carattere popolare. L'omogeneità della composizione viene assicurata dalla presenza di un tema ricorrente e dalla derivazione di quasi tutti i temi dalla danza iniziale.

È proprio questa danza, questo frammento tematico, che dà il tono dell'atmosfera di tutto il Quartetto, aprendo l'iniziale Adagio con moto; segue un fraseggiare dialogico, che vede tornare il tema di base come una sorta di idea ricorrente; volendo trovare un corrispettivo nel racconto, si deve immaginare che il movimento si riferisca alle conversazioni del viaggio in treno. Troviamo come secondo tempo una sorta di Scherzo, Con moto, in cui si impongono altri frammenti, un tema di polka e un passaggio in tremolo suonato sul ponticello - un effetto particolare che contribuisce ad alzare la tensione - e un'altra idea ancora. Il terzo tempo - Con Moto, Vivace, Andante - vede un tema derivato dal primo movimento della Sonata di Beethoven, ripetuto ossessivamente e distorto, come fosse il tormento della gelosia che attanaglia il protagonista. Con il finale - Con moto, Adagio - riappare agli archi gravi il tema che aveva aperto il Quartetto, e se ne aggiunge uno del primo violino che l'autore definisce "come in lacrime"; il dramma è compiuto, e il movimento acquista un carattere di epicedio, con un calibratissimo climax espressivo che si spegne solo sulle ultime battute.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 14 dicembre 2007


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Ultimo aggiornamento 16 dicembre 2015