Mládí (Gioventú), VII/10

Suite per sestetto di strumenti a fiato

Musica: Leós Janàček (1854 - 1928)
  1. Allegro
  2. Andante sostenuto
  3. Vivace
  4. Allegro animato
Organico: flauto (anche ottavino), oboe, clarinetto, clarinetto basso, corno, fagotto
Composizione: Hukvaldy, 24 luglio 1924
Prima esecuzione: Brno, Besední dům, 21 ottobre 1924
Edizione: Hudební Matice, Praga, 1925
Guida all'ascolto (nota 1)

"Mlàdí, zlaté mlàdí" ("Gioventù, dorata gioventù!") è il motto che, sotteso alla frase di sette note compresa nelle prime tre battute, costituisce non soltanto l'incipit della Suite per sei strumenti a fiato ma anche il programma poetico interno alla composizione. Un riferimento autobiografico, certo, ispirato dal ricordo degli anni trascorsi come fanciullo cantore nel collegio del chiostro reale della vecchia Brno; ma non soltanto: un inno alla eterna giovinezza della musica, nutrita dal contatto con il pulsare del ritmo e con le leggi della natura. Sicché non vi è niente di nostalgico, in questa composizione tarda, che si maceri nel rimpianto per un tempo felice e perduto, ma semmai tutto un brillare e scintillare di ritmi, di luci, di colori e di corpi, un traboccare di slanci gioiosi anche nel ripiegamento di fuggevoli, melanconiche rimembranze. Non è senza significato che Gioventù nascesse nei giorni in cui Janàček si apprestava a festeggiare i suoi settant'anni, tra giugno e luglio 1924, a Hukvaldy, il suo paese natale.

Nell'esaltazione della vivacità giovanile di Mlàdì, affidata a un insieme di sei fiati (flauto anche ottavino, oboe, clarinetto, clarinetto basso, fagotto e corno) pare che risuonasse l'eco di alcuni concerti della parigina "Société moderne des instruments à vent", ascoltati da Janàček prima a Salisburgo nel 1923, poi a Brno nell'aprile 1924, con opere di Stravinsky e Roussel. In realtà, se stimolo vi fu - e sappiamo per esempio quanto Janàček apprezzasse Le Sacre du printemps, di cui possedeva la partitura -, esso rimase sostanzialmente estraneo allo spirito dell'opera, e non soltanto per via del suo soggettivismo autobiografico. L'articolazione dei quattro movimenti potrebbe far pensare a uno schema sonatistico, ma proviene piuttosto dall'antico retaggio della Suite, ripensato in termini attuali senza sconfinare in ambito neoclassico.

Il primo movimento è un Rondò aperto e chiuso simbolicamente dal motto programmatico; e si noterà come questo sia costruito sui primi quattro gradi per toni interi caratteristici del modo lidio, sorta di simbolo, nel tardo Janàček, dell'immagine della gioventù. La funzione del clarinetto basso sembra quella di far sì che gli altri strumenti non esagerino a prendersi troppo sul serio nelle loro intenerite divagazioni: affiora così l'aspetto autoironico, quasi faceto, di questa celebrazione.

Il secondo movimento è un esempio di tecnica variata su un'estrema mobilità ritmica e armonica. Minuscoli tasselli musicali, giustapposti in base a un'espressione quasi lunatica (lo svagato vagabondare del corno in tempo 17/16 e gli sberleffi quasi sarcastici del fagotto), ricompongono un mosaico che inizia in re bemolle minore e si conclude con la massima naturalezza in re bemolle maggiore.

Quanto al terzo movimento, esso è uno Scherzo, ma in tempo binario, Janàček riutilizza ed elabora in trascrizione la Marcia degli uccellini azzurri, scritta per ottavino, campanelli e tamburino nel maggio 1924 in onore dei piccoli cantori moravi del monastero di Brno, dalla caratteristica divisa blu, che un tempo anche lui aveva indossato: l'ottavino si incarica di sottolineare argutamente questa reminiscenza ancora una volta autobiografica, ma l'esasperata concentrazione nella variazione del tema, con una serie di imitazioni a entrate ravvicinatissime, sembra quasi voler eliminare la nostalgia del ricordo. Si giunge così all'ultimo tempo, introdotto dal flauto, che riprende gli intervalli del motivo Gioventù, dorata gioventù! e innesta un'esplosiva eruzione delle forze strumentali, ora quasi esse stesse pervase dall'estro di una inesauribile giovinezza.

La prima esecuzione di Gioventù ebbe luogo a Brno il 21 ottobre 1924 e fu costellata da clamorosi, comici incidenti tecnici. In un primo tempo Janàček aveva pensato di affidarla a studenti del Conservatorio di Brno, ma avendo constatato che il pezzo era troppo difficile per loro si era rivolto a musicisti di professione, senza che neppure questi ne venissero a capo. Solo il 25 novembre, dopo una revisione, il Sestetto fu eseguito a dovere a Praga da parte di strumentisti della Filarmonica Cèca, ottenendo un grande successo.

Sergio Sablich


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 29 aprile 1999


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Ultimo aggiornamento 28 marzo 2016