Die Jahreszeiten (Le stagioni), Hob:XXI:3

Oratorio in quattro parti per soli, coro ed orchestra

Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
Libretto: Gottfried van Swieten da "The Seasons" di James Thomsons

Personaggi: Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, timpani, triangolo, tamburello, archi, basso continuo
Composizione: 1801
Prima rappresentazione privata: Vienna, palazzo del principe Schwarzenberg, 24 Aprile 1801
Prima esecuzione pubblica: Vienna, Redoutensaal, 29 Maggio 1801
Edizione: Breitkopf & Härtel, Lipsia, 1802

Struttura musicale

Parte prima: Der Frühling (La primavera)
  1. Introduzione - Largo (sol minore). Vivace - tutta l'orchestra
    Seht, wie der strenge Winter flieht - Recitativo (Simon, Lucas, Hanne) - basso continuo
  2. Komm, holder Lenz! Des Himmels Gabe, komm! - Coro (coro dei paesani) - Allegretto (sol maggiore) - 2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, archi
  3. Vom Widder strahlet jetzt - Recitativo (Simon) - basso continuo
  4. Schon eilet froh der Ackermann zur Arbeit auf das Feld - Aria (Simon) - Allegretto (do maggiore) - ottavino, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, archi
  5. Der Landmann hat sein Werk vollbracht - Recitativo (Lucas) - basso continuo
  6. Sei uns gnädig, milder Himmel! - Bittgesang (Preghiera): Trio e coro (Lucas, Simon, Hanne e coro - Poco Adagio (fa maggiore). Un poco piu moto - tutta l'orchestra
  7. Erhört ist unser Flehn - Recitativo (Hanne) - basso continuo
  8. O wie lieblich ist der Anblick - Freuden-Lied (Canto di gioia): coro (Hanne, Lucas e coro dei giovani) - Andante (do maggiore) - 2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti, archi
  9. Ewiger, mächtiger, gütiger Gott! - Coro (coro) - Maestoso (si bemolle maggiore) - tutta l'orchestra
    Von deinem Segensmahle - Trio (Hanne, Lucas, Simon) - Andante (si bemolle maggiore) - tutta l'orchestra
    Ehre, Lob und Preis sei dir - Coro (coro) - Fuga: Allegro (si bemolle maggiore) - tutta l'orchestra
Parte seconda: Der Sommer (L'estate)
  1. In grauem Schleier rückt heran das sanfte Morgenlicht - Introduzione e recitativo (Lucas, Simon) - Adagio (do minore) - 2 clarinetti, 2 fagotti, archi
  2. Der munt're Hirt versammelt nun die frohen Herden - Aria (Lucas) - Allegretto (fa maggiore) - flauto, 2 oboi, fagotto, corno, archi
    Die Morgenröte bricht hervor - Recitativo (Hanne) - basso continuo
  3. Sie steigt herauf, die Sonne / Heil! O Sonne, Heil! - Lobgesang (Canto di lode): Trio e coro (Hanne, Lucas, Simon e coro) - Largo (re maggiore). Allegro. Andante. Allegro - tutta l'orchestra
  4. Nun regt und bewegt sich alles umher - Recitativo (Simon) - basso continuo
  5. Die Mittagssonne brennet jetzt in voller Glut - Recitativo accompagnato (LUcas) - (la maggiore) - archi
  6. Dem Druck erlieget die Natur - cavatina (Lucas) - Largo (mi maggiore) - flauto, oboe, archi
  7. Willkommen getzt, o dunkler Hain - Recitativo accompagnato (Hanne) - Poco Adagio - flauto, oboe, 2 fagotti, 2 corni, archi
  8. Welche Labung für die Sinne! - Aria (Hanne) - Adagio (si bemolle maggiore). Allegro assai - 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, archi
  9. O seht! Es steiget in der schwülen Luft - Recitativo (Simon, Lucas, Hanne) - basso continuo
  10. Ach, das Ungewitter naht! - Coro (coro) - Allegro assai (do minore). Allegro (do maggiore) - tutta l'orchestra
  11. Die düstren Wolken trennen sich - Trio e coro (Hanne, Lucas, Simon e coro) - Allegretto (fa maggiore). Allegro (mi bemolle maggiore) - tutta l'orchestra
Parte terza: Der Herbst (L'autunno)
  1. e 22. Was durch seine Blüte der Lenz zuerst versprach - Introduzione e recitativo (Hanne, Lucas, Simon) - Allegretto (sol maggiore) - 2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, archi
  1. So lohnet die Natur den Fleiss - Trio (Simon, Hanne, Lucas) - Allegretto - tutta l'orchestra
    O Fleiss, o edler Fleiss, von dir kommt alles Heil - Coro (Hanne, Lucas, Simon e coro) - Fuga: Piu Allegro (do maggiore) - tutta l'orchestra
  2. Seht, wie zum Haselbusche dort - Recitativo (Hanne, Simon, Lucas) - basso continuo
  3. Ihr Schönen aus der Stadt, kommt her! - Duetto (Lucas, Hanne) - Allegretto (si bemolle maggiore). Adagio (do maggiore). Allegro (si bemolle maggiore) - 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, archi
  4. Nun zeiget das entblösste Feld - Recitativo (Simon) - basso continuo
  5. Seht auf die breiten Wiesen hin! - Aria (Simon) - Allegro (la minore) - flauto, 2 oboi, fagotto, timpani, archi
  6. Hier treibt ein dichter Kreis - Recitativo (Lucas) - basso continuo
  7. Hört! das laute Getön - Coro (coro dei paesani e dei cacciatori) - Vivace (re maggiore) - tutta l'orchestra
  8. Am Rebenstocke blinket jetzt - Recitativo (Hanne, Simon, Lucas) - basso continuo
  9. Juchhe, juhhe! Der Wein ist da - Coro (coro) - Allegro molto (do maggiore).Allegro assai - tutta l'orchestra
Parte quarta: Der Winter (L'inverno)
  1. Introduzione - Adagio ma non troppo - tutta l'orchestra
  2. Nun senket sich das blasse Jahr - Introduzione e recitativo (Simon, Hanne) - Adagio ma non troppo - 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, archi
  3. Licht und Leben sind geschwächet - Cavatina (Hanne) - Largo (fa maggiore) - archi
  4. Gefesselt steht der breite See - Recitativo (Lucas) - archi
  5. Hier steht der Wand'rer nun - Aria (Lucas) - Presto (mi minore).Allegro (mi maggiore) - 2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, archi
  6. So wie er naht, schallt in sein Ohr - Recitativo (Lucas, Hanne, Simon) - basso continuo
    Am Rokken spinnen die Mütter - Recitativo accompagnato (Simon) - Allegro - archi
  7. Knure, schnurre, Rädchen schnurre! - Lied (Hanne e coro) - Allegro (re minore) - ("Spinnerlied - Canto della filatrice" di Gottfried August Burger) - tutta l'orchestra
  8. Abgesponnen ist der Flachs - Recitativo (Lucas) - basso continuo
  9. Ein Mädchen, das auf Ehre hielt - Lied (Hanne e coro) - Moderato (sol maggiore) - 2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti, archi
  10. Vom dürren Osten dringt - Recitativo (Simon) - basso continuo
  11. e 43. Erblikke hier, betörter Mensch / Die bleibt allein - Aria e Recitativo (Simon) - Largo (mi bemolle maggiore). Allegro molto - 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, archi
  1. Dann bricht der grosse Morgen an - Trio (Simon, Lucas, Hanne) - Allegro moderato (do maggiore) - tutta l'orchestra
    Uns leite deine Hand, o Gott! - Doppio coro (coro I, coro II) - Fuga (do maggiore) - tutta l'orchestra

Guida all'ascolto (nota 1)

Le fonti principali che ci hanno conservato Le Stagioni (Die Jahres-zeiten) di Haydn sono la copia dell'autografo (perduto) fatta da Johann Elssler, segretario e domestico del compositore, oggi presso la Biblioteca di Stato di Vienna; il materiale manoscritto impiegato per la prima esecuzione del lavoro, custodito dalla stessa Biblioteca: materiale ancora più importante della copia precedente (dove mancano gli strumenti a fiato perché non c'era spazio sulla carta) per varie aggiunte autografe di Haydn e per l'indicazione delle vaste masse sonore impiegate nell'occasione; varie parti staccate manoscritte provenienti dagli archivi Esterhàzy, oggi alla Biblioteca Nazionale di Budapest; la prima edizione a stampa della partitura, pubblicata a Lipsia da Breitkopf & Hàrtel con lista dei sottoscrittori in due volumi e due tirature, entrambi del 1802, tedesca-francese e te-desca-inglese: tale edizione si trova in varie biblioteche europee, quella del British Museum era la copia di re Giorgio IV.

Haydn lavorò alle Stagioni dalla fine del 1798 ai primi mesi del 1801; l'opera conclude quindi quel periodo post londinese, e post sinfonico, con cui il quasi settantenne compositore si inseriva da protagonista, con le sei ultime Messe, le Sette ultime parole del Salvatore trasformate in Oratorio, La creazione e Le Stagioni appunto, nella riscoperta del solenne Oratorio haendeliano e nella tendenza, tipica della fine del secolo, verso i grandi affreschi sinfonico-corali. Il Messia di Hàndel era stato eseguito in tedesco ad Amburgo nel 1772, poi ripreso a Vienna nel 1788 e nel '90 nell'arrangiamento fatto da Mozart; Haydn lo aveva sentito nell'abbazia di Westminster nel 1791, e tornato a Vienna aveva ripreso i rapporti con la cerchia del barone Gottfried Bernhard van Swieten, uno degli apostoli della rinascita bachiana: suo era l'adattamento delle Sette ultime parole, sue, da originali inglesi, le traduzioni dei libretti della Creaione e delle Stagioni. Scomparso Mozart, con Beethoven già minaccioso rivale in campo sinfonico, l'Oratorio diventa il terreno che consolida e diffonde la gloria di Haydn; al trionfo della Creazione (1798) Le Stagioni tengono dietro come logico corollario.

Furono eseguite la prima volta il 24 aprile 1801, in forma privata nel palazzo Schwarzenberg, e un mese dopo, davanti a un vasto pubblico alla Redoutensaal di Vienna. Alla sua fortuna immediata nocque non poco il trionfo, ancora di fresca memoria, della Creazione: di fronte a questa, in vantaggio per la novità e per la materia più alta, Le Stagioni fecero subito figura di "sorella minore"; è un'espressione del nostro Giuseppe Carpani, che nella dodicesima delle lettere haydiane (1812) lascia trapelare il successo di stima, attribuendolo per di più alle stesse autorevoli labbra del compositore: «La migliore delle critiche la fece a me l'Haydn istesso. Io era presente la prima volta che questo Oratorio si eseguì in casa del principe Schwarzenberg. Gli applausi furono generali, cordialissimi, e senza fine. Io pure, meravigliato come da una testa sola potessero uscire due parti di tanta varietà, copia ed eccellenza, corsi al fin del concerto in cerca del mio Haydn per fargliene le più vive e sincere congratulazioni. Haydn, appena aprii bocca, mi arrestò la voce, e disse le seguenti memorabili parole: "Ho piacere che la mia musica sia piaciuta al pubblico; ma da voi non ricevo complimenti su di essa. Sono certo che capite voi stesso che dessa non è la Creazione. Lo sento io, e dovete sentirlo ancor voi; ma eccovene il perché: in quella i personaggi erano Angioli; nelle Quattro stagioni sono contadini". Si possono stampare dei tomi sul paragone di questi due Oratorj; ma non si dirà mai meglio di quanto ne disse l'autore medesimo in quelle poche parole».

Anche per altri contemporanei, Griesinger, Zelter, il difetto stava nella materia più vile, tutto da imputare quindi all'autore del testo letterario: la cui origine era il poema The Seasons, pubblicato intorno al 1730 dallo scozzese James Thomson che vi profuse con innocenza le sue esperienze di vita rustica. L'opera ebbe fortuna e varie traduzioni e ristampe; il testo intonato da Haydn era stato approntato, in libera traduzione tedesca, da van Swieten (che però non volle mai apparire in edizioni a stampa), con ogni probabilità interessato anche alla vena deista che percorre il poema originale. La cerchia dei primi biografi ed estimatori haydniani tuttavia prese di mira anche l'autore del libretto, accusato di aver indiscretamente tentato il genio del compositore sul terreno descrittivo; invece van Swieten lavorò bene, abbreviando, sopprimendo digressioni, ordinando la materia in modo più diretto e adatto alla successione musicale di recitativi, arie, pezzi d'assieme e cori; in particolare, molto più chiara che in Thomson risultò la divisione fra una centralità della natura nelle due prime stagioni (primavera, estate) e un predominio dell'uomo nelle due successive (autunno, inverno, con i quadri della caccia, vendemmia, lavori domestici): divisione di materia e di orizzonti che doveva trovare nel musicista una totale congenialità.

Una forte impronta simmetrica presiede all'organizzazione musicale: ogni stagione ha un breve preludio sinfonico ispirato a un "programma" indicato dal libretto (un singolare travaglio modulativo accompagna nel primo brano il districarsi della primavera); tutte quattro le parti sono concluse da cori: ma la prima e l'ultima da grandiose fughe di stampo hàndeliano, mentre la seconda e la terza da invenzioni più naturalistiche e attuali: un Ländler (quasi valzer) per concludere l'Estate, una pesante contraddanza, con strepito di piatti, per l'Autunno. Se Händel rappresenta la solennità storica, l'emozione del passato, è pure avvertibile, in un ultimo dialogo postumo, la voce di Mozart, l'ascesa inarrestabile del Flauto magico: l'avvio di molte arie (specie se in tonalità di sol maggiore) hanno il passo giocoso di Papageno; ma anche le sublimi omelie di Sarastro non sono dimenticate dalla bocca di Simon (basso), che impersona il contadino ricco d'anni e di esperienza; mentre i giovani, e promessi sposi, sono simboleggiati da Hanne (soprano) e Lukas (tenore).

Haydn conosceva bene Le Stagioni di Antonio Vivaldi che si trovavano nella biblioteca di Paul Anton Esterhàzy; su invito di questo principe, nel 1761, aveva messo in musica le parti del giorno con il piccolo ciclo delle tre Sinfonie Le matin, Le midi, Le soir; e nella cerchia vicina, Gregor Werner, maestro di cappella degli Esterhàzy, aveva pubblicato nel 1748 un curioso calendario musicale in dodici parti come i mesi dell'anno; ripartire il giorno o l'anno con dentro l'insegnamento che mentre tutto passa e si trasforma, la Virtù non cambia era uno dei motivi più diffusi della religiosità illuministica. Ciò che nelle Stagioni vivaldiane era mera oggettivazione naturalistica, in van Swieten e Haydn diventa metafora della vita umana; anche se il tono didascalico, non si può negarlo, conserva una nota di angustia, di moralismo terreno: quel contadino che gongola misurando il raccolto con lo sguardo, quella virtù ostentata delle ragazze, che sembra tanto interessata, buona per accalappiare un marito, quella campagna così precisa e accurata, sono tutti elementi che spostano l'attenzione sui valori di questo mondo; alla fine, ricorre l'antico tema religioso dell'ubi sunt (dove sono, davanti alla morte, gioie, dolori, al fanni, ecc.?) ma ciò nonostante si sente che il vero interesse è per le cose di quaggiù, la cui realtà è più che mai presente.

L'altro motivo culturale che circola nelle Stagioni è la polemica cittadina, l'esaltazione della natura come garante di una vita più retta e di costumi più integri; la donna di campagna, figlia della natura, è più virtuosa di quella di città, azzimata e saputella: era già stato l'argomento dell'aria «Chi s'impaccia di moglie cittadina» dell'opera L'infedeltà delusa (1773): qui, nel duetto «Ihr Schönen aus der Stadt», van Swieten e Haydn sembrano rifarsi alla lettera XXI della Nouvelle Héloïse (parte seconda) di Rousseau, con la tirata contro il lusso cosmetico delle parigine. Ma in questo terreno i momenti in cui Haydn si impone con originalità unica di risultati sono piuttosto i quadri corali di lavoro associato, di attività positiva: nell'episodio della caccia i corni non intonano melodie articolate ma suoni-segnale puri, mentre il coro lancia richiami esoterici («Tajo! Halali!») con un realismo di nuovo conio rispetto alla parata sportiva di cacce precedenti (nella Sinfonia n. 73, in una scena della Fedeltà premiata); nella vendemmia («Juchlie, dei Wein ist da») circola una gioia ditirambica che fa onore alla solidità dell'anziano maestro; e la canzone della filatura («Knurre, schnurre, knurre») ha un piglio terrestre e gagliardo in cui senti già il soffio romantico del Franco cacciatore. Carpani e i puristi viennesi avranno potuto preferire gli angioli della Creazione ai contadini delle Stagioni; ma questi ogni tanto ti afferrano e ti mescolano ai loro negozì con ben altra vivacità e persuasione.

Giorgio Pestelli

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

L'oratorio Die Jahreszeiten (1798-1801), accanto alla Schopfungsmesse (1801) e alla Harmoniemesse (1802) furono gli ultimi lavori significativi di Franz Joseph Haydn. La composizione del suo ultimo oratorio costò la salute al compositore, che dopo aver terminato l'immane opera si lamentava spesso di essere fisicamente e mentalmente stanco (soffriva di forti emicranie e di frequenti disturbi nervosi). Il libretto dell'oratorio, tratto dal poema epico The Seasons di James Thomson, venne approntato per Haydn dal barone Gottfried van Swieten, aristocratico e bibliotecario della corte viennese. A lui Mozart deve la scoperta della musica dì Bach e di Händel, e sempre a lui Haydn deve una fondamentale collaborazione nella stesura dei suoi due massimi oratori: La creazione e Le stagioni.

Le stagioni sono divise in quattro partì, corrispondenti alle quattro stagioni, ciascuna delle quali è formata da un seguito dì arie solistiche, recitativi secchi e accompagnati, cori e duetti solistici. I personaggi dell'oratorio sono tre contadini: Vanna (soprano), Luca (tenore) e Simone (basso); il coro riveste di volta in volta il ruolo di contadini, cacciatori, giovani, fanciulle, gente del popolo.

La Primavera si apre con una Introduzione che vuole dipingere musicalmente il passaggio dall'inverno alla' primavera. Dopo una breve introduzione orchestrale costituita da quattro lunghe note discendenti, il tema principale (archi e legni) ha un piglio eroico, quasi beethoveniano, che contrasta fortemente col secondo tema, più scherzoso e vivace, giocato sulla continua alternanza fra violini e legni, A un breve sviluppo motivico segue la ripresa del tema principale e la conclusione della pagina su un lungo pedale che ha lo scopo di preparare il recitativo di Simone, una descrizione musicale accurata dei venti invernali (rapide scalette ascendenti degli archi), delle tempeste e dello sciogliersi della neve. Il successivo recitativo di Vanna introduce un tenero canto di oboe, clarinetto e fagotto: è finalmente giunta la primavera.

Il coro successivo, «Komm, holder Lenz! Des Himmels Gabe, komm», ha un andamento sereno e pastorale e gioca sul contrasto timbrico fra le voci femminili (fanciulle e donne, in do maggiore) e quelle maschili. Il primo raggio dì sole primaverile viene annunciato da Simone in un breve recitativo secco che prepara l'aria successiva, «Schon eilet froh der Ackermann», nella quale si loda l'opera del contadino con un tema allegro e spensierato, quasi da opera buffa. Nell'episodio centrale la voce di Simone «cammina» in unisono coi bassi, quasi a scandirne i «misurati passi».

Dopo il lavoro, il saggio contadino si raccoglie in una preghiera di ringraziamento «Sei nun gnädig, mìlder Hìmmel!», affidata da Haydn al coro e alle tre voci soliste. Il solenne canto di preghiera, presentato da Luca, viene poi ripreso dal coro. Notevoli spunti imitativi presenta infine l'episodio centrale affidato ai tre solisti, che dialogano con gli strumenti riprendendo tutte le immagini suggerite dal testo (i venti, la rugiada, l'acquazzone).

Altre due pagine corali concludono la Primavera: nella prima, «O wie lieblich ist der Anblick», troviamo un altro episodio descrittivo, nel quale gli strumenti dell'orchestra imitano alcuni aspetti della natura (il giglio, la rosa, le praterie, i campi); nella seconda, «Ewìger, mächtì-ger, gütiger Gott!», dopo una solenne introduzione orchestrale basata su accordi a piena orchestra e perentori interventi del coro in omoritmia, Haydn ci presenta una fuga a quattro parti (bassi, tenori, contralti, soprani) di chiara ispirazione händeliana.

L'avvio dell'Estate è affidato da un mesto motivo in do minore affidato agli archi: è la notte che lentamente lascia il passo alle prime luci del mattino; l'aria successiva, «Der munt're Hirt versammelt nun», presenta decisamente un'ambientazione pastorale (fa maggiore, 6/8), accentuata dall'intervento del como solista. Nel coro «Sie steigt herauf, die Sonne, sie steigt» il sorgere del sole è reso da Haydn con un graduale movimento melodico ascendente che culmina nel fortissimo di orchestra e coro; conclude poi la pagina un solenne canto di lode al sole (Coro con interventi dei solisti). Seguono due recitativi: nel primo, affidato a Simone, si narra della raccolta del fieno nei campi; nel secondo, la voce di Luca viene accompagnata dagli archi con sordino, che rendono musicalmente molto bene l'idea della canicola estiva (tremoli di violini primi, violini secondi e viole).

Anche la cavatina successiva «Dem Druck'erlieget die Natur» riproduce con notevole esattezza la prostrazione umana davanti alla calura dell'estate, con l'incedere lento e stentato del basso e con la linea melodica statica, quasi incantata.

Ancora pittura musicale rinveniamo nel recitativo di Vanna «Willkommen jetzt, o dunkler Hain», preceduto da una breve e serena introduzione orchestrale; le successive parole di Vanna suggeriscono agli strumenti spunti imitativi, come il fogliame che mormora (rapido movimento in semicrome dei violini primi), lo scorrere del ruscello (biscrome rapidamente ribattute da violini primi e secondi e viole) o la zampogna del pastore (assolo dell'oboe).

L'immancabile temporale estivo viene rappresentato in musica con uno straordinario coro «Ach, das Ungewitter naht!», preceduto da un'introduzione orchestrale piena dì onomatopee, come il veloce guizzo del flauto (il fulmine!), i tremoli degli archi (il tuono), i cromatismi dei legni (il vento); passata la bufera, la natura ritrova il sorriso e la serenità nel coro conclusivo «Die düstren Wolken trennen sich»; un delicato motivo esposto dai violini fa da motivo conduttore agli interventi dei solisti. Gli animali ritornano alle normali attività e l'orchestra li descrive con minuzia; il «grasso vitello» è dipinto da tre note in fortissimo dei tromboni, la quaglia da un insistito ritmo puntato degli oboi, il canto del grillo da un intervallo dissonante nei flauti, il rospo che gracida nel pantano dalle dissonanze dei legni. Alla fine suonano a festa le campane, annunciando la quiete dopo la tempesta e il coro può innalzare il suo canto di giubilo.

Nell'Autunno, dopo alcuni numeri musicali piuttosto convenzionali, è notevole l'aria dì Simone «Seht auf die breìten Wiesen hin!», nella cui introduzione orchestrale udiamo i passi del cane che «corre nell'erba» (bassi e viole in ottava, fagotti in controcanto). Quando egli accelera la sua corsa, l'orchestra lo imita con rapidi movimenti in semicrome di violini primi e secondi e con incisivi interventi dei legni che rinforzano il canto; la corsa si fa poi più affannosa per arrestarsi all'improvviso (dieci ripetizioni della nota mi): la sorte della preda è ormai segnata.

Ancora venatoria è la scena rappresentata in «Hört, hört das laute Getön». Nella prima parte i richiami di caccia dei corni si alternano ai ritmici interventi del coro, divìso fra Uomini (tenori e bassi) e Donne (contralti e soprani), mentre nella seconda comincia la caccia vera e propria, con la corsa dei cani, il richiamo dei corni, le urla dei cacciatori, il fuggire convulso della preda.

Ma l'autunno è anche la stagione della vendemmia e del vino, degnamente celebrati nella pagina conclusiva «Juchhe! Juchhe! Der Wein ist da», dal carattere gioioso e popolare, tutta giocata sull'alternanza dei due cori, maschile e femminile. La ripresa conclusiva del tema principale viene sostenuta anche dai coloriti timbri di triangolo e tamburello.

L'Introduzione all'Inverno è una pagina orchestrale dal carattere triste e desolato, nella quale prevalgono le sonorità dei fiati. Anche nella cavatina di Vanna «Licht und Leben sind geschwächet» vengono rappresentati musicalmente la staticità e il torpore delle notti invernali.

Dopo un breve recitativo, ecco l'aria di Luca «Hier steht der Wand'rer nun», straordinaria rappresentazione musicale di un viandante che, nella fredda notte invernale ha smarrito la via di casa. La prima parte dell'aria ha un carattere molto agitato; sentiamo i passi incerti del viandante nei bassi staccati e nei saltelli di violini e viole; nella seconda parte la fatica, la paura, l'incertezza del viandante sono descritti musicalmente dagli archi, che ora alternano pause a note fino a fissarsi ossessivamente sulla stessa nota per poi fermarsi del tutto. La conclusione è lieta: la scorrevole melodia, la tonalità maggiore e il canto ornato del solista ci dicono che il viandante ha finalmente trovato la via di casa. Qui lo attendono gli amici e il calore delle vecchie storie narrate davanti al focolare, come «Knurre, schnurre, knurre», dalla regolare struttura che alterna il ritornello corale alle diverse strofe affidate alla voce solista di Vanna.

Nella penultima aria dell'oratorio, «Erblicke hier, betörter Mensch», Simone paragona il mutare delle stagioni al corso della vita umana. Il doppio coro finale, «Dann bricht der grosse Morgen an», conclude degnamente Le stagioni: una solenne introduzione (squilli di trombe e timpani) affidata alla voce profonda di Simone precede l'entrata di Luca e un episodio solistico a due. Poi alle domande retoriche del coro rispondono con pacatezza le tre voci soliste; un ultimo episodio fugato sulle parole «Ci guidi la tua mano, oh Dio» precede la solenne cadenza conclusiva ("Amen").

Alessandro De Bei

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Col passaggio dal diciottesimo al diciannovesimo secolo la produzione di musica sacra subì un brusco calo. Anche l'oratorio fu coinvolto in tale declino e il ruolo attivo che aveva avuto nella vita sociale e religiosa della Roma di Carissimi, della Lipsia di Bach, della Londra di Haendel, della Vienna di Giuseppe I e Carlo VI si perse per sempre; in seguito gli splendidi apporti all'oratorio di alcuni grandi, come Mendelssohn, Berlioz e Liszt, avrebbero arricchito la storia della musica di qualche capolavoro ma sarebbero stati solo un revival in chiave romantica d'un genere musicale del passato.

Dunque l'oratorio perse verso il 1800 la sua funzione originaria per diventare musica da concerto: in questa trasformazione, che ne avrebbe assicurato la sopravvivenza per un altro secolo, Joseph Haydn ebbe un ruolo fondamentale. Era nato ancora in tempo per vivere gli ultimi anni in cui a Vienna l'oratorio (rigorosamente in lingua italiana) assumeva presso la corte imperiale non solo una funzione devozionale ma anche un significato politico, celebrando avvenimenti festosi o severi, nascite e genetliaci, matrimoni ed esequie, firme di trattati e riunioni della Dieta. Ma Haydn si cimentò personalmente nell'oratorio italiano una sola volta e piuttosto tardi, ad oltre quarant'anni d'età, nel 1775, dopo di che per molti anni non mostrò più alcun interesse per questo genere musicale diventato ormai obsoleto, finché, nel corso dei suoi due lunghi soggiorni londinesi tra il 1791 e nel 1795, ebbe modo di ascoltare alcuni oratori di Haendel, tra cui Israel in Egypt e Messiah. Fu profondamente colpito da quella musica così "antica" (cinquantanni erano molti in un'epoca in cui gli autori del passato venivano solitamente sistemati in un pantheon e lì dimenticati) eppure ancora capace di entusiasmare il pubblico inglese.

Tornato a Vienna, Haydn trovò una sponda nel barone Gottfried van Swieten (1733-1803), prefetto della biblioteca imperiale e appassionato dilettante di musica, che già stava cercando di introdurre a Vienna il culto di Haendel (e di Bach). Swieten tradusse e rielaborò il testo d'un oratorio che Haydn aveva portato con sé da Londra e che - pare - cinquant'anni prima era stato destinato a Haendel. Haydn vi lavorò per un tempo (due anni) e con un accanimento (testimoniato da numerosi schizzi e correzioni) assolutamente insoliti per lui e per ogni altro compositore prima di Beethoven. Nacque così Die Schöpfung (La Creazione), il primo capolavoro della storia della musica scritto pensando consapevolmente alla posterità: "Ci metto molto, perché voglio che duri molto", diceva Haydn.

L'enorme successo di quest'oratorio alla prima esecuzione viennese del 1798 - e alle altre che presto seguirono nella stessa Vienna e in mezza Europa, dall'Inghilterra alla Svezia e alla Russia - ebbe un peso determinante nella decisione di fargli avere un seguito con Die Jahreszeiten (Le Stagioni). Per il testo questa volta Swieten s'ispirò al poeta scozzese James Thomson (1700-1748), il cui poema The Seasons era stato uno dei primi a prendere come soggetto la natura e aveva avuto un posto importante nella poesia in lingua inglese del diciottesimo secolo. Haydn cominciò a comporne la musica nel marzo del 1799 e per due anni dedicò tutte le sue forze ormai calanti a quella che sarebbe rimasta l'ultima sua grande opera: "La fatica che provo a comporre Die Jahreszeiten e la mia attuale debolezza m'impediscono di lavorare ad altro", scriveva all'editore Breitkopf & Härtel. Die Jahreszeiten furono eseguite per la prima volta privatamente il 24 aprile 1801, nel palazzo del principe Schwarzenberg, e ripetute pubblicamente il 29 maggio, alla Redoutensaal. Il successo fu di poco inferiore a quello di Die Schöpfung.

Sebbene Die Schöpfung sia stato definito oratorio sacro e Die Jahreszeiten oratorio profano, entrambi sono permeati da un simile amore per ogni aspetto del creato e da un simile atteggiamento deista, che riconosceva l'esistenza d'un dio come creatore e ordinatore del mondo, mentre non dava credito alle religioni storiche, alle chiese, alla rivelazione, ai dogmi, ai miracoli. La differenza sostanziale è che in Die Schöpfung a narrare i momenti della creazione e le meraviglie del mondo sono esseri soprannaturali, tre arcangeli, mentre in Die Jahreszeiten il compito d'introdurre, illustrare e commentare gli avvenimenti che scandiscono il ciclo delle stagioni è affidato ai più semplici e modesti tra gli esseri umani, i contadini Hanne, Lukas e Simon, che talvolta intervengono come attori ma più spesso sono semplici narratori, ricoprendo una funzione simile a quello dello "storico" nell'oratorio seicentesco. Esprimersi per bocca di quei tre contadini non doveva essere una finzione per Haydn, che era nato in un villaggio di campagna e che, sebbene fosse stato portato dalla vita professionale nei palazzi più sfarzosi e nelle metropoli più moderne, aveva conservato nei confronti della natura lo spirito contadino, per cui la vita dell'uomo e quella della natura sono inscindibili, le stagioni dell'anno sono le stesse della nostra esistenza, il lavoro della terra non è sofferto come un'amara fatica da servi ma è istintivamente amato come testimonianza di una benefica presenza divina nella natura che sostiene l'uomo con i suoi frutti.

Nonostante il testo di Swieten per Die Jahreszeiten sia stato considerato mediocre fin dall'inizio e il suo oleografico descrittivismo appaia oggi ancora più ingenuo di ieri, Haydn riuscì a dargli una superiore unità, annullando in una sintesi su grande scala ogni distinzione tra sublime e popolaresco, come nella Zauberflöte di Mozart. Ovunque si riconosce lo straordinario dominio della materia musicale maturato nella lunga pratica del mestiere da parte di un grande compositore giunto al culmine della maturità, che si era rinnovato quotidianamente nel corso di decenni di attività, senza mai fermarsi, e che ora si vedeva dischiuso un ulteriore orizzonte creativo, ancora più ampio e vario. Si alternano episodi di vita familiare e contadina nello spirito gioviale e leggero del Singspiel, momenti solenni improntati allo stile della musica sacra, colorati affreschi corali pieni di vivacità e di vigore, riflessioni interiorizzate venate di malinconia e tristezza profonde. Da un lato le grandiose fughe corali che concludono la Primavera e l'Inverno proseguono la tradizione della musica sacra barocca, ma d'altro lato il sommesso finale dell'Estate, con i leggeri rintocchi della campana della sera (realizzati dagli strumenti a fiato) e la conclusione in pianissimo, lascia intravedere una nuova sensibilità. Nella sofferenza comune dell'agricoltore e della natura a causa della siccità (recitativo accompagnato e cavatina di Lukas nell'Estate) e nello smarrimento esistenziale del viaggiatore che ha perso la sua strada nella nebbia (aria di Lukas nell'Inverno) già si respirano le atmosfere di certi Lieder di Schubert. Alcune scene di esterni (in particolare i cori dei cacciatori e quello dei vendemmiatori nell'Autunno) aprono la via al Freischütz di Weber, in cui vengono anche riprese quasi alla lettera le risate del coro alla conclusione della scherzoso Lied di Hanne (nell'Estate). L'altro Lied di Hanne col coro delle filatrici (sempre nell'Estate) è un'anticipazione meno remota di quanto si potrebbe pensare del Fliegende Holländer di Wagner.

Dunque Die Jahreszeiten si collocano, non solo dal punto di vista della cronologia, all'intersezione tra diciottesimo e diciannovesimo secolo, quando la tendenza alla pittura sonora in auge durante tutto il Settecento si mescolava ai nuovi ideali del romanticismo, che chiedeva alla musica di sostituire il calligrafico descrittivismo con l'espressione dei moti interiori dell'animo umano di fronte alla natura. L'ormai anziano maestro avvertì i tempi nuovi e rispose con sicura intuizione poetica alle nuove esigenze fin dall'Introduzione che precede la prima delle quattro parti dell'oratorio e che descrive il passaggio dall'inverno alla primavera, sostituendo le solite imitazioni sonore con toni più interiorizzati: la corrusca e concitata atmosfera iniziale si scioglie nel corso del recitativo seguente in lievi fremiti di serenità e di gioia. E il successivo coro dei contadini ha un'espressione spontanea e sincera che fu senz'altro tenuta presente da Beethoven quando, otto anni più tardi, compose la Sinfonia "Pastorale". Si può dunque affermare senza forzature che la nuova posizione della musica nei confronti della contemplazione della natura, riassunta poi da Beethoven nella frase "Mehr Ausdruck der Empfindung als Marnerei" (Espressione del sentimento più che pittura), era già stata almeno intuita da Haydn. Andando avanti s'incontrano altri esempi di quest'atteggiamento preromantico: particolarmente notevole è l'Introduzione all'Inverno, dove audaci e suggestive soluzioni armoniche (per le quali è stato addirittura proposto un accostamento a Wagner e al suo Tristan und Isolde) evocano il paesaggio immoto e muto e lo sfinimento della natura sotto il gelo.

Ben inteso, nonostante questi spiragli aperti su una nuova sensibilità, Haydn non ripudia nulla delle sue ormai ben assestate conquiste stilistiche. L'aria di Hanne nell'Estate, pur esprimendo con sottile sensibilità preromantica il sentimento di serenità da cui è invasa l'anima al contatto con la natura benigna, è nel più puro stile tardosettecentesco. L'aria di Simon nell'Inverno (forse la più nota delle otto distribuite nelle Jahreszeiten tra i tre solisti) non solo ha la giovialità e la bonomia che, a torto o a ragione, sono considerate tipiche di "papà Haydn", ma anche cita chiaramente uno dei temi più inconfondibili di Haydn, l'Andante della Sinfonia n. 94 "La Sorpresa", che allora era nelle orecchie di tutti i viennesi. Accanto alle pagine in cui affiora il nuovo sentimento della natura, non mancano i momenti che restano ancora sul terreno settecentesco della pittura sonora, realizzata con l'imitazione stilizzata dei fenomeni naturali. Nel temporale dell'Estate, Haydn ricorre alle tradizionali riproduzioni sonore dei tuoni e dei lampi, che d'altronde ritorneranno ancora nella Pastorale di Beethoven, anteponendovi però un recitativo accompagnato di Hanne, che arricchisce questi effetti descrittivi con un nuovo senso di sospensione e di panica attesa. Altrove Haydn, che pure aveva mostrato apertamente la sua insofferenza per l'eccessive pretese illustrative del testo di Swieten, sembra divertirsi a escogitare originali effetti descrittivi, come il canto della quaglia, lo stridio dei grilli e il gracidare delle rane nel terzetto con coro che chiude l'Estate.

Alla fine di questo vasto poema sonoro diventa chiaro che il volgere delle stagioni è anche allegoria della vita umana. Giunti alla fine suprema della vita, per chi si apriranno le porte del cielo? Per chi avrà vissuto secondo bontà, verità, carità e giustizia, le stesse virtù richieste a Tamino nella Zauberflöte di Mozart. Le porte del cielo si aprono, le pene della vita si sono calmate, così come si sono calmati i venti invernali, e una grandiosa e solenne fuga corale porta a un "Amen" tanto stringato quanto traboccante di energia.

Mauro Mariani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 25 Febbraio 2001
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD AM 157 allegato alla rivista Amadeus
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 15 ottobra 2002


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Ultimo aggiornamento 23 aprile 2015