Sonata n. 19 in re maggiore per pianoforte, op. 53 n. 2, Hob:XVI:19


Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Moderato
  2. Andante (la maggiore)
  3. Finale. Allegro assai
Organico: clavicembalo o pianoforte solo
Composizione: 1767
Edizione: Artaria, Vienna, 1788
Guida all'ascolto (nota 1)

Il fatto di essere "soltanto" un esperto clavicembalista, oltre che altrettanto buon violinista, fu la causa dell'esistenza miseranda condotta da Haydn (come lui stesso sintetizza asciuttamente nello Schizzo autobiografico), fino alla soglia dei trent'anni. Poiché di un musicista si apprezzavano in primo luogo le capacità virtuosistiche e in second'ordine le creazioni, ad Haydn vennero a mancare di conseguenza i viaggi, così preziosi a quei tempi per rendersi conto di tutto ciò che musicalmente si muoveva e andava sviluppandosi intorno. Confinato entro i modelli provinciali austriaci, plasmò le sue prime sonate sullo stile di quel Georg Christoph Wagenseil che andava per la maggiore, prima di imbattersi in un gruppo di sonate di C. Ph. E. Bach (il figlio del grande Johannes operò esclusivamente nella Germania del nord) e di venirne conquistato.

"Accasandosi" presso il principe Nicolaus Esterhazy, l'esistenza di Haydn da miseranda si volge alla tranquillità. Nel giro di pochi anni, anzi, diventa decisamente eccitante. Nel 1766, per la scomparsa del titolare, assume la carica di Kappellmeister, e intanto attende al compimento del teatro d'opera annesso al castello, per il quale, oltre a quella inaugurale (1768), scriverà un gran numero di opere. Ed è con la Sonata n. 19 in re maggiore, del 1767, che - nell'ambito delle composizioni per strumento a tastiera - si è soliti datare l'inizio di quel periodo centrale della creatività di Haydn, cui molti non a torto hanno accostato l'aggettivo di romantico; ed è con esplicito riferimento alla n. 19 che Vlad osserva: "anche Haydn ebbe il suo periodo di Sturm und Drang".

Se appare accettabile, in senso generale, il giudizio di Thomas Mann espresso nella prefazione alla biografia haydniana del Jacob, che cioè la musica di Haydn "è al di là sia del piacevole che del severo", un po' meno calzante esso si rivela nell'applicazione alla Sonata n. 19, dove l'iniziale serenità del primo movimento è lacerata dall'agitato preannuncio del mondo beethoveniano di là da venire. Per il registro e la cantabilità entro cui si distende il tema principale del successivo Andante ma non troppo in la maggiore, vien da pensare che il compositore abbia tenuto presenti le qualità peculiari del violoncello, mentre il Finale ha l'andamento di una danza popolaresca espressa in sei variazioni.

Ivana Musiani


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 18 aprile 1990


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Ultimo aggiornamento 28 aprile 2016