Sinfonia n. 67 in fa maggiore, Hob:I:67


Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Presto (fa maggiore)
  2. Adagio (si bemolle maggiore)
  3. Minuetto (fa maggiore) e Trio
  4. Finale: Allegro di molto (fa maggiore)
Organico: 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, archi
Composizione: Eisenstadt, 1775 - 1776 circa
Edizione: Hummel, Amsterdam, 1779
Guida all'ascolto (nota 1)

Chi volesse seguire tutto il percorso esistenziale e creativo di Haydn non deve far altro che ascoltare le sue ben 107 Sinfonie. La storia ha fatto del compositore il padre della sinfonia (come anche del quartetto) anche se la definizione è decisamente imprecisa: da un lato perché il genere in quattro movimenti (con il primo in forma-sonata e il Minuetto in terza o seconda posizione) già esisteva, dall'altro perché la sua partecipazione alla storia del genere fu decisamente personale. Agli esordi Haydn raccolse in sé tutto il fermento produttivo coevo, combinando la struttura tripartita dell'ouverture italiana con elementi del folklore (austro-ungherese), la forma del Lied con il Tema e variazioni; in seguito focalizzò l'uso degli strumenti a fiato riducendo contemporaneamente la presenza del clavicembalo. L'iconografia del compositore e la sua musica ci hanno tramandato un Haydn dal carattere arguto, socievole e sereno, e la sinfonia in programma si inserisce appieno in questa immagine. Dopo un periodo (tra il 1768 e il 1772) nel quale più forte era lo spirito dello "Sturm und Drang" (con una serie di Sinfonie in tonalità minore, dalle atmosfere tristi e talvolta drammatiche), Haydn stabilì infatti un modello definitivo, con uno stile più disciplinato e contenuto, di cui la Sinfonia n. 67 è emblema e paradigma.

Composta nel 1774/75, la n. 67 è una sinfonia «anonima», cioè di quelle che non ebbero nessun titolo (come gli Addii, l'Orso, la Gallina, il Miracolo, l'Orologio, ecc.) e quindi meno famosa ed eseguita. Nella residenza di Esterhàza, Haydn poteva contare su un'orchestra che, oltre agli archi, prevedeva due o quattro corni, oboi, fagotti, trombe e raramente il flauto, risorse sfruttate appieno in questa Sinfonia, perfetta nelle dimensioni, nelle scelte armoniche e melodiche, nonché nell'orchestra. Era finita la fase degli esperimenti e intorno al 1770 il compositore aveva portato la Sinfonia alla sua fisionomia abituale: primo movimento in forma-sonata, secondo movimento Adagio (con la possibilità di un tema cantabile sviluppato in forma-sonata o in Tema con variazioni), un Minuetto dalla linea ritmica molto accentuata (traccia dell'origine coreografica), e un finale in forma di Rondò o Rondò-sonata.

I temi del primo movimento hanno solitamente un disegno veloce e caratteristico; nel caso della Sinfonia odierna l'elemento accattivante è il pianissimo e velocissimo ribattere delle note nei primi violini, sottolineato da improvvisi silenzi e dal pizzicato di viole, violoncelli e contrabbassi. Il secondo tema si impreziosisce del colore degli oboi che accentuano la simmetria del disegno melodico, suddiviso in tre gruppi di tre note discendenti. Nell'Adagio ritorna l'idea delle note staccate innestate, questa volta, su una linea più morbida e più intima anche grazie all'intervento di oboi e fagotti che infondono alla melodia un calore particolare. Nelle ultime battute Haydn prescrive di suonare con il legno dell'arco, una nota di colore strumentale a cui ci ha abituato la musica contemporanea, ma che in quella haydniana disvela anche tutta la sua vena ludica.

Il Minuetto mantiene lo spirito della danza con un tema molto marcato, mentre nel Trio incuriosisce il particolarissimo spessore strumentale (due soli violini con sordina) che fa dimenticare la schematicità della scrittura ritmica. Haydn prevede inoltre per il violino II un procedimento che rimanda al Seicento strumentale quando, per creare nuove sonorità od originali timbri, si prevedeva la cosiddetta "scordatura" ovvero il cambiamento della tensione delle corde (in questo caso la quarta corda del violino che è un sol, viene allentata per suonare un fa).

Nel Finale (Allegro dì molto) Haydn ci dà un esempio mirabile del trattamento della forma-sonata inserendo al posto dello sviluppo (tradizionalmente libero) una sezione Adagio affidata alle prime parti, prima negli archi e poi nei fiati. Lo scopo di una sezione lenta all'interno di un movimento veloce è essenzialmente teatrale e rimanda alla stessa originalità di trattamento della forma-sonata caratteristica del primo movimento della Sinfonia degli Addii. Nell'ultimo tempo della Sinfonia n. 67 la parte dello sviluppo sembra sconvolgere le proporzioni formali: in effetti si salta all'improvviso in nuova dimensione, con un cambiamento deciso e radicale, anche se poi il risultato finale è perfettamente composto, come altro non poteva essere in una pagina del Maestro di tutte le forme.

Fabrizio Scipioni


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 26 maggio 1996


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Ultimo aggiornamento 27 ottobre 2012