Sinfonia n. 58 in fa maggiore, Hob:I:58


Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Allegro moderato (fa maggiore)
  2. Andante (si bemolle maggiore)
  3. Minuetto alla Zoppa un poco Allegretto (fa maggiore) e Trio
  4. Presto (fa maggiore)
Organico: 2 oboi, fagotto, 2 corni, clavicembalo, archi
Composizione: Eisenstadt, 1766 - 1768
Edizione: La Chevardière, Parigi, 1774
Guida all'ascolto (nota 1)

Anche la Sinfonia n. 58 in fa maggiore rientra tra le numerose composizioni (che annoverano anche musica sacra, cameristica e teatrale) prodotte dal Kapellmei-ster di Eszterhàza; ma il suo carattere è del tutto diverso da quello delle sinfonie in modo minore nate nel segno dello Sturm und Drang. La n. 58 è piuttosto una tipica sinfonia da camera austriaca, dagli effetti raffinati e dal sorvegliato trattamento dei fiati. La scrittura sembra inclinare a una studiata semplicità: l'impalcatura si regge in gran parte su due sole voci, quasi gli strumenti melodici non debbano venire troppo disturbati dall'accompagnamento delle altre parti. Nel movimento lento (Andante), inoltre, Haydn semplifica ancora di più la scrittura seguendo l'antica usanza di omettere le parti dei fiati e accentuando l'atmosfera cameristica. Ma non è tutto: il carattere generale della Sinfonia la apparenta a una suite, a una successione di danze dalla chiara architettura formale e dall'andamento ben ritmato. Esemplare, per fare un esempio, è il primo movimento (Allegro), la cui allure è perfettamente simile a quella di un minuetto.

Quella esibita da Haydn, tuttavia, è una semplicità solo apparente. La raffinatezza del suo ingegno si rivela in una serie di trovate umoristiche, di "sorprese" disseminate nel corso di tutta la Sinfonia: bizzarrie, apparenti anomalie formali che rivelano lo spirito divertito di chi "gioca" con le aspettative dell'ascoltatore. Nel primo movimento, per fare qualche esempio, una "falsa" ripresa della seconda idea dell'esposizione interviene nel bel mezzo dello sviluppo; ma ancora più sorprendente è la deviazione armonica che, verso la fine del movimento, subisce il discorso prima che venga reintrodotta la stessa idea, fino a quel momento esclusa dalla ripresa.

La pagina senza dubbio più anomala, tuttavia, è costituita dal terzo movimento (Un poco Allegretto), intitolato "Menuet alla zoppa" (questo movimento fu inserito da Haydn anche nel Trio per baryton in re maggiore Hob. XI/52). Qui l'andamento di danza ternaria è clamorosamente contraddetto dagli accenti ritmici irregolari, intenzionalmente collocati fuori posto, e dalla costruzione asimmetrica delle frasi: ne scaturisce un effetto quanto mai bizzarro, una deformazióne caricaturale che rende irriconoscibile anche il semplice ritmo di un minuetto. L'esito è ancor più accentuato dal curioso contrasto col Trio, che è invece caratterizzato da una regolarità fraseologica assoluta.

Ma le stravaganze non sono finite: il Finale (Presto) ricorre anch'esso a un gioco sottile di spostamenti ritmici, facendo suonare costantemente i violini in contrattempo. La vera sorpresa, però (quella che provoca il "salto sulla sedia"), interviene a metà dell'esposizione: dopo una brevissima pausa, gli strumenti suonano con enfasi e all'unisono un inciso in una tonalità del tutto estranea, senza che il passaggio venga preparato in alcun modo. Una plateale infrazione alle leggi del linguaggio tonale e classico, dietro la quale Haydn cela il suo sguardo divertito.

Claudio Toscani


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 258 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 11 maggio 2011