Sinfonia n. 47 in sol maggiore "Palindrome" , Hob:I:47


Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Allegro (sol maggiore)
  2. Un pco Adagio (re maggiore)
  3. Minuet al Roverso (sol maggiore) e Trio al Roverso
  4. Finale: Presto assai (sol maggiore)
Organico: 2 oboi, fagotto, 2 corni, archi
Composizione: Eisenstadt, 1772
Edizione: Sieber, Parigi, 1774
Guida all'ascolto (nota 1)

La Sinfonia n. 47 in sol maggiore venne scritta da Franz Joseph Haydn intorno al 1772. Dal 1761 il compositore era al servizio della famiglia degli Esterhàzy, nobili ungheresi amanti delle arti, ai quali sarebbe rimasto legato complessivamente per quasi un trentennio, fino alla morte del principe Nikolaus Esterhàzy nel 1790. Presso la mirabile residenza di Esterhaza il principe Nikolaus manteneva in attività una troupe operistica, un'orchestra e una compagnia di attori; Hadyn dunque aveva modo di applicare il proprio ingegno a tutti i principali campi compositivi, dal teatro d'opera, alla Sinfonia, alla musica da camera. Peraltro la sua produzione, almeno fino al 1779, era vincolata esclusivamente al suo datore di lavoro, con proibizione di scrivere per altri e di vendere ad altri le sue composizioni.

In questa condizione di quasi isolamento viene dunque a maturarsi in gran parte la straordinaria esperienza di Haydn in campo sinfonico, che, partendo da posizioni ancora legate all'esperienza barocca, sarebbe infine giunta ai risultati di mirabile equilibrio formale delle Sinfonie "Londinesi". E non è errato considerare questa lunga evoluzione come il frutto di un atteggiamento sempre sperimentale, per cui le "regole" alla base della costruzione e della scrittura sinfonica non vengono mai date per scontate, ma sempre reinventate, alla luce di nuovi stimoli e di nuove acquisizioni.

Sinfonia per molti versi "sperimentale" è anche la n. 47. Nei primi anni del suo servizio presso gli Esterhàzy Haydn si era applicato al genere sinfonico trovando progressivamente la strada di quella forma in quattro movimenti che sarebbe poi divenuta il prototipo della Sinfonia tout court; non senza improvvisi ritorni allo schema della Sonata da chiesa e alla funzione concertante di uno o più strumenti, influenza ancora palese del gusto barocco.

Già dalla fine degli anni Sessanta comunque Haydn converte gli sperimentalismi dal piano formale a quello "affettivo", investendo le sue Sinfonie di una temperie emotiva giustamente ricollegata al movimento dello Strum una Drang. Ecco dunque che i lavori sinfonici scritti fra il 1766 e il 1773 si caricano di una componente patetica, di una densità espressiva che si appoggiano alla concitazione degli Allegri, alle "lamentazioni" degli Adagi. L'uso del modo minore è ovviamente un punto fermo di questa poetica, e tuttavia anche le Sinfonie nel modo maggiore hanno modo di animarsi di una intensità espressiva, di un'estetica del "sentimento", che appare di volta in volta una variante significativa del "razionalismo" da sempre riconosciuto all'autore.

Ecco dunque che la Sinfonia n. 47 segue lo schema in quattro movimenti - Veloce, Lento, Minuetto, Veloce - ciascuno dei quali presenta delle caratteristiche specifiche e notevoli. Il primo movimento (che non ha definizione di tempo ma è verosimilmente un Allegro) si apre con un ritmo militare esposto dai corni che, con la sua determinazione, innerva tutto il discorso, con la parentesi del secondo tema, una graziosa idea in terzine esposta dai violini. Sono ancora i violini a riprendere il ritmo marziale in apertura dello sviluppo, donandogli però una connotazione misteriosa, e portandolo attraverso molte peregrinazioni espressive. Poiché la logica di Haydn è sempre quella di una rinnovata varietà e sorpresa, ecco che la riesposizione ripropone il tema marziale nel modo minore, prima di riallacciarsi al maggiore con il secondo tema.

Pagina di mirabile densità è il secondo tempo, Un poco adagio, che consiste in un tema con tre variazioni; se il tema appare nobile e riflessivo, le variazioni si succedono plasticamente secondo una intensificazione ritmica, lasciando comunque il tema sempre ben percepibile in qualche voce strumentale; e davvero ambizioso è il contenuto espressivo della coda. La Sinfonia è famosa, però, soprattutto per il terzo tempo, un Minuetto che è scritto seguendo un principio tecnico davvero singolare. Infatti Haydn scrive in partitura solamente il primo periodo e del Minuetto vero e proprio e del Trio, indicando che il secondo periodo è al roverzo, ovvero consiste nella esecuzione del primo periodo dall'ultima alla prima battuta, in direzione cancrizzante; il che porta a curiosi ed efficaci spostamenti di accento, che trasformano ancora una volta il gioco concettuale in sorpresa auditiva. Quanto al finale, un Presto assai in forma sonata, è caratterizzato da una grande energia propulsiva unita a una trasparenza di scrittura; il carattere popolare del tema, gli scarti fra maggiore e minore, i contrasti di massa sonora, contribuiscono a donare al movimento il suo percorso variatissimo.

L'Allegro con brio si apre con un tema breve ed icastico all'unisono; è una sorta di motto che lascia il suo segno per tutto il movimento; infatti gran parte della esposizione, nonostante le elaborazioni e i passaggi contrappuntistici, non si distanzia dalla ambientazione creata da questo tema, e inoltre nessun vero e proprio secondo tema ben definito viene a contrapporsi alla prima idea; del pari l'intero sviluppo è innervato dalle trasformazioni imposte all'idea dì base. Chiude il mirabile movimento una complessa coda, dove un drarnmatico crescendo porta a una conclusione affermativa.

Come il primo tempo anche il Minuetto trae la sua energia dal tema iniziale, che forma un canone all'ottava fra i violini e il basso, con il riempitivo di altri strumenti. La sezione del Trio è l'unica vera oasi serena della partitura. Come questo Trio, anche l'Adagio è, come si è detto, nel modo maggiore; si tratta di una tenera e purissima melodia cantabile, affidata ai violini con sordina, che si anima emotivamente in un crescendo, non senza qualche prezioso tratto arcaico, come le terzine di accompagnamento. Quanto al Finale (Presto) costituisce il perfetto pendant del tempo iniziale; anch'esso ha, infatti, impostazione monotematica, partendo da un drammatico tema all'unisono per addentrarsi in una serrata elaborazione, ricca di contrasti e improvvise "sorprese" ma sempre condotta sul filo di una eccitazione febbrile.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 20 aprile 2001


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Ultimo aggiornamento 20 maggio 2011