Sinfonia n. 104 in re maggiore "Salomon", Hob:I:104

Sinfonia di Londra n. 7

Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Adagio (re minore); Allegro (re maggiore)
  2. Andante (sol maggiore)
  3. Minuetto. Allegro (re maggiore) e Trio (si bemolle maggiore)
  4. Finale: Spirituoso (re maggiore)
Organico: 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
Composizione: Londra, 13 Aprile 1795
Prima esecuzione: Londra, New Room del King's Theatre, 4 Maggio 1795
Edizione: André, Offenbach, 1801 circa
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La Sinfonia n. 104 in re maggiore, l'ultima di Franz Joseph Haydn - «la dodicesima che ho composto in Inghilterra», come scrisse sul frontespizio della partitura autografa lo stesso autore - fu eseguita nella New Room al King's Theatre, a Londra, il 4 maggio 1795. Fu un evento speciale, «La notte di Haydn», fuori abbonamento rispetto ai previsti concerti dell'Opera Concert (cui il musicista era da poco passato per la discontinuità dei concerti Salomon quell'anno) di Giovanni Battista Viotti e a totale beneficio del compositore. Il successo fu tale che Haydn scrisse: «L'intera compagnia ne è rimasta lieta, e anch'io. Questa sera ho fatto 4000 fiorini. Una cosa del genere è possibile solo in Inghilterra». Una somma al tempo straordinaria: basti pensare che corrispondeva al doppio di tutti i suoi risparmi prima di arrivare in terra inglese. La critica andò ben oltre a ciò che Haydn avrebbe potuto sperare, tanto che due giorni dopo si poteva leggere sul Morning Cronicle: «Seppe ben ricompensare le aspettative dei suoi amici scrivendo per l'occasione un brano che per completezza, ricchezza e valore in tutte le sue parti è considerato dai migliori critici come un'opera capace di superare tutte le sue precedenti composizioni». Sebbene il titolo «London» o «Solomon» avrebbe dovuto essere applicato a tutte le sue ultime dodici sinfonie, le «londinesi» (nn. 93-104), fu proprio la Sinfonia n. 104 che ricevette entrambi gli appellativi: una sorta di testimonianza simbolica che univa al nome delia città quello dell'impresario che aveva costruito la sua immensa fortuna. Ma la n. 104 fu anche la sua ultima sinfonia, una sorta di testamento spirituale che i! vecchio compositore lasciava al nuovo secolo che stava per nascere.

Già a un primo ascolto spicca l'orchestrazione, che rivela una cura precipua per i colori, per gli impasti strumentali: sfarzosi, scintillanti anche, e soprattutto, per il contributo dei fiati, elemento che rivela come Haydn sapesse dare alla miscela timbrica un valore aggiunto. L'orchestra si compatta in un organico che sarà confermato da Beethoven e Schubert: i quattro legni raddoppiati a due parti (flauti, oboi, clarinetti e fagotti), affiancati ai due ottoni (corni e trombe) pure suddivisi in due, timpani e quintetto d'archi. Notiamo una grande maturità nello svolgere le relazioni tematiche, nell'intersecare le parti del testo ramificandone i riferimenti, così che la percezione è quella di uno svolgersi continuo, senza debolezze. I temi hanno calibro e personalità forte e si percepiscono come linee guida all'interno del brano, ma ben integrate con i frequenti interludi e frasi di collegamento che brillano per spigliatezza. Un ritmo spesso fremente innerva queste idee, conferendo una vitalità esuberante. Le strutture sono quelle classiche (forma-sonata, forma rondò, forma minuetto di sonata, ecc.), con le dovute eccezioni, dettate dall'originalità, che fanno la regola. L'elemento folclorico e popolare anima larghi tratti del lavoro e si combina con un'arguzia e un umorismo di fondo che spesso, in un certo senso, detta i destini della forma: sottintesi, riferimenti, elaborazioni, variazioni, frasi sospese e riprese, giochi tematici ed elementi ludici ne sono un caso concreto. E una sorta di pensiero narrativo sottostante, di storia svolta, legata al singolo strumento, al singolo tema, si manifesta come elemento strutturante il discorso, dettandone la regia.

Nel primo movimento, ad esempio, un'introduzione (Adagio), che stupì molto per la sua originalità i suoi primi ascoltatori, costituisce una sorta di livida «ouverture avanti all'opera». Quando inizia l'Allegro il sipario è aperto per un primo scatto emotivo forte, dato dal contrasto, netto, tra ciò che precede e il gaio primo tema che si mostra con tutta la sua eleganza, plasticamente disegnato dai violini primi. Inizia un ponte modulante, una festante ghirlanda sonora che per il gioco del circolo delle quinte conduce dal tono d'impianto di re maggiore alla dominante della dominante (mi maggiore) e, dunque, prepara la risoluzione alla dominante (la maggiore) sul secondo gruppo tematico. Ci si aspetterebbe il secondo tema, ma, a sorpresa, con calma olimpica Haydn ripropone ancora il primo, svolgendolo nella sua interezza. Il secondo tema compare solo dopo, con tutte le sue caratteristiche di docile eleganza e di grazia galante, naturalmente esposto alla dominante. Nello Sviluppo Haydn dà fondo alla sua fantasia, presentando i due temi principali elaborati in un contrappunto complesso, armonicamente tormentato. L'orchestra pulsa di vita, mentre gli scontri delle masse si accentuano sotto un cielo drammatico creato da armonie sature, da ritmi incalzanti, dal frantumarsi della linea melodica in una somma di segmenti. Anche la Ripresa proprio perché non testuale, evidenzia elementi di forte originalità. Il primo tema ritorna, ma in una variante «pastorale» offerta dal quartetto di flauti e oboi; il ponte, dopo un inizio identico a quello dell'Esposizione, cambia corso in una frase in progressione che porta a una ennesima riedizione di asseverativi stralci del primo tema, rielaborati però in modo significativamente simile allo Sviluppo. Ciò causa una rottura della canonica ripresa tematica e, in un certo senso, di nuovo Haydn «mischia le carte»: una frase di raccordo (ancora basata sugli stessi stralci del primo tema, ma attutiti dalla dinamica in piano e da pause di cesura) riavvia per la seconda volta il ciclo tematico con il primo tema, la frase di collegamento, il secondo tema, questa volta nella tonica re maggiore. Finalmente una trascinante frase di epilogo affretta il discorso e chiude i giochi concludendo, maestosamente il primo tempo.

Il secondo movimento è un Andante. La forma scelta da Haydn è quella del tema con variazioni (forma a lui assai cara), ma dentro una struttura triadica suddivisa in una parte espositiva, una centrale e una di ripresa. Nella prima sezione un tema aggraziato degli archi in sol maggiore si sviluppa su due arcate motiviche diverse (a-b), prima di essere ripreso una seconda volta (a1), ma rimanere poi come sospeso su di un accordo con corona. Questa nota di arrivo (mi) sarà più avanti un pretesto per sviluppare il discorso musicale. Dopo tale enfatica pausa, l'eloquio prosegue in una frase risolutiva (c), cui si aggiunge una codetta. La sezione centrale è già un primo esempio di variazione: il tema elegiaco d'inizio si presenta in una poetica versione in sol minore lasciata al flauto solo, ma viene subito sopravanzato da una vibrante elaborazione in re minore che scuote l'intera orchestra. Si riaffaccia poi il leggiadro profilo del tema principale, questa volta in si bemolle maggiore, e la tempesta pare terminata; ma ancora l'animo si scuote in una nuova fase di sviluppo dalle forti tensioni, prima che una frase di collegamento spenga lentamente l'agitazione. La terza sezione corrisponde alla Ripresa della parte espositiva, ma proprio qui Haydn lavora di cesello presentando diversi livelli di variazione: ricompaiono il primo tema nelle sue due arcate portanti (a-b), fiorito da nobili abbellimenti che ne esaltano l'intrinseca eleganza. Quando però la prima arcata si ripresenta la seconda volta (a1), dopo pochi passi rimane polarizzata sulla nota mi bemolle e poi scivola su fa (anziché mi), cioè risolve su un accordo «altro»: l'orchestra letteralmente perde il filo del discorso, si inceppa, come smarrita. I! flauto, diligentemente, tenta di riprendere la frase risolutiva (e), ma, rallentata com'è (più largo), si perde anch'essa in un non-sense, sospesa verso l'alto e incompleta. Si inserisce una frase di raccordo basata sull'incipit tematico, con il compito di riordinare la sequenza: di nuovo riappare il primo segmento tematico (a1), al punto in cui si era «perso» e questa volta la frase è terminata sulla nota «giusta», il mi dell'Esposizione. Tutto può rimettersi in moto: l'annuente aggiunta di una melodia ascendente del flauto avvia il «corretto» completamento del giro tematico, con la riproposta della frase conclusiva del tema e la coda. Gusto e ironia dettano il filo logico di questo episodio di raffinata musicalità, un aspetto tipico che stava «nelle corde» del miglior Haydn.

Il Minuetto costituisce un perfetto modello classico di «forma di minuetto di sonata», un'architettura bipartita dove sono presenti, sottostanti al succedersi periodico del materiale tematico, esplicite funzioni strutturate in esposizione, sviluppo e ripresa. Nella prima parte, chiusa da un segno di doppia barra e corrispondente al primo periodo) è esposto un trascinante motivo di danza. Nella seconda vengono dapprima elaborati alcuni tratti dell'avvolgente tema danzante (secondo periodo) con un progressivo innalzamento del piano tonale verso la dominante e con chiara valenza di sviluppo; poi, introdotto da una frase di collegamento, ritorna il tratto caratteristico del tema iniziale con netta funzione di ripresa (terzo periodo). E tutto con una leggerezza gioiosa e, diremmo, spensierata. Dopo la parentesi incantata del Trio, con il suo tema «gentile» che spicca per grazia, il ritorno del Minuetto riporta alle danze più sfrenate.

Si è così preparato il terreno per il Finale (Spiritoso), un agile rondò in forma-sonata in cui ancora predomina l'elemento popolare, questa volta persino a livello di citazione diretta: il tema refrain di questo gioioso rondò, infatti, deriva dal canto croato Oj Elena, una melodia qui introdotta dal pedale di corni e violoncelli con effetto di bordone. Il Refrain è esposto tre volte: in tonica re maggiore, alla sottodominante sol maggiore, alla dominante la maggiore, e per tre volte al tema si collegano fulminei episodi di danza che spiccano per brio e vigore ritmico. Solo una volta giunti alla dominante interviene un secondo elemento tematico che, dopo tanto clamore, emerge con la sua quieta imperturbabilità, esposto in forma di corale da archi e primo fagotto. Molti gli elementi sottoposti a elaborazione nello Sviluppo: oltre al tema ritornello, in rapida sequela si avvicendano il terzo episodio, il secondo episodio, il secondo tema, qui enfatizzato in una versione languente e sofferta carica di stridori tensivi. È la preparazione per la Ripresa che, salvo aggiustamenti relativi ai piani tonali dei temi (si rimane più ancorati al tono d'impianto) conferma il materiale dell'Esposizione sino al secondo episodio. Quando si giunge all'epilogo invece, le varianti sono più esplicite e Haydn gioca di più anche sulle sfumature, ripresentando una versione del secondo tema impreziosita dalla melodia soave del flauto; e la frase di raccordo che segue, derivata dall'incipit del tema principale, è ora letteralmente sublimata nello stesso tema refrain, che ritorna a più riprese, reiterato dai fiati. Nella coda, dopo l'esibita enfatizzazione della frase di raccordo che si muove in profondi, meccanici salti, domina infine la costellazione tematica del refrain, che conclude in un clima di gioia la sezione.

Marino Mora

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

La Sinfonia in re maggiore n. 104, è ultima delle dodici Sinfonie scritte per Londra, nonché estremo approdo dell'intero sinfonismo di Haydn. Tutte le "Londinesi" vennero create per i concerti di Salomon alle Hanover Square Rooms; le ultime tre, tuttavia, videro la luce nella sala da concerto del King's Theatre, poiché Salomon aveva rinunciato a una autonoma stagione concertistica, unendo le proprie forze con quelle del principale teatro d'opera londinese. E proprio per questa sua ultima stagione a Londra Haydn potè usufruire di condizioni esecutive straordinarie. Fu il violinista e compositore Giovan Battista Viotti (giunto in Inghilterra dalla Francia nel 1793) a dirigere le ultime tre sinfonie. L'orchestra per cui queste partiture vennero concepite comprendeva illustri virtuosi e compositori, e raggiungeva il numero, straordinario per l'epoca, di sessanta elementi.

Ovvio che la stessa produzione sinfonica venisse direttamente influenzata da queste mutate condizioni. L'organico strumentale disponibile alla corte di Esterhàza comprendeva meno della metà degli strumentisti dei concerti dell'Opera al King's Theatre; e la scrittura strumentale di Haydn potè, dunque avvantaggiarsi di una rinnovata varietà di effetti, sviluppandosi da una concezione ancora cameristica del suono orchestrale a una pienamente "sinfonica" in senso moderno.

Ma anche un altro fattore fu determinante nella novità dei risultati del ciclo delle sinfonie "londinesi": il mutamento dei rapporti produttivi. Il passaggio da Esterhàza a Londra implicò per Haydn la brusca transizione dalla condizione di compositore dipendente, autore di brani rivolti a un pubblico ristretto e specializzato, a quella di libero professionista, consapevole di scrivere per un pubblico, come quello londinese, preparato, esigente e pieno di aspettative. E proprio la particolare attenzione al pubblico portò Haydn a redigere delle partiture che potessero "impressionare" per una ricerca continuamente variata delle soluzioni strumentali, armoniche, di sviluppo, e per dei precisi, riconoscibili tratti distintivi; risultati, questi, ai quali non è estranea la predilezione per un materiale tematico di carattere "popolare", che permea tutto il gruppo delle "londinesi".

È nelle ultime sinfonie che l'arte sinfonica di Haydn tocca il suo culmine, per la capacità di coniugare al più alto grado la fantasia dell'invenzione e il rigore nello sfruttamento dei mezzi compositivi. Le impostazioni delle varie partiture seguono tracciati in larga parte paralleli, ma le soluzioni strutturali ed espressive conferiscono poi a ciascuna di esse una fisionomia peculiare. La Sinfonia n. 104 si apre con una sezione lenta (Adagio) introduttiva rispetto a una vasta forma sonata. Il materiale tematico di questa introduzione, un possente unisono, ritorna poi trasformato nella sezione seguente, così da conferire una sostanziale unità al movimento; e già in questo semplice procedimento è possibile cogliere la tendenza a sfruttare al massimo un materiale di base estremamente esiguo. Così il primo tema dell'Allegro è una breve frase discendente dei violini, ma questo tema è di fatto quasi l'unica idea tematica del movimento, che si ripresenta, in forma variata, anche come secondo tema; dunque elemento centrale dell'intero tempo è la logica dell'imprevisto, per cui l'attenzione dell'ascoltatore è sempre tenuta desta da una qualche invenzione inattesa, dal modo di condurre questo materiale minimo. La sezione dello sviluppo si apre così a implicazioni espressive contrastanti e a un serrato fugato, mentre la riesposizione si arricchisce di nuovi contrasti e nuove "sorprese".

L'Andante che funge da secondo tempo si articola nella forma, cara a Haydn, del tema con variazioni, sviluppate però, al di fuori di una logica meccanica, con una libera fantasia, che mantiene contemporaneamente al movimento una forma di canzone; troviamo così, dopo la lunga e levigata esposizione del tema, una sezione ricca di implicazioni drammatiche, poi una ripresa che sembra testuale e si orienta invece verso divagazioni, poi una nuova riapparizione del tema in terzine. Scattante e solenne, il Minuetto si avvale di preziose soluzioni timbriche, come il crescendo dei timpani, di pause improvvise che divengono più lunghe ad ogni nuova apparizione, e di una sezione del Trio scorrevole e cordiale.

Quanto al finale, costituisce un perfetto pendent del tempo iniziale, essendo articolato in una forma sonata monotematica. Questo Spirituoso è segnato inoltre dall'impiego di materiale tematico "popolare", essenziale nell'attribuire al tempo una connotazione umoristica e brillante: il tema principale, dal sapore slavo, sorge su un pedale di tonica e si ripresenta continuamente nelle combinazioni e nelle vesti più diverse, secondo una condotta che nulla concede al superfluo; solo un tema più cordiale si affaccia nella coda dell'esposizione, e il tema slavo si pone alla base dello sviluppo, con implicazioni drammatiche, smentite dalla riapparizione dell'idea diversiva. Proprio in questa congiunzione di logica stringente e fantasia inventiva è possibile riconoscere quell'"arguzia" capace di deliziare il pubblico londinese del 1795, e insieme l'approdo più maturo e consapevole del sinfonismo di Haydn.

Arrigo Quattrocchi

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

L'ultima delle sinfonie haydniane fa parte del secondo gruppo delle dodici cosiddette "londinesi" perché composte, come è noto, per il pubblico della capitale britannica e dietro sollecitazione del violinista e impresario Solomon. A differenza dei lavori precedenti, interamente o parzialmente composti a Vienna, la «London» nacque nella città cui deve (probabilmente per questo motivo) la propria denominazione e venne eseguita per la prima volta il 13 febbraio 1795 al King's Theatre per i concerti organizzati da Viotti. Il lungo itinerario percorso dal genio sinfonico haydniano attraverso la seconda metà del secolo XVIII è giunto al termine: le esperienze degl'Italiani, dei Mannheimer, e ultima e folgorante, quella di Mozart, si sono stratificate e decantate in un linguaggio che è oggetto di devota ammirazione ed emulazione da parte dì tutta l'Europa musicale. Cherubini e Beethoven guardano al mite Kapellmeister degli Esterhàzy come al padre, senza cui la loro arte neppure sarebbe concepibile. E tuttavia, mai come in questi supremi capolavori (non dissociabili, ai fini di una precisa valutazione stilistica, da quelli coevi di genere cameristico) Haydn appare così superbamente isolato, così disperatamente inimitabile. La trasparenza del suo dettato orchestrale - trasparenza di natura non cameristica ma squisitamente sinfonica - padroneggia vittoriosamente il moderno ispessimento dell'organico, che comprende ormai stabilmente clarinetti, trombe e timpani. Il dominio della forma sonatistica ha assurto quasi i caratteri profondamente individuali dì una gnosi, o rivelazione misterica: sarà possibile, per la scuola, scrivere sinfonie o quartetti alla, maniera di Vienna; non alia maniera di Haydn, il quale, quanto a schemi e formule, farà il vuoto attorno a sé.


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD AM158-2 allegato alla rivista Amadeus
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 25 gennaio 2003
(3) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 8 ottobe 1980


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Ultimo aggiornamento 4 giugno 2016