Quartetto per archi n. 64 in mi bemolle maggiore, op. 64 n. 6, Hob:III:64

Tost-Quartette - terza serie n. 2

Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Allegro (mi bemolle maggiore)
  2. Andante (si bemolle maggiore)
  3. Menuetto: Allegretto (mi bemolle maggiore) e Trio
  4. Finale: Presto (mi bemolle maggiore)
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: 1790
Edizione: Musicalisches Magazin (Kozeluch), Vienna, 1791
Guida all'ascolto (nota 1)

Il Quartetto in mi bemolle maggiore di Haydn è il sesto della serie dell'op. 64, che il compositore dedicò (come già i precedenti Quartetti raccolti sotto i numeri d'opera 54 e 55) al ricco grossista viennese Tost, il quale (alla pari di quell'altro commerciante Puchberg che aiutò Mozart negli ultimi anni della sua vita), apparteneva alla Massoneria, nei cui ranghi Haydn entrò nel 1785. La data della composizione del gruppo di Quartetti op. 64 risale agli anni 1789-1790: essi appartengono dunque al periodo della più piena e rigogliosa maturità di Haydn, il cui stile s'era già andato arricchendo, e, approfondendo al contatto con l'arte di Mozart, sul cui sviluppo, dall'altra parte, egli stesso aveva esercitato un influsso determinante. Nell'insieme della sua vasta produzione di Quartetti (che comprende ben 77 numeri, senza contare i Quartetti ridotti dalle Sette parole del Salvatore), quelli dell'op. 64 si situano in una fase che segue ad una interruzione quasi decennale (1772-1781): unica soluzione di continuità in codesta produzione, che per il resto si estende a tutto l'amplissimo arco della vita musicale di Haydn. Le sue primissime realizzazioni in questo particolare campo della musica strumentale erano state concepite sotto la prevalente insegna dell'omofonia dello stile galante. Fin dai sei Quartetti scritti nel 1769 egli aveva abbandonato però la partizione in cinque tempi, secondo lo schema Presto, Minuetto, Adagio, Minuetto, Allegro, molto, per adottare la divisione in quattro tempi (ottenuta mediante l'eliminazione del secondo Minuetto). Nei cosidetti «Quartetti del Sole» op. 20 compiuti nel 1772 - con un gusto curiosamente arcaico e insieme precorritore, giacché si tratta di un virtuale primo «ritorno a Bach» - Haydn s'era riaccostato alle forme della polifonia imitativa; i finali di questi Quartetti appaiono concepiti secondo le classiche matrici della fuga, con soggetti, risposte, inversioni tematiche, «strette», e «ricercate», termini di cui, con la gioia e lo zelo dell'erudito riscopritore, il compositore andava annotando il significato formale in margine alle sue partiture. Ed è forse questa «lievitazione» contrappuntistica della scrittura, armonica a quattro parti che contribuì ad individuarne le singole voci strumentali, a scioglierne l'articolazione e a conferire loro quella autonomia che condiziona lo spirito dialogico e discorsivo che diventerà una delle precipue caratteristiche dello stile maturo di Haydn e informerà in seguito tutta la classica letteratura per questo complesso. Intanto nel 1772, l'itinerario stilistico di Haydn subisce una brusca deviazione. Come s'è detto egli abbandona momentaneamente la composizione di Quartetti per dedicarsi prevalentemente alla musica drammatica. Cosi, durante i successivi dieci anni, la sua produzione comprenderà, oltre ad un certo numero di lavori sinfonici e l'oratorio bìblico Tobia (che offre del resto un perfetto esempio dell'assimilazione da parte dì Haydn dei portati della scuola napoletana), oltre a tali lavori, la produzione di questi anni comprende ben sei opere italiane, che, se testimoniano del partito che Haydn seppe trarre dall'insegnamènto di Niccolò Porpora, non sono da annoverarsi certamente tra i suoi capolavori. Lo stile di queste opere, in cui trionfa la «monodia accompagnata» le fa apparire come frutto di un moto di reazione contro il ritorno di fiamma del contrappuntismo nei Quartetti del 1772.Ed è appunto in un tale intimo motivo reattivo che va cercata la causa profonda di questa deviazione di Haydn verso il campo teatrale, deviazione che non potrebbe di certo essere spiegata a sufficienza dalle sole determinanti contingenti che gli esegeti (come per esempio H.E. Jacob), mettono in evidènza: la passione amorosa del compositore per la cantante italiana Luigia Polzelli e le esigenze della Corte principesca degli Esterhazy, al cui servizio egli si trovava in quel tempo. Comunque sia, nel 1787 Haydn avrebbe definitivamente abbandonato l'opera: rna già nel 1782 egli aveva ripreso con rinnovato slancio la composizione di Quartetti con i sei cosidetti Quartetti russi op. 33. In questi e nei successivi lavori dello stesso genere Haydn, traendo le somme delle precedenti, contrastanti esperienze, raggiunge un perfetto equilibrio tra gli stilemi contrappuntistici e quelli armonici in una scrittura che contempera la strutturazione armonica del tessuto sonoro con la libertà di artìcoiazione e di movimento delle singole parti che l'ingenerano, subordinando il tutto al principio delia «voce conduttrice obbligata». Come ebbe a scrivere il compianto musicologo Alfred Einstein «questi Quartetti, per l'originalità e l'ardore dei loro sviluppi, sono dei capolavori dello spirito umano e non esitiamo a dire, che, senza l'esempio ideale della scrittura obbligata data da essi, il primo movimento dell'Eroica di Beethoven non sarebbe stato possibile». Ed effettivamente Haydn si avvicina a Beethoven più che a Mozart, anche per la struttura interna dei temi e delle idee musicali, le quali, a differenza di quanto accade per il secando, non si presentano come il frutto di una folgorante ispirazione che sembri proporre al compositore un'idea costituita in una inscindibile interezza limitando, a priori, la necessità, delle elaborazioni tematiche: esse sbocciano da elementari cellule germinali, da concisi motivi intorno ai quali si cristallizza la trama tematica,permettendo, ed anzi esigendo quei frazionamenti, quelle saldature, quella capillare connessione discorsiva con la quale Haydn prefigura la beethoveniana dialettica dello sviluppo che non informa soltanto la parte centrale del «tempo di sonata» - luogo specificamente destinato al drammatico divenire delle individualità tematiche - ma permea di sé pure l'esposizione e la riesposizione, sicché il «tempo» intero tende a diventare «sviluppo».

Tipica in questo senso è la sostanza del primo tempo del Quartetto programmalo oggi. « Nel gioco dei quattro strumenti è rinnovato il vecchio criterio monotematico con un'unica idea che intesse l'intero movimento presentandosi all'inizio come un periodo compiuto con ripresa dell'inciso iniziale, eppoi, da questi due membri di frase, dando vita alle deduzioni care al Carpani, ovvero, a innumeri varianti e allo stesso sviluppo centrale con alternanza dei modi austeri e dei modi galanti delle imitazioni.

Ma non meno, schiettamente quartettistici sono i tempi successivi. Il lirismo strumentale del secondo tempo - che s'apre su di una parte mediana modulante dal si bemolle minore al relativo maggiore ed ha ruvido piglio drammatico, caro verosimilmente al giovane Beethoven - cede a un gioviale Minuetto e questo al Finale, dalla frizzante, articlarissima vivacità viennese, con ottimi e replicati esempi di quella bravura haydniana simulata dalla grazia, di cui disse un contemporaneo che «era nascosta sotto le rose » (E.Zanetti)

Roman Vlad


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Eliseo, 16 febbraio 1953


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Ultimo aggiornamento 9 novembre 2016