Quartetto per archi n. 41 in sol maggiore, op. 33 n. 5, Hob:III:41

"Russische Quartette n. 5"

Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Vivace assai (sol maggiore)
  2. Largo cantabile (sol minore)
  3. Scherzo (sol maggiore) e Trio
  4. Finale. Allegretto (sol maggiore)
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: Eisenstadt, Eszteràza, 3 Dicembre 1781
Edizione: Artaria, Vienna, 1782
Dedica: granduca Pavel Petrovič
Guida all'ascolto (nota 1)

In un libro recente su Stravinskij, (In nome del padre, ed. Adelphi), Paolo Castaldi esprime un'opinione, che ci permettiamo di condividere:

"Riconosciamo in lui uno di quegli spiriti degni che, come il gigantesco maestro della classicità europea, il 'padre', Haydn, osarono concepire sorridendo l'idea - prometeica se altra mai - di plasmare una figura virtuale dell'uomo, da cui fosse proscritta ogni traccia della degradazione umiliante del dolore: pretendendone l'assoluta serenità, ne reclamarono innanzitutto la libertà dal bisogno".

Il carattere prometeico della musica di Haydn spicca con particolare evidenza nella forma del Quartetto d'archi, un genere che ha per davvero inizio, a differenza della Sinfonia, con la figura di questo creatore di mondi virtuali. Il linguaggio del quartetto nasce dal puro godimento dell'intelligenza musicale, libera di esprimersi senza vincoli e soprattutto senza i limiti che la tastiera, con la sua povera tavolozza di timbri, imponeva all'orecchio. La voce dei quattro strumenti ad arco, molteplice e omogenea allo stesso tempo, conferiva alla musica un piacere nuovo del suono, un appagamento compiuto dell'ascolto e una dimensione perfettamente e gioiosamente umana della bellezza.

Con la modestia calcolata dell'uomo accorto, Haydn spiegava al suo primo biografo, il sassone Georg August Griesinger, di essere stato costretto a diventare un musicista originale, isolato com'era dal mondo nella remota tenuta degli Esterhàzy. Ma nelle parole di Haydn raccolte da un altro biografo, il pittore Albert Christoph Dies, si trova una spiegazione più approfondita del suo stile personale:

"Scrivevo ciò che mi sembrava buono, poi lo correggevo secondo le regole dell'armonia. Non ho mai avuto bisogno di altri stratagemmi. Un paio di volte mi sono preso la libertà di offendere non l'orecchio, ma le regole dei trattati, e ho sottolineato quei passaggi con le parole: con licenza. La gente si metteva a gridare: 'un errore!', e cercava di provarmelo usando il trattato del Fux. Io chiedevo ai miei avversar! se con il solo udito erano in grado di provarmi che c'era un errore, ed essi non potevano che rispondermi di no".

Haydn era dunque un musicista che componeva con e per l'orecchio, stabilendo il canone del bello con l'udito. Sconcertante posizione, in un mondo, quello della musica strumentale, ancora governato da intricati rapporti di regole e convenienze da rispettare. Il circolo ermeneutico dei platonici, da cui discendeva gran parte della tradizione occidentale, veniva spezzato da un uomo non di dottrina ma di mestiere, che aveva avuto il coraggio di affidarsi semplicemente all'orecchio, al mondo sensibile.

A un artista capace di condurre una simile rivoluzione silenziosa occorre prestare particolare attenzione, quando scrive nel 1781 allo scrittore svizzero Johann Caspar Lavater: "Sto pubblicando, a sottoscrizione, al prezzo di 6 ducati, un lavoro, che consiste di sei Quartetti per 2 violini, viola e violoncello concertante, correttamente copiati, e scritti in una nuova e speciale maniera (dal momento che non ne ho composti per dieci anni)".

Haydn si riferisce alla raccolta dei Quartetti op. 33, pubblicata dall'editore Artaria di Vienna l'anno successivo, nel 1782. I Quartetti sono noti anche come Quartetti russi, perché pare che siano stati eseguiti per la prima volta in casa della Gran Duchessa, moglie del futuro imperatore russo Paolo II, durante la loro visita a Vienna.

Naturalmente la nostra curiosità è attirata dallo slogan lanciato da Haydn per far pubblicità ai suoi nuovi Quartetti. In che cosa consiste la nuova e speciale maniera reclamata dall'autore? Per cercare di rispondere alla domanda, occorre indagare il periodo di nove anni (non dieci, per la precisione) che è trascorso dal precedente fascicolo di Quartetti, l'op. 20.

Due elementi, in particolare, sembrano influire in questo lasso di tempo sullo stile di Haydn. Il primo aspetto riguarda l'intenso lavoro teatrale in cui egli fu impegnato nel corso degli anni Settanta. L'opera buffa italiana si era diffusa in modo clamoroso, nella seconda metà del secolo. A questo scopo il principe Nikolaus Esterhazy prima fece aprire nel suo palazzo un teatro di marionette, nel 1773, e in seguito, a partire dal 1776, ordinò di allestire delle vere e proprie stagioni d'opera, in cui erano rappresentati regolarmente sia lavori di Haydn, sia di noti compositori italiani come Paisiello, Anfossi, Piccinni. Neppure il rogo che distrusse il teatro di Esterhàza nel 1779 consumò la passione del Principe per l'opera, che continuò a essere il principale intrattenimento di corte anche negli anni seguenti. Non di meno è significativo che Haydn, dopo un lungo periodo d'intensa attività, non fece rappresentare nessuna opera di sua composizione nel 1781, l'anno in cui tornò a scrivere per il genere del quartetto.

L'altro aspetto nuovo, che concerne il periodo del silenzio quartettistico di Haydn, fu la comparsa sulla scena musicale di Mozart. Il rapporto tra il "grand'uomo", come già veniva definito il musicista nelle gazzette viennesi, e il giovane Mozart risulta particolarmente affascinante da osservare nell'ambito del Quartetto d'archi. Tramite il nuovo genere musicale, i due autori cominciano a intrecciare tra loro un dialogo molto esclusivo. Entrambi si rendono conto probabilmente di non avere altri interlocutori, sul terreno in cui si stavano spingendo per mettere a punto il linguaggio dello stile classico. Mozart aveva imparato a scrivere Quartetti prendendo spunto dalle prime, grandi raccolte di Haydn, i Quartetti op. 9, op. 17 e op. 20. Ma l'allievo era già andato oltre i confini del maestro, per certi versi, con i suoi Quartetti K. 168-173, composti nel 1773. In questa serie di lavori la musica respira con un soffio leggero, con una delicatezza di scrittura nuova, che non poteva sfuggire all'occhio attento di Haydn.

Il risultato di questo duplice stimolo, l'esperienza del teatro e la musica di Mozart, consiste in uno stile più conciso, concentrato e diretto, che costituisce appunto il carattere nuovo e speciale dell'op. 33. L'esperienza del teatro è senz'altro un elemento non trascurabile di questa ulteriore trasformazione del linguaggio di Haydn. Nel Quartetto in sol maggiore n. 5 questo fenomeno si manifesta con particolare evidenza. L'aspetto più immediatamente legato al teatro, a causa anche dello scalpore suscitato dal suo apparire in un contesto di musica puramente strumentale, riguarda il più classico topos della letteratura su Haydn, l'umorismo.

L'introduzione nella struttura del Quartetto dello Scherzo, che prende il posto dell'antico Minuetto, è la manifestazione più evidente del carattere comico della sua musica. Nell'op. 20 compariva in un paio di casi l'indicazione "scherzando", ma in relazione al primo o all'ultimo movimento. Qui invece la trasformazione dello Scherzo in elemento strutturale della forma diventa un fatto acquisito, anche se ancora manifesta qualche incertezza. La posizione dello Scherzo, infatti, cambia nel corso della raccolta: nei primi quattro Quartetti costituisce il secondo movimento; nel n. 5 e nel n. 6, invece, l'autore colloca lo Scherzo prima del finale.

Il registro comico, tuttavia, non riguarda esclusivamente la trasformazione del luogo deputato per tradizione a ospitare la danza di origine popolare in una sorta di maschera della commedia dell'arte. Se nella categoria del comico includiamo altre caratteristiche, come la natura imprevedibile delle azioni, i passaggi improvvisi, i salti della logica, la brevità fulminante della battuta e l'immediatezza del discorso, emerge con chiarezza come il linguaggio dei Quartetti sia alimentato con naturale semplicità dalle infinite risorse rappresentative dell'umorismo.

Haydn, però, declina il tema della comicità con sfumature anche più sottili. Il Vivace assai iniziale, per esempio, presenta fin dall'inizio un piccolo enigma, costituito da una brevissima frase di due battute, un petit rien, che incornicia con la sua presenza misteriosa l'intero movimento. Il carattere di questo movimento è quello dell'Ouverture teatrale. L'abilità di Haydn nel maneggiare la forma musicale è impareggiabile. Maestro dei contrasti, il compositore lascia parlare i temi seguendo il loro umore, senza appesantire la forma con digressioni barocche o elaborate irregolarità nello sviluppo. L'attesa dell'ascoltatore è sempre sollecitata con sorprese del suono, calibrato con attenzione in uno spazio che va dal pianissimo al fortissimo. Ma soprattutto Haydn diventa padrone dei tempi della comicità, usando da maestro le pause e le sospensioni come in teatro. Il silenzio irrompe con lui nel cuore del linguaggio strumentale, creando le premesse del pensiero musicale moderno.

Il comico non è tuttavia l'unico linguaggio del teatro a disposizione della musica di Haydn. Il secondo movimento, Largo, costituisce una vera e propria Aria per soprano. La melodia è priva di parole, ma contiene un pathos sentimentale degno di Metastasio. Il Largo è collegato al movimento iniziale da un rapporto armonico preciso, che rivela come sia profondamente unitaria la concezione del Quartetto. Alla fine del movimento precedente, la misteriosa frase in pianissimo viene ripetuta, ma questa volta in unisono dai quattro strumenti, che terminano sulla nota sol. Il Largo è scritto nella tonalità di sol minore e la melodia inizia con un levare del violino sulla nota dominante di re, creando così all'ascolto un effetto di assoluta continuità tra i due movimenti. L'espediente si ripete a sua volta alla fine del Largo, che termina su un sol pizzicato dal quartetto, la stessa nota con cui riprende il tema dello Scherzo successivo. In modo simmetrico, anche il Finale, come il Largo, inizia con un re in levare, chiudendo il cerchio. Il Quartetto è concepito in una tinta armonica unica, in cui il sol minore del Largo costituisce la parte in ombra della tonalità.

L'ultimo movimento è interessante anche per un altro aspetto. L'autore impiega il processo della variazione per terminare il Quartetto, come farà anche nel successivo Quartetto in re maggiore n. 6. Anche questo aspetto è il segno di un modo nuovo e speciale di comporre per quartetto. Nel Quartetto in sol maggiore soltanto il primo tempo corrisponde alla forma-sonata. L'idea di scrivere il finale come tema con variazioni rappresenta in effetti un esperimento nuovo. Il Quartetto non è più vincolato, come prima, alla necessità di contenere due o tre movimenti scritti in forma-sonata. Nella precedente raccolta op. 20 la variazione compariva solo una volta, nel secondo movimento del Quartetto n. 4. In questo caso invece Haydn usa il procedimento della variazione tematica, all'epoca considerato di minor valore estetico, per chiudere la composizione e controbilanciare il peso del primo movimento. Il tema con variazioni è dunque ritenuto in grado di assumere responsabilità importanti, al pari della fuga, con la quale Haydn aveva spesso concluso in precedenza i suoi Quartetti.

Esistono peraltro diversi modi di trattare la variazione tematica. La strada imboccata in questo caso è molto suggestiva, in quanto esplora le possibilità di un tema di integrarsi nella struttura della variazione armonica. Quest'idea si manifesta nell'ultima variazione, prima del Presto conclusivo, quando il tema esposto dal primo violino si sovrappone alla figurazione in sestine del violoncello. Diventa estremamente difficile stabilire, in questo punto, grazie all'abilità di Haydn di controllare con l'orecchio quanto ha composto sulla carta, se le fioriture del violoncello siano un ornamento del tema o una decorazione della sua struttura armonica.

Oreste Bossini


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 1 aprile 2005


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Ultimo aggiornamento 19 dicembre 2012