Orlando Paladino
Dramma eroicomico in tre atti, Hob:XXVIII:11
Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
Libretto: Nunziato Porta
Personaggi:
- Angelica, regina del Catai (soprano)
- Medoro, suo amante (tenore)
- Eurilla, pastorella (soprano)
- Alcina, maga (soprano)
- Orlando, paladino (tenore)
- Pasquale, suo scudiero (tenore)
- Licone, pastore (tenore)
- Rodomonte, re di Barbaria (basso)
- Caronte (basso)
- pastori e pastorelle, ombre infernali, selvaggi,
saraceni
Organico: flauto, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe,
timpani, archi
Composizione: 1782
Prima rappresentazione: Eisenstadt, Esterháza Theater, 6 dicembre 1782
Edizione: G. Henle Verlag, Monaco-Duisburg, 1972-73
Sinossi:
Atto primo: Il cavaliere Orlando
è alla ricerca dell'amata Angelica, che,
innamorata di Medoro, non ricambia per nulla le sue attenzioni. Attorno
al
paladino si muovono diversi personaggi: oltre al fido e comico scudiero
Pasquale, giunge dall'Africa il re Rodomonte, ansioso sia di
combattere contro Orlando sia di trovare anch'egli Angelica.
Il re si imbatte in un gruppo di pastori e pastorelle, tra cui Eurilla,
che lo informa della presenza di una coppia di amanti in un castello
vicino (Angelica e Medoro, naturalmente) e lo dissuade
dall'affrontare il prode Orlando. A sua volta, Rodomonte
offre la propria protezione al pastore Licone contro Orlando. Intanto
nel vicino castello, Angelica, preoccupata per il destino del suo amore
per Medoro, invoca l'aiuto della maga Alcina e viene poi a
sapere da Medoro stesso che Orlando si sta avvicinando, armato di tutto
punto. Rodomonte ha finalmente trovato un avversario, ma si tratta
dello scudiero Pasquale, che, sfidato a singolar tenzone, afferma di
poter combattere solo a mani nude. La buffa situazione viene risolta
dall'arrivo di Eurilla, che annunzia
l'approssimarsi di Orlando e procura del cibo
all'affamato Pasquale. Nelle sue ricerche, Orlando trova
scritti presso una fonte i nomi di Angelica e Medoro: allora distrugge
l'iscrizione, trova il tempo per accusare di codardia
Pasquale e infine fa prigioniera Eurilla, che gli narra quanto sa dei
due amanti. È troppo: il paladino impazzisce per amore,
mentre Pasquale ed Eurilla si precipitano a mettere in guardia
Angelica, ma si imbattono in Rodomonte. Interviene quindi Alcina, che
trasforma Orlando in insetto.
Atto secondo:
Rodomonte e Orlando si sfidano a duello in un bosco, ma
vengono raggiunti da Eurilla che annuncia loro la fuga degli amanti:
Orlando parte immediatamente all'inseguimento. Medoro ha
deciso di farla finita con la vita: prima di gettarsi in mare affida a
Eurilla un estremo saluto per Angelica. Anche questa situazione viene
turbata dall'arrivo di un guastafeste, Pasquale, che Eurilla
spaventa simulando la voce di Alcina. I due amanti riescono finalmente
a unirsi, quando appare terribile Orlando. Vengono però
salvati ancora una volta dalla maga Alcina. Orlando decide allora di
vendicarsi contro quest'ultima e invia il timoroso Pasquale a
farle visita. La maga trasforma però il paladino in pietra,
poi lo tramuta nuovamente in uomo e lo porta con sé nella
sua grotta magica.
Atto terzo:
Orlando è stato condotto da Alcina sulle rive
del fiume Lete, perché Caronte lo immerga in quelle onde e
guarisca così la sua furia. Dimentico così
dell'amore per Angelica, il paladino dapprima fa visita a
Pasquale ed Eurilla, in procinto di sposarsi, quindi si trova a
difendere Angelica e Medoro da un attacco di selvaggi. Dopo il
combattimento, cui prende parte anche Rodomonte, Orlando offre i suoi
servigi alla bella Angelica, libero ormai da ogni passione nei suoi
riguardi. Per accrescere la gioia collettiva, Alcina trasforma il bosco
in un magnifico giardino, dove possono finalmente risuonare le lodi
dell'amore.
Arie:
Atto I:
- Alcina: Ad
un guardo, a un cenno solo
- Rodomonte: Ho
viaggiato in Francia, in Spagna
Atto II:
- Angelica: Aure
chete
- Pasquale: Ecco
spiano
Atto III:
- Orlando: Miei
pensieri, dove siete?
Questa ampia opera
(destinata in origine alla progettata visita del granduca Paolo di
Russia, ma poi eseguita per l'onomastico del principe Nicolaus) unisce,
in una sintesi di particolare fascino, elementi buffi e seri,
dichiarandosi apertamente sin dal titolo come 'dramma eroicomico' -
caso unico della produzione dell'autore. Il popolare soggetto
ariostesco (comune a titoli di Lully, Vivaldi e Händel, per fare solo
alcuni grandi nomi) venne adattato da Nunziato Porta da un libretto di
Francesco Badini, messo in musica da Pietro Guglielmi (Londra 1771).
Prima di giungere a Haydn, il libretto era stato inoltre utilizzato a
Praga (1775) e quindi a Vienna (1777).
Le maschere della commedia
e quella della tragedia si alternano di continuo nella partitura:
benché si tratti di una delle opere buffe più significative di quel
periodo, un inquietante sentimento tragico è chiaramente avvertibile
nella musica. La penna dell'ironia, che Haydn utilizza per
rappresentare la variopinta galleria di personaggi, oscilla infatti tra
la fine penetrazione psicologica (ad esempio in occasione del
ravvedimento di Orlando nel terzo atto) e la creazione di maschere
comiche a tutto tondo, come avviene per Pasquale, lo scudiero fanfarone
che, novello Sancho Panza, fornisce un adeguato, esilarante alter ego
al suo Don Chisciotte. Nel secondo atto, ad esempio, lo scudiero
ostenta le sue glorie belliche in un'aria 'di guerra'
dall'irresistibile carica parodistica ("Vittoria, vittoria"): per
l'occasione Haydn chiama in gioco due corni contralto (o trombe) e i
timpani. Nel primo atto aveva invece elencato amabilmente i luoghi da
lui visitati ("Ho viaggiato in Francia"), esibendosi anche in
un'estemporanea sezione da fischiare. Solo per poco Rodomonte non può
contendergli la palma del miglior ruolo comico (si valutino le doti di
quest'ultimo nell'aria 'di tempesta' in re minore nel secondo atto). Il
protagonista, il cavaliere senza macchia, si muove invece tra la
passione per Angelica e le baldanzose dichiarazioni di eroismo. Eroismo
che cede tuttavia di fronte a una più modesta fisionomia da 'mezzo
carattere'. Il paladino non compare continuativamente nell'opera (nel
secondo atto è quasi del tutto assente) e le sue azioni sono dettate
quasi sempre dal carattere furioso del suo amore. Dietro la facciata
spesso comica emerge però il lato patetico della follia. Esempio più
notevole della complessità psicologica del personaggio sono il
recitativo accompagnato e l'aria "Miei pensieri", nel terzo atto, al
risveglio dell'eroe dal sonno del Lete. Patetici sono anche Angelica e
Medoro: a loro spettano le audacie armoniche delle rispettive arie del
secondo atto, "Dille che un infelice" e "Aure chete". La principessa
avrà poi un'ultima, felice occasione nell'aria "Dell'estreme sue voci"
nel terzo atto, accompagnata dall'eco inquietante dei fiati. Notevoli
sono i due complessi finali d'atto primo e secondo, mentre per la
conclusione dell'opera il compositore ha intonato il coro finale su una
melodia di rondò che verrà ripresa quasi identica in Orfeo o L'anima del filosofo,
la sua ultima opera. La morale del dramma viene offerta ai divertiti
spettatori di volta in volta dai diversi personaggi singolarmente e
dall'intero gruppo compatto. L'azione è preceduta da una brillante
ouverture in un solo movimento, spesso eseguita come pezzo da concerto:
il carattere del brano ricorda da vicino la Sinfonia
n. 77, forse coeva. L'opera costituì il massimo successo haydniano su
scala europea e venne rappresentata anche in lingua tedesca (con il
titolo di Ritter Roland)
al
Teatro Erdödy di Presburgo nel 1786, e quindi in altre venti città
dell'Europa centrale. Ritenuta da molti musicologi la più significativa
opera del compositore, viene ancora oggi ripresa con buona frequenza.
(1)
"Dizionario dell'Opera 2008", a cura di Piero Gelli, edito da Baldini Castoldi
Dalai editore, Firenze
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Ultimo aggiornamento 14 settembre 2017