Die Schöpfung (La Creazione)

Oratorio per soli, coro ed orchestra, Hob:XXI:2

Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
Libretto: da "Paradise lost" di John Milton, libera traduzione tedesca di Gottfried van Swieten

Personaggi: Organico: 3 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, controfagotto, 2 corni, 2 trombe, 3 tromboni, timpani, archi
Composizione: 1796 - 1798
Prima esecuzione pubblica: Vienna, Karntnerthor-Theater, 19 Marzo 1799
Edizione: Mollo, Vienna, 1799
Distribuzione delle parti:

Parte prima
  1. Introduzione: Die Vorstellung des Chaos - Largo (do minore) - tutta l'orchestra
    Im Anfange schuf Gott - Recitativo (Raphael) - basso continuo
    Und der Geist Gottes schwebte auf der Fläche der Wasser - Coro (coro) - (do minore) - tutta l'orchestra
  2. Nun schwanden vor dem helligen Strahle - Aria (Uriel) - Andante (la maggiore) - flauto, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, archi
    Verzweiflung, Wut und Schrecken - Coro (coro) - (do minore) - tutta l'orchestra
  3. Und Gott machte das Firmament - Recitativo (Raphael) - basso continuo
    Da tobten brausend heftige Stürme - Aria (Raphael) - Allegro assai (fa maggiore) - 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, timpani, archi
  4. Mit Staunen sieht das Wunderwerk - Aria (Gabriel) - Allegro (do maggiore) - 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, archi
    Und laut ertönt aus ihren Kehlen - Coro (coro) - (do maggiore) - tutta l'orchestra
    Und Gott sprach: Es sammle sich das Wasser - Recitativo (Raphael) - basso continuo
  5. Rollend in schäumenden Wellen - Aria (Raphael) - Allegro assai (re minore) - flauto, 2 oboi, 2 fagotti, controfagotto, 2 corni, archi
  6. Und Gott sprach: Es bringe die Erde - Recitativo (Gabriel) - basso continuo
    Nun beut die Flur das frische Grün - Aria (Gabriel) - Andante (si bemolle maggiore) - 2 flauti, 2 clarinetti, 2 fagotti. 2 corni, archi
  7. Und die himmlischen Heerscharen - Recitativo (Uriel) - basso continuo
    Stimmt an die Saiten, ergreift die Leier! - Coro (coro) - Vivace (re maggiore) - tutta l'orchestra
  8. Und Gott sprach: "Es sei'n Lichter" - Recitativo (Uriel) - basso continuo
    In vollem Glanze steiget jetzt - Recitativo accompagnato (Uriel) - Andante - flauto, 2 oboi, 2 fagotti, controfagotto, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
    Die Himmel erzählen die Ehre Gottes / Dem kommenden Tage - Coro e trio (coro, Gabriel, Uriel, Raphael) - Allegro (do maggiore) - tutta l'orchestra
Parte seconda
  1. Und Gott sprach: Es bringe das Wasser - Recitativo (Gabriel) - basso continuo
    Auf starkem Fittiche schwinget sich der Adler stolz - Aria (Gabriel) - Moderato (fa maggiore) - 2 flauti, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, archi
  2. Und Gott schuf grosse Walfische - Recitativo / Recitativo accompagnato (Raphael) - basso continuo / 2 violini, 2 viole, contabbasso
  3. Und die Engel rührten - Recitativo (Raphael) - basso continuo
    In holder Anmut stehn - Trio e coro (Gabriel, Uriel, Raphael e coro) - Moderato (la maggiore) / Vivace - 2 flauti. 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, archi
  4. Und Gott sprach: Es bringe die Erde hervor - Recitativo (Raphael) - basso continuo
    Gleich öffnet sich der Erde Schoss - Recitativo accompagnato - Presto - flauto, 2 fagotti, contro fagotto, 2 tromboni, archi
    Nun scheint in vollem Glanze der Himmel - Aria (Raphael) - Maestoso (re maggiore) - 2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti, controfagotto, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
  5. Und Gott schuf den Menschen - Recitativo (Uriel) - basso continuo
    Mit Würd' und Hoheit angetan - Aria (Uriel) - Andante (do maggiore) - 2 flauti, 2 oboi, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe, timpani, archi
  6. Und Gott sah jedes Ding - Recitativo (Rapharel) - basso continuo
    Vollendet ist das grosse Werk - Coro - (coro) - Vivace (si bemolle maggiore) - tutta l'orchestra
    Zu Dir, o Herr, blickt alles auf - Trio (Gabriel, Uriel, Raphael, coro) - Poco Adagio (mi bemolle maggiore)/Vivace/Fuga - flauto, oboe, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, archi
Parte terza
  1. Aus Rosenwolken bricht - Recitativo (Uriel) - Largo - 3 flauti, 2 corni, archi
    Von deiner Güt' , o Herr und Gott/Gesegnet sei des Herren Macht! - Duetto e coro (Eva, Adam, coro) - Adagio (do maggiore) / Allegretto (fa maggiore / do maggiore) - tutta l'orchestra
  2. Nun ist die erste Pflicht erfüllt/O du, für den ich ward! - Recitativo (Adam, Eva) - basso continuo
    Holde Gattin! Dir zur Seite - Duetto (Adam, Eva) - Adagio (mi bemolle maggiore) / Allegro (do maggiore) - 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, archi
  3. O glücklich Paar, und glücklich immerfort - Recitativo (Uriel) - basso continuo
    Singt dem Herren alle Stimmen! - Coro (coro) - Andante (si bemolle maggiore)/Allegro/Fuga (Allegro) - tutta l'orchestra

Guida all'ascolto (nota 1)

Riattraversando la Manica, nel 1795, di ritorno dal suo secondo soggiorno londinese, Haydn portava con sé un testo di oratorio che gli aveva procurato il Salomon. Il suggerimento dell'abilissimo impresario che cinque anni prima - malgrado il contrario avviso degli amici e dello stesso Mozart - aveva saputo indurlo a tentare l'avventura londinese, celava il progetto ambizioso di riportare ancora Haydn in Inghilterra, ripresentandolo questa volta nella veste di erede e successore di Hàndel. A Londra Haydn aveva riportato una impressione profonda dalla audizione degli oratori di Hàndel: la "commemorazione" durata quattro giorni, alla quale aveva assistito nel 1791, gli aveva rivelato una ampiezza di respiro, un vigore di concezione, una poeticità che non aveva riscontro negli oratori, modellati sullo schema delle forme melodrammatiche, che si solevano eseguire a Vienna. E appunto per Hàndel Lindley aveva tratto, dalla Genesi e dal Paradiso perduto di Milton, il poema che Salomon proponeva ora ad Haydn. Se anche il sogno ambizioso ed ingenuo era destinato a non realizzarsi, il testo, tradotto liberamente in tedesco dal direttore della Biblioteca imperiale Gerhard van Swieten, fu quello della Creazione, composta da Haydn tra il 1797 e il 1798 ed eseguita al Nationaltheater il 19 marzo 1799.

Il poema si adattò mirabilmente, almeno nella sua forma definitiva, allo spirito e alla religiosità di Haydn. Vi si è voluta scorgere una impronta di protestantesimo di cui Haydn certamente non si avvide e neppure sospettò. Egli era buon cattolico e osservante, ma di una religiosità semplice e senza turbamenti, come tutte le sue manifestazioni, di una spontaneità popolaresca. Le sue messe, soprattutto quelle composte dopo il 1791, nelle quali si esprime con maggiore indipendenza formale, sono spesso chiare e squillanti come fanfare, al punto da suscitargli contro non poche critiche. Perfino in una lettera di Mendelssohn del 1833 si legge «... la messa di Haydn era scandalosamente gaia». Ma egli rispondeva: «Non le so scrivere in modo diverso. Quando penso a Dio il mio cuore è talmente pieno di gioia che le note mi sgorgano fuori come una fontana. E poiché Dio mi ha dato un cuore incline alla gioia, Egli mi perdonerà di averlo servito in giocondità».

Nelle prime due parti, delle tre che la compongono, la Creazione segue fedelmente il racconto biblico: lo enunciano i tre arcangeli, Raffaele, Gabriele e Uriele, quasi con le parole stesse della Genesi. In questa impostazione narrativa, che da materia ad una serie di recitativi e costituisce il filo conduttore, ma non la principale sostanza espressiva dell'opera, è l'unico tenue legame che la riconnette alla tradizione formale dell'oratorio. Per essa la creazione è narrata, ma non rappresentata: descritta invece, e con colori smaglianti di ingenua freschezza, è la natura appena creata nell'impetuosità dei suoi moti primitivi, e le creature che la popolano, nella varietà di forme del loro vivere, non mai prima sperimentato e pur sicuro, sciolto, e gioioso della sua agilità. Ma soprattutto, dal cuore sempre giovane del maestro ormai sessantacinquenne trabocca, nelle arie e nei cori, la tenerezza stupita, la gratitudine commossa di fronte alla bellezza, alla bontà, all'innocenza del creato. Si può riandare, a proposito di Haydn, all'ottimismo e alla teodicea di un Leibnitz, richiamarsi alle concezioni dell'Illuminismo non ancora cancellate dallo Sturm una Drang, rifarsi per il suo senso idillico della natura a quello più smaliziato e cerebrale di un Rousseau. Musicista innanzi tutto - artigiano, anzi della musica - egli di tutto ciò ebbe poca coscienza; lo respirò se mai nell'aria del suo tempo, senza saperlo e senza accorgersene, ma per ciò stesso immedesimandosene più profondamente, così da poterlo riscavar fuori dal suo spirito come una vena di metallo nobile e prezioso. E vi aggiunge - egli, uomo del vecchio ordine, musicista di una società profondamente, se pur illimitatamente, feudale - un sentimento che è del tempo nuovo, quello di una superiore moralità d'arte. Non già la vecchia concezione didascalica dell'arte che educa e indirizza al bene; ma il senso di una funzione consolatrice dell'opera di fantasia, che si indirizza senza distinzioni di caste e di classi a tutta l'umanità dolorante e smarrita. «Spesso, quando sono in lotta con ostacoli di ogni genere, quando le forze declinano e mi è divenuto difficile perseverare nella via intrapresa, un sentimento segreto mi sussurra: vi sono quaggiù così pochi uomini lieti e contenti, dappertutto è dolore e angoscia; forse il tuo lavoro potrà essere qualche volta una fonte alla quale chi è oppresso dall'angoscia possa attingere per un istante un sollievo». Questa aspirazione che egli espresse in una lettera è forse la lezione più alta che egli ritrasse dai suoi viaggi londinesi, dall'esperienza di una civiltà musicale aperta a tutti coloro che vi volessero e sapessero attingere; senza dubbio essa non si realizza in nessuna delle sue opere più compiutamente che nella Creazione e le da un senso di più ampia umanità e di più profonda religiosità.

In un punto solo, più che a narrare e a descrivere, Haydn si attentò a rappresentare l'atto e il momento stesso della creazione: all'inizio. Una pagina strumentale che porta il titolo di Ouverture e che si può paragonare, tranne la maggiore ampiezza, a quelle introduzioni lente e modulanti che tanto spesso egli usava premettere alle sue sinfonie e che erano destinate a dar risalto con la loro esitante incertezza all'apparizione chiarificatrice e decisiva del tema fondamentale. Il sinfonista non poteva concepire in maniera diversa il contrasto tra l'oscurità informe e senza tempo del Caos e la manifestazione improvvisa del primo atto della Volontà creatice, il folgorare della luce. Il Caos è nella rappresentazione di Haydn non un cupo e drammatico agitarsi di forze indomite e scatenate, ma un languore torpido, qua e là agitato da presentimenti e da aspirazioni confuse; e si spegne da ultimo, quasi come un suono che nel suo infinito perseverare divenga insensibile, assottigliandosi in un moto di passi cromatici che inaspettatamente precorrono l'ansia di annientamento del preludio del Tristano. Formalmente l'introduzione si conclude trapassando nel recitativo di Raffaele, cui si unisce il coro; dura però il senso di sospensione che si risolve in un passo famoso, in un trionfale accordo di tutta l'orchestra, nel quale riesce oggi a noi difficile ritrovare l'emozione che nel 1808 ancora faceva balzare in piedi Haydn dalla sua poltrona di infermo. Nell'aria di Uriele, che segue, un cromatismo discendente evoca la fuga delle ombre e degli spiriti delle tenebre, di contro ai quali si leva, con la compattezza di un corale, ma con l'incisività ritmica di un inno il canto che celebra il sorgere del mondo.

Famosi e anche troppo celebrati nella Creazione sono gli squarci sinfonici che come rapide immagini intramezzano i recitativi: il muggire dei venti, la fuga delle nubi, la folgore e il tuono, la neve, la grandine e la rugiada, ancor prima che annunziati dagli arcangeli vengono evocati dall'orchestra. Tutta l'inventiva di Haydn è in queste brevissime pitture, così come più tardi nell'evocazione del canto degli uccelli, del balzo delle fiere, dell'ondeggiare dei serpenti. E tuttavia tutto ciò appare oggi come secondario e deteriore al confronto dell'incanto che emana dall'aria pastorale di Gabriele o dal coro finale della prima parte, interrotto da una pausa di romantica serenità nel recitativo che ricorda, dopo l'apparizione dell'astro del giorno, il sorgere sereno della luna.

Più avanti il canto si ripiega in meditazione quando sul lento scorrere di gravi armonie degli archi Raffaele enuncia in un arioso solenne e commosso il comandamento divino dell'amore e della propagazione della vita. Grado a grado il poema attraverso il racconto della nascita della natura inanimata, degli animali, infine dell'uomo, ci conduce alle soglie dell'Eden, al quale è dedicata la terza parte. Al canto degli angeli e degli arcangeli succede quello delle creature umane, Adamo ed Èva. Sono un uomo e una donna. E tanto uno ha accenti virili, decisi, tanto l'altra li ha femminilmente trepidi, sottomessi, vezzosi. Nel duetto che l'oboe dolcemente inizia, Von deiner Gùt, la seconda parte, l'allegretto, è incantevole. Una melodia semplice e graziosa vien successivamente svolta dai principali personaggi, e il diverso timbro vocale, le diverse parole, le minime varianti dell'accompagnamento, e i trapassi tonali ne rinnovano volta a volta l'appropriatezza. Nell'altro duetto, che celebra lo splendore dell'alba, la frescura della sera, il sapore dei frutti, il profumo dei fiori, l'espressione dei due, come dire? innamorati, trabocca appassionata. Ma la chiusa, formalmente la chiusa di un duetto d'amore, è casta. E castissimo e trionfale risuona il coro finale.

Nino Pirrotta


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 15 Ottobre 1989


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Ultimo aggiornamento 25 agosto 2013