Concerto in sol maggiore per clavicembalo e orchestra, Hob:XVIII:4


Musica: Franz Joseph Haydn (1732 - 1809)
  1. Allegro moderato
  2. Adagio (do maggiore)
  3. Rondo. Presto
Organico: clavicembalo, 2 oboi, 2 corni, 2 violini, viola, basso continuo
Composizione: 1782
Edizione: Boyer, Parigi, ca. 1784
Guida all'ascolto (nota 1)

La maggior parte delle composizioni per strumento a tastiera di Franz Joseph Haydn sono state pensate sul clavicembalo: alla corte degli Estarházy, presso la quale il musicista era a servizio, i primi fortepiano entrarono intorno al 1781, mentre Haydn non dispose di un pianoforte privato se non nel 1788. Tuttavia, la destinazione pianistica e non clavicembalistica di molte sue composizioni è evidente dal tipo di scrittura e fa ritenere che Haydn avesse di mira esecuzioni in concerto tenute da specialisti dei nuovi strumenti apparsi sulla scena. Il Concerto in sol maggiore per fortepiano e orchestra è di composizione anteriore al 1781 ed è stato catalogato da A. van Hoboken nel XVIII gruppo delle opere haydniane con il numero d'ordine 4 (Hob. XVIII: 4). La prima edizione a stampa del 1784, indica ancora la possibilità di eseguire i brani sul clavicembalo o sul pianoforte. Nella condotta della parte solistica, l'autore sembra mantenere aperta la duplice possibilità alternando momenti nei quali emerge la pratica arcaica del basso continuo, ad altri nei quali invece l'evidenza virtuosistica del pianoforte rispecchia il gusto di uno stile nuovo. Il passaggio fra questi due modi e fra le diverse epoche che essi incarnano viene quasi letteralmente esemplificato nei tre movimenti del Concerto in re maggiore, in assoluto uno dei più celebri fra quelli scritti da Haydn: il primo è più lineare, ricorre agli elementi più tradizionali della tecnica dello strumento a tastiera; il secondo si espande in un lirismo molto intenso e suggestivo, riproduce dunque in modo emblematico la caratteristica distintiva del pianoforte; il terzo infine è un'esplosione di virtuosismo, di sperimentazioni tecniche e ritmiche che aprono già una via ai grandi divi del concertismo ottocentesco.

Stefano Catucci


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 24 febbraio 1994


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Ultimo aggiornamento 6 ottobre 2016