Il doppio viaggio a Londra di Haydn ha naturalmente il suo frutto più prezioso nella composizione delle Sinfonie; ma in realtà Haydn intendeva farvisi conoscere in tutti i campi, anche vocali e solistici, e allo stesso tempo ricevere esperienze e conoscenze nuove, legate alle fervide condizioni musicali di quella Capitale (partì, ad esempio, con alcune Cantate già composte, pensando di variare sul posto la strumentazione secondo il caso). Questa Cantata, conosciuta anche come "Scena di Berenice" ("Scena composta per la signora Banti" si legge sull'autografo conservato nella Biblioteca Nazionale di Vienna), fu scritta da Haydn durante il secondo soggiorno londinese nel 1795 per Brigitta Giorgi Banti (primo soprano dell'"Opera Concert") ed è una delle pagine più ampie e importanti lasciate dal compositore austriaco nello stile dell'opera seria italiana.
Fu presentata al King's Theatre il 4 maggio 1795, assieme a una "ripresa" della Sinfonia "Militare", e accolta da immediato favore; il "Morning Chronicle" del 6 maggio esaltò "il grande stile" della Scena, riservando solo qualche appunto ai "trilli" della Giorgi Banti, per altro ammirata nell'espressione dei recitativi. Il testo deriva dall'Antigono di Metastasio, da quella scena settima dell'atto terzo in cui Berenice, abbandonata dal suo amante Demetrio, prende tragicamente coscienza del suo destino di solitudine; la struttura formale segue quell'articolazione quadripartita (Recitativo - Aria tenera - Recitativo - Aria concitata) che diventerà basilare nel melodramma dell'Ottocento; l'orchestra presenta la stessa tessitura delle Sinfonie del secondo viaggio londinese e, lungi da funzioni di semplice accompagnamento, si compenetra in ogni idea della composizione.
Lavorata sulle grandi capacità drammatiche della Giorgi Banti, come argomento "patetico" irrobustito di "Sturm und Drang", studio di carattere, contrasto drammatico fra delicatezza e veemenza, mobilità e audacia di modulazioni, la Scena di Berenice sarà un modello vincolante per la Scena e Aria "Ah Perfido!" op. 65 del giovane Beethoven; «è ragione di meraviglia», scrive Robbins Landon, come entrambi, Haydn e Beethoven, siano stati capaci di sollevare un genere alla moda come la cantata italiana in una pura «opera d'arte viennese». In effetti, che il meglio della tradizione vocale italiana si trovi inoculato nello stile sonatistico dei grandi viennesi è una prospettiva critica ormai acquisita; la Scena di Berenice mostra questo straordinario processo (realizzatosi nel teatro di Mozart da ormai un decennio) mentre prende forma in Haydn, nell'inesauribile fecondità di quella stagione londinese.
Giorgio Pestelli