Cuopre talvolta il cielo, HWV 98

Cantata per basso, archi e basso continuo

Musica: Georg Friedrich Händel (1685 - 1759)
Testo: autore ignoto
  1. Cuopre talvolta il cielo (re maggiore)
    Recitativo per basso, 2 violini e basso continuo
  2. Tuona, balena, sibila il vento (re maggiore)
    Aria per basso, 2 violini e basso continuo
  3. Cosi fiera procella
    Recitativo per basso e basso continuo
  4. Per pietà de'miei martiri (sol minore)
    Aria per basso, 2 violini e baaso continuo
Organico: basso, 2 violini, basso continuo
Composizione: 1708
Edizione: Deutsche Händelgesellschaft, Lipsia, 1888
Guida all'ascolto (nota 1)

Formato compatto e organico ridotto presenta la cantata per basso, forse napoletana, «Cuopre talvolta il cielo», cui è tuttavia premesso un recitativo accompagnato dagli intenti descrittivi, seguito da una coppia contrastante di arie: la prima, pirotecnica, di tempesta, parodia di un'aria dall'Armida abbandonata, la seconda, più introspettiva, caratterizzata da un elaborato ordito polifonico che trova piena cittadinanza nel genere raffinato della cantata.

Raffaele Mellace

Testo della cantata

Cuopre talvolta il cielo

N. 1 - Recitativo accompagnato

Cuopre talvolta il cielo
nube oscura improvvisa,
e tenebroso velo
spande nera tempesta in faccia al sole:
turbato il rio si duole,
e il tridentato dio
voragini spumanti
apre fra l'onde ad assorbir le vele.
Con impeto crudele,
scuoton rapidi vanni aure nemiche,
e per le spiagge apriche
cadono dissipati e fronde e fiori:
feriscono gli orrori
che ingombrano di Giuno molli campi
insidiosi lampi,
e repentino tuono
fa più temer con strepitoso suono.

N. 2 Aria

Tuona, balena
sibila il vento,
l'etra si oscura
s'agita il mar.
E rio spavento,
barbara pena
così congiura
per tormentar.

N. 3 - Recitativo

Così fiera procella
dà rio tormento, e spaventar sa l'alme;
ma le perdute calme,
misero, assai più gemo, e mi querelo
quando in tempesta miro
il volto del mio ben ch'è pari al cielo.
Torbido a me d'intorno
ombre spande d'affanni,
e sdegnosi e tiranni;
or fuggitivi, or tardi,
lampi sono i suoi sguardi,
e son fulmini orrendi i detti alteri,
onde fra ciechi orrori
errano già confusi i miei pensieri.

N. 4 - Aria

Per pietà di miei martiri,
sia, mio ben, l'arco del ciglio
sempre l'iride di pace.
Che se irato a me lo giri,
senza scampo nel periglio,
la mia vita è più fugace.
(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 217 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 26 luglio 2017