Sonata in fa maggiore per flauto e basso continuo, op. 1 n. 11, HWV 369


Musica: Georg Friedrich Händel (1685 - 1759)
  1. Grave o Larghetto (fa maggiore)
  2. Allegro (fa maggiore)
  3. Alla Siciliana (re minore)
  4. Allegro (fa maggiore)
Organico: flauto diritto, basso continuo
Composizione: 1712 circa
Edizione: J. Roger, Amsterdam, 1731 circa
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Anche se la produzione di Haendel nel suo complesso può competere quantitativamente con quella vastissima di Bach, non c'è dubbio che la fama del musicista di Halle è legata principalmente ai suoi trentatré oratori, di cui la maggior parte continua a resistere all'usura del tempo, in virtù della maestosa e grandiosa forza espressiva raggiunta negli squarci corali. Egli si dedicò anche al melodramma e scrisse ben quarantadue opere teatrali, che sono scomparse molto presto dal repertorio in quanto il gusto musicale della società londinese settecentesca preferiva l'opera italiana dominata da scontri e rivalità non sempre di carattere artistico tra famose primedonne, come Francesca Cuzzoni e Faustina Bordoni, che contribuirono in modo determinante al successo di questo o di quell'autore negli ambienti aristocratici della capitale inglese e alimentarono dispute e polemiche fra i loro seguaci e sostenitori, fino ad accapigliarsi una sera sulle scene della Royal Academy of Music alla presenza della principessa di Galles e tra i commenti più o meno scandalizzati e salaci dei difensori della rigida morale protestante.

Haendel, comunque, coltivò tutti i generi musicali con sorprendente eclettismo e abbastanza significativa fu la sua attività in campo vocale, strumentale e cameristico, dove spesso ha lasciato il segno illuminante della sua gigantesca personalità di artista. Vanno ricordati in proposito i concerti per strumenti vari, archi e basso continuo, le suites e le fughe per orchestra, per più strumenti, per organo e per clavicembalo e in particolare i sei «Concerti grossi op. 3» per due flauti, due oboi, due fagotti, archi e basso continuo, i dodici «Concerti grossi op. 6» per archi e basso continuo, le dodici «Sonate per violino e oboe o flauto», le quattro raccolte di «Concerti per organo e orchestra», le grandi suites per orchestra denominate «Water Music» e «Fireworks Music» e le quindici Sonate per flauto o oboe o violino e basso continuo, pubblicate ad Amsterdam nel 1731 come op. 1 e sotto il seguente titolo: «Solos for a German Flute, or Hoboy or Violin with a thorough Bass for the Harpsichord».

Queste sonate, di cui stasera viene eseguita la undicesima in fa maggiore per flauto e clavicembalo, si richiamano formalmente alla sonata da chiesa e alla sonata da camera di stile italiano e si articolano in quattro movimenti principali ai quali si aggiungono anche ritmi di danza, come il minuetto, la giga e la siciliana, che sembrano testimoniare l'influenza esercitata dalla musica del nostro paese sulla fantasia di Haendel, il quale, come è noto, soggiornò per periodi di tempo più o meno lunghi a Venezia, Firenze, Roma e Napoli, città quest'ultima che lo accolse con particolare entusiasmo nel giugno del 1708 e lo ribattezzò affettuosamente con il nome di «Sassone». D'altra parte pare accertato come non solo in questi brani di Haendel si possa rilevare la stretta parentela con le forme musicali adottate da artisti mediterranei, quali erano Corelli, Vivaldi e Scarlatti, considerati tra i più rappresentativi delle fiorenti scuole veneziana, romana e napoletana.

La Sonata in fa maggiore n. 11 si apre con un'ampia melodia del flauto, sostenuta dagli accordi gravi del cembalo che modula dal maggiore al minore. L'Allegro successivo è un movimento di danza a ritmo binario che ricorda l'allemanda, nata in Germania e sviluppatasi anche in Inghilterra e nei Paesi Bassi come danza di corte; è un motivo elegante e piacevole che rende ancora più pungente il mutamento di atmosfera con la frase calma e distesa della siciliana in tempo 12/8, cui segue una giga dal ritmo frizzante e leggero.

Ennio Melchiorre

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Accanto alle grandi raccolte concertistiche e ad alcune altrettanto celebri Suites e Ouvertures per orchestra, la produzione strumentale di Georg Friedrich Händel (1685-1759) include una sezione dedicata al repertorio cameristico. Suggestiva, anche se non numerosa, questa serie di lavori è concepita per un organico quasi totalmente riservato alla Sonata a tre, ma a un tempo proposto alla libera scelta degli esecutori, invitati dall'autore a optare per oboi, flauti o violini da abbinare al costante sostegno del basso continuo. Appare dunque indicativa l'opportunità che Händel concede all'utilizzazione dei legni, accostati all'onnipresente clavicembalo e quindi elevati a funzione e rilievo di solisti, ma soprattutto equiparati alle potenzialità tecnico-virtuosistiche del violino, già da tempo brillante e incontrastato dominatore delle scene strumentali. Comprese nell'arco di un quarantennio (1703-1742), queste Sonate, che si presentano anche con la denominazione di Trii, Concerti o Soli, rispecchiano da un lato evidenti legami strutturali e stilistici con l'operato di Corelli, ma si arricchiscono tuttavia di un linguaggio melodico più definito e autonomo proprio tramite quella equilibrata raffinatezza che gli strumenti a fiato riescono a comunicare, in un ambito quasi mai dialettico e contrastante, quanto invece sobrio nelle fioriture espressive e decisamente «armonizzante» con l'accompagnamento del cembalo.

La Sonata in fa maggiore è !'undicesima di quindici composizioni, scritte intorno al 1731 e pubblicate come op. 1 sotto il titolo Solos for a German flute, a Hoboy, or Violin and thorough bass. La raccolta è quindi concepita in chiara veste solistica, accostando al basso continuo un unico strumento che Händel, come per le Sonate a più strumenti dell'op. 2 e 5, inoltra al gusto degli esecutori di allora, oltre che, ovviamente, alle scelte dei revisori odierni. Al moderato e introduttivo Larghetto segue un Allegro estremamente serrato nell'impostazione tematica, ben articolata specie nell'episodio centrale e poi abbellita nella parte finale. Conforme ai canoni dell'omonima danza è l'andamento sereno e idilliaco della Siciliana, quasi una sorta di intermezzo preparatorio al conclusivo Allegro, vivace e opportunamente adeguato al fluido e scorrevole dialogo dei due strumenti.

Piero Gargiulo


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 29 gennaio 1974
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Palazzo Pitti, 13 luglio 1982


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Ultimo aggiornamento 19 maggio 2016