Georg Friedrich Haendel pubblicò tre raccolte di Concerti per organo «con oboi e archi», ciascuna composta di sei lavori: la prima, che racchiude opere scritte intorno al 1735-36, fu pubblicata dal Walsh nel 1738 come op. 4; la seconda, con opere composte intorno al 1739, fu pubblicata, sempre dal Walsh, circa nel 1740, senza numero d'opus; la terza, infine, che raccoglie lavori scritti tra il 1740 e il 1751, fu pubblicata postuma, nel 1761, ancora dal Walsh, come op. 7. Di quest'ultima raccolta, composta quasi interamente di Concerti originali (a differenza delle altre due raccolte, che contengono prevalentemente trascrizioni da opere precedenti), fa parte il Concerto in re minore.
E' noto che questi Concerti organistici servivano in genere da interludi nelle esecuzioni degli oratori. Haendel amava sedere personalmente all'organo ed arricchiva la traccia scritta di improvvisazioni di eccezionale genialità, delle quali purtroppo non ci resta che l'entusiastica testimonianza verbale degli ascoltatori. Questo carattere «improvvisatorio» dell'organistica haendeliana ha il suo riscontro più vistoso nell'ampiezza delle parti «ad libitum» (non scritte), che a volte comprendono interi movimenti. L'organo di Haendel è festoso e mondano, ma non frivolo, ed invece sontuoso e scintillante, consapevole della propria potenza sonora e di essa inebriato con felice splendore: protagonista assoluto ed assorbente, gioiosamente vittorioso e fascinosamente abbandonato, in una prepotente, esuberante, vitalissima affermazione d'individualità che sembra realizzare una identificazione totale dell'autore nello strumento, con una immediatezza che prescinde da ogni mediazione sia formale sia rappresentativa.
Carlo Marinelli