Admeto, re di Tessaglia, HWV 22

Testo del libretto (nota 1)

L'azione si svolge in Grecia, in un tempo mitologico

ATTO PRIMO

Scena Prima
(Stanze reali. Una statua di Apollo nella stanza. Admeto indisposto nel letto, che dorme. Ballo di larve con stili sanguinosi in mano. Admeto si leva in furia dal letto, e dice)
ADMETO
Orride larve! E che da me volete?
Perchè Admeto fuggite? Ah! Sì voi siete,
Che trubate la mente,
e da voi non risente
Che un affanno penoso.
Crudeli! Non avrò mai dunque riposo?
Se volete, ch'io muora,
io morirò; ma che! Voi non potete
farmi morir senza turbar la quiete?
Sì, sì: di ferro armate,
Sanguinolenti, e crude
Tornate, omai tornate.
Ma! O Dio! Ch'io già vi sento
Che di pietade ignude
Non volete, che cessi il mio tormento.
L'etra si scuota, e con fulminea fiamma
Fenda la terra, e nel suo cupo letto
Ov'è de' sogni il regno,
Là vi ritrovi, e là vi sguarci il petto.
Così almeno potrò, se il cor si sface
Già che morir degg'io; morir in pace.
(Va di nuovo a posarsi)

1. Arioso
Chiudetevi miei lumi
In un perpetuo oblio,
Così col morir mio
Toglietemi alle pene, eterni Numi.
(Entra Orindo)
ORINDO
Sire, l'invitto Alcide a te m'invia;
Prima del suo partire
La tua destra real baciar desia.
ADMETO
Venga l'eroe, ma pria
Dimmi: Trasimede che fa?
ORINDO
Delira per dipinta bellezza.
ADMETO
Dunque anch'egli è in tormenti?
ORINDO
Al par di te, Signore.
ADMETO
Sai la bella qual sia?
ORINDO
Da vicin mai non vidi
L'effigie di colei, per cui sospira.
Sire, Alcide qui giunge.

Scena Seconda
(Ercole, e detti)
ERCOLE
A bastanza onorato
Nella tua Reggia fui, Tessalo Sire;
Già costretto a partire io sono, Admeto,
Dove me chiama il fato;
duolmi sol di lasciarti
Tormentato dal duol tra queste piume.
ADMETO
Il tuo affetto cortese
M'incatena, e ad amarti il cor mi muove.
Quando partir risolvi?
ERCOLE
Al nuovo giorno.
ADMETO
Pria d'uscir dalla Reggia
Pregoti far di nuovo a me ritorno.
ERCOLE
E verrò ad avvisarti, ove m'invio.
Brama d'immortal gloria
Mi punge il cor più che non fece un guardo
Della mia Iole, o di Cupido il dardo.

2. Aria
La gloria solo
che ogn'or bramai
Destò il valor,
Non la beltà.
Fra mostri e orrori,
Se il piè portai,
Ciò non fu amor,
Non fu pietà.
(Parte)

Scena Terza
(Admeto in letto, Orindo, e poi Alceste)
ORINDO
Consolati Signor, ecco che viene
Alceste la Regina
Col suo aspetto a temprar del cor le pene.
ADMETO
Ahimè, Regina!
ALCESTE
Sire, mio Re, mio ben, mio sposo.
ADMETO
Ah, duolo tormentoso!
Soccorretemi, o Dei!
ALCESTE
Sono i martiri tuoi tormenti miei.
Soccorri, Apol, soccorri
All'acerbe mie pene;
Tu che tra' Numi solo,
Fisico immortal sei, sana il mio duolo!
LA STATUA
(parla)
Risanarti non puoi,
Se alcun per te non muor
De' più prossimi tuoi.
ADMETO
Stravagante portento!
ALCESTE
Deh, rallegrati, Admeto,
Già che per me la sorte
Apre alla tua salute in ciel le porte.
ADMETO
Sen' lasci al ciel la cura, e non si tema.
(Si addormenta.)
ORINDO
Par ché il Nume...
ALCESTE
Ti acqueta; chiuse ha il Re le palpebre
In dolce oblio:
Vi sarà chi per te morrà, ben mio.

3. Aria
ALCESTE
Luci care, addio, posate,
Stelle amate,
Sì, dormite,
Né stupite
Risvegliate che sarete
Se voi più non mi vedrete.
Ci vedremo negli Elisi,
E divisi
Torneremo a riunirsi
col fruirsi
Fra quell'anime beate,
Luci care, addio, posate.

Sinfonía Pastorale

Scena Quarta
(Bosco. Meraspe ed Antigona, ambidue da pastori)
ANTIGONA
Admeto traditor, iniquo amante.
Per la tua rotta fede
Entro d'un letto infermo
A languir ti condanna il gran Tonante,
Admeto traditor, iniquo amante.
A che chiedermi al padre
In tua sposa reale,
Se ingannar mi volevi,
Perfidissimo Rege, e disleale?
Ma Laomedonte (o Dio!)
La tua morte compiango, e il viver mio.
Del famoso Ilion l'alta caduta
Le regie pompe in veste umil mi muta.
MERASPE
Dà tregua, o Principessa,
A i sospiri del core, a tuoi lamenti;
E desta nel tuo sen dolce conforto.
ANTIGONA
Meraspe, o Dio! Il genitore è morto!
MERASPE
Chi contraddir può mai ciò che il ciel vuole?
ANTIGONA
Or procuriamo intanto,
Per dar qualche sollievo a miei tormenti
D'introdurci alla Reggia;
Ma se alcun ti richiede
Nuova dell'esser mio, cela il mio trono;
Dì che tua figlia, e pastorella io sono.
MERASPE
Farò quanto m'imponi; alfin tu spera,
Che non sempre sia sorte a noi severa!

4. Aria
ANTIGONA
Spera allor che in mar turbato
Il nocchier vede il periglio,
E consiglio
l suo scampo cerca ogn'or;
Ma se poi dal vento irato
Fra gli scogli a furia è spinto,
Egli è vinto,
E l'ardir gli manca, e il cor.
(Partono)

Scena Quinta
(Parte interiore del giardino. Alceste con stile in mano con seguito di damigelle velate che piangono)
ALCESTE
Non lagrimate, o miei seguaci; almeno
La pace non turbate, questo seno.
Per l'amato consorte
Che languendo se n' giace,
A me convien morir, datevi pace.

5. Aria
Spera sì, mio caro bene,
Ch'io per te voglio morir;
Avran fine le tue pene,
Avrà fine il tuo soffrir.
(Parte)

Scena Sesta
(Admeto, ed Ercole con guardie)

6. Aria
ADMETO
Cangiò d'aspetto
Il crudo fato,
E nel mio petto
è già rinato
tutto il piacer.
Io più non sento
Pene, e tormento
Or che il mio seno
Torna a goder.
ERCOLE
Quanto ch'io goda Admeto
Del tuo felice stato
Sallo il ciel, sallo il fato,
Che per te destinò giorno sì lieto.
ADMETO
Ercole, dal tuo aspetto
Viemmi in questo momento
Raddoppiata la gioia, ed il contento.
(voce di dentro)
O barbaro destino!
ORINDO
(Di dentro)
O caso fiero!
VOCE ED ORINDO
Colpo crudo e severo!
ADMETO
Quali voci son queste?
Udisti, Ercole?
ERCOLE
Udii; flebili e meste
Risuonar alte strida.

Scena Settima
(Orindo, e detti)
ORINDO
Oh come spesso, o Sire,
Congiunti van con l'allegrezza il pianto:
Rio turbine improvviso
Di lacrimoso evento
Turba in corte il seren d'ogni contento.
ADMETO
Narrami, o Dio! Che di funesto apporti?
ORINDO
Ciò che per gran dolore muta la lingua
Raccontarti non può,
Mira; e del pianto apri le fonti agli occhi.

(Qui s'apre il proscenio, e si vede presso una fonte Alceste svenata col ferro nel petto)
ADMETO
O Dei! che veggio?
ERCOLE
O cieli!
ORINDO
Leggi su questo foglio
Prima del suo morire
Quali note amorose
Per te scritte lasciò.
ADMETO
Che leggo? Ahi, lasso!
"Adorato consorte,
per dar a te salute, a me dò morte."
Toglietemi dagli occhi
Cosí tragico oggetto, o fidi amici;
Toglietemi la vita
E con essa involate il mio tormento!
ERCOLE
Deh, ricordati, Admeto,
Che el dominio nascesti, e alle corone.

(Si chiude il proscenio)
ADMETO
Ercole, il mio dolor, fatto tiranno,
Sforza l'anima, e il core
A tributargli acerbo pianto e affanno.
ERCOLE
Se Re tu sei, dà invitto
Domina del tuo cor l'alto dolore.
ADMETO
Da tua robusta mano
sol conforto n'attendo, invitto Alcide:
Tu che il varco chiudesti all'oceano,
Tu che col tergo fosti
Stabile appoggio alle cadenti sfere,
E Teseo liberasti
Dal baratro infernal, tu solo puoi
Dall'Erebo profondo
Trarne libera Alceste a questo mondo.
ERCOLE
Vedi, s'io t'amo, o Sire;
Voglio per consolarti
Scender a Dite, e in quella Reggia accesa
In tal giorno tentar sì dura impresa.
(Parte)

7. Aria
ADMETO
Un lampo è la speranza,
Fa lume, è ver, ma poi
quel lume ancor a noi
ben spesso offende.
Un ben con lei si avanza
Ma se non resta al cor
Un più crudel dolor
Di nuovo accende.
(Parte)

Scena Ottava
(Bosco. Antigona, e poi Meraspe)
ANTIGONA
Meraspe ancor della città non torna,
Ed io fra queste selve
Vado raminga in compagnia di belve.
(Entra Meraspe)
MERASPE
Dà tregua, o Principessa,
Ai sospiri del cor, a' tuoi lamenti;
Odi quai lieti avvisi
Dalla cittade in questo dì t'apporto.
ANTIGONA
E che nuove son queste?
MERASPE
É sano Admeto, e s'è svenata Alceste.
ANTIGONA
La cagion?
MERASPE
Non l'intesi.
ANTIGONA
Ciò fia ver? Come il sai?
MERASPE
Così per la città
Parla tutta la gente;
Spera, spera, chissà;
Or che vedovo è il Re, che col mirarti
Non ritorni ad amarti.
ANTIGONA
Colà dunque n'andiamo.
MERASPE
Ci vieta il gir più oltre
Turba di cacciatori,
Che vien da quella parte.
ANTIGONA
Ritiriamci in disparte.

Scena Nona
(Trasimede col ritratto di Antigona in mano, e cacciatori, che lo seguono, e detti)

Sinfonia
TRASIMEDE
Cara Antigona amata,
Dal pennello animata,
Ad onta della morte, io pur t'adoro.
MERASPE
Trasimede è costui.
ANTIGONA
Ben lo conobbi.
MERASPE
Di te il Prencipe acceso?
Buon mezzo affè per introdurti in corte.
ANTIGONA
Lascia a me oprar.
MERASPE
T'assista amica sorte.
(Si avanzano)
TRASIMEDE
Ahimè! Numi! Che miro?
Di costei nel sembiante
Supefatto ravviso
D'Antigona l'immago, e il proprio viso.
MERASPE
Va cauta nel celarti.
ANTIGONA
Taci, non dubitar.
TRASIMEDE
Tu dunque vivi,
Antigona, mia vita,
sospirato mio ben, mio cor, mia luce?
ANTIGONA
Che vaneggi, Signor? Non ti conosco:
Di questo folto bosco
Povera abitatrice,
Figlia son io di quel pastor, che miri.
TRASIMEDE
Più che le luci affiso,
In quel tuo vago viso
Ingannato ne resto.
ANTIGONA
Signor, qual tu ti sia?
TRASIMEDE
Prencipe sono.
ANTIGONA
E come tal t'inchino.
TRASIMEDE
Queste ossequi ricuso da te, Antigona mia.
(Fra sè)
Lasso! Che dico?
(Ad Antigona)
Scusami, pastorella; io son deluso.
Qual è dunque il tuo nome?
ANTIGONA
Rosilda.
TRASIMEDE
(A Meraspe)
E tu?
MERASPE
Fidalbo.
TRASIMEDE
Già che avezza tu sei
A trattar con le piante,
Se col tuo genitore
Alla corte verrai,
Tu del giardin real l'assunto avrai.
MERASPE
Figlia, non ricusar sì buon partito.
ANTIGONA
Aggradisco l'invito.
TRASIMEDE
(Ad uno de' suoi seguaci, il quale parte)
E tu raccogli intanto
Gli sparsi cacciatori qui d'intorno
Che alla Reggia io ritorno.
MERASPE
Signor, se quindi parti
Sarem' tosto alla Reggia ad inchinarti.

8. Aria
TRASIMEDE
Se l'arco avessi, e i strali,
Direi che in forma umana
Venuta sia Diana
Al saettar le belve.
Se son, dimmi, mortali,
O bella Ninfa, i lumi,
Se nacquero fra i Numi
O pur fra queste selve.
(Parte)

Scena Decima
(Antigona, e Meraspe)
ANTIGONA
Non potrà meglio il fato
Il Prence aver guidato in questo bosco.
MERASPE
Non sì tosto lo vidi,
Che io conobbi, e ti conobbe ancora.
ANTIGONA
Il ritratto ei vagheggia,
E somiglianza in me più l'innamora;
Ma il crudo Admeto, o Dio! Per me vorrei
Che così rispondesse a' voti miei.
MERASPE
Spera; la speme nostra è quasi in porto:
Non ti stancar, fa cuore,
Dopo gli affanni ancor viene il conforto.

9. Aria
ANTIGONA
Se 'n vola lo sparvier
Per ogni estraneo lido,
Spiando in ogni nido
Se potrà mai veder
Preda novella.
S'egli la trova poi
Con forza e con vigor
Rivolge i vanni suoi
Sopra di quella.

ATTO SECONDO

Sinfonia

Scena Prima
(Inferno, nel quale si vede Alceste incatenata ad un Sasso, e tormentata da due Furie. Si apre la Scena al suono di orrida Sinfonia)
ERCOLE
(con clava, che conduce Cerbero incatenato)
In van ti scuoti, in vano,
Chiudi nelle tue gole i rei latrati;
Imprigiona i tuoi fiati
Nell'ingordo tuo ventre! In questi sassi,
Tra duri ferri, io t'incateno i passi.
(Getta Cerbero nella voragine dalla quale esce forte quantità di fumo, e fiamme)
ALCESTE
Alcide, Alcide?
ERCOLE
Alceste?
ALCESTE
Pietà de' miei tormenti.
ERCOLE
Per te discesi in queste soglie ardenti.

Sinfonia
(Ercole discende nella voragine, percuote con la clava le Furie, che tormentavano Alceste, le quali impaurite fuggono a volo per l'aria, e sortono dalla sommità della grotta. Ercole discoglie Alceste, e la conduce fuor dell'inferno, facendola montar seco per le rupi; si chiude la gola, e poi così tardamente sparisce)
ERCOLE
Ecco, Alceste, spezzati
I tartarei legami,
Seguimi, se tu brami
Da sì tristo soggiorno
Ritornar ravviavata ai rai del giorno.
Del supremo Tonante
mio genitor quest'è l'alto decreto,
perché Alceste ritorni al Rege Admeto.
ALCESTE
Liberator pietoso.
ERCOLE
Regina liberata,
Ritorniamo al tuo sposo.
ALCESTE
Dalla morte alla vita io son rinata.

10. Aria
Quanto godrà
Allor che mi vedrà
L'amato sposo mio,
Il caro ben.
So che dirà,
Mio dolce e bel desio,
Idolo del cor mio,
Ti stringo al sen.
(Partono)

Scena Seconda
(Giardino. Antigona ed Orindo)
ANTIGONA
E che sperar poss'io,
Se il bell'idolo mio,
Vago del mio dolor, che l'alma strugge,
Lungi da questo seno (o Dio) sen' fugge?
ORINDO
Non t'affliger, o bella,
Che servi alle tue voglie
Già mille cori avrai; e il primo
Ad amarti io sarò.
ANTIGONA
Amarmi? O questo no!
ORINDO
Si rigida! Perchè?
(Accenna di vezzeggiarla)
ANTIGONA
Frena la destra audace.
ORINDO
Tanto rigor?
ANTIGONA
Cotanto ardir?
ORINDO
Incolpa la tua beltade.
ANTIGONA
Indegno, tu cerchi amor,
e incontrerai lo sdegno.

11. Aria
ORINDO
Bella, non t'adirar;
E che ci posso far,
Se a me rubasti il cor?
Non posso, no, ben mio
Cangiar il mio desio
Perché lo sforza Amor.

Scena Terza
(Trasimede con il ritratto in mano, Antigona, Ed Orindo in disparte)
TRASIMEDE
Godo, o bella, vederti in questo loco.
ANTIGONA
Signor, grazie ti rendo
De' tuoi regi favori.
TRASIMEDE
Mio bellissimo foco,
Tu sei dolce cagion de' miei dolori.
ANTIGONA
A chi parli?
TRASIMEDE
Al mio bene.
ANTIGONA
A quel dipinto?
TRASIMEDE
No, no, a quella che io miro.
(Fra sé)
Ahi! l'altro è estinto.
ORINDO
Or so perché mi sprezza:
Ella ama il Prence, e l'amor mio non cura.
TRASIMEDE
Sì, sì, più che vi miro
(Guardando Antigona)
Sospirate vaghezza sì, voi siete,
Che l'anima m'ardete:
D'una beltà dipinta,
Qual conforto sperar posso al mio duolo?
Vanne Antigona al suolo!
(Getta il ritratto, ed Orindo ascosamente lo raccoglie, e parte)
A te, a te mi volgo,
Splendor di mie pupille,
Bella effigie animata,
Cara Antigona amata.
ANTIGONA
Fuggirò col partir la tua follia.
TRASIMEDE
Ferma, Antigona mia.

12. Aria
Da te più tosto partir vogl'io,
Bell' idol mio,
Ma con te resta questo mi cor.
Deh, ti sovvegna, ch'io vivo in pene,
Caro mio bene,
E per te abrucio d'un vivo ardor.
(Parte)

Scena Quarta
(Antigona sola)
ANTIGONA
Per me si strugge Trasimede, o Dio!
Ma se amarlo non posso,
E che mai far degg'io?
Ad un oggetto solo è il cor costante,
E Admeto è quello, per cui vivo amante.

13. Aria
E per monti, e per piani, e per selve,
Tra bruti e tra belve
Io costante il mio ben seguirò.
Se pietà non ha poi di mie pene
L'amato mio bene,
Io per esso contento morrò.
(Parte)

Scena Quinta
(Admeto, ed Orindo con il ritratto)
ORINDO
Sire, da che bramasti
La cagion de' trasporti
Saper di Trasimede, io col pensiero
Rivolto a ricercarla, e a compiacerti,
Seguiva il Prence, e nel seguirlo al fine
Conobbi, ch'era questa.
(Gli porge l'immagine di Antigona)
L'immago di colei, per cui sospira;
Antigona la chiama,
morta la crede, e in vita ogn'or la brama.
ADMETO
Come l'avesti?
ORINDO
Immerso nel suo duolo,
Vanne Antigona al suolo,
Ei disse, e la gettò: io non veduto
La raccolsi, e qui venni.
ADMETO
Assai di lei più vago,
Ha il volto suo questa bizzarra immago;
D'Antigona non è, che Trasimede
Un tempo già l'effigie sua mi diede.
ORINDO
Forse di qualche bella,
Ch'ha d'Antigona il nome egli sarà.
ADMETO
E si sprezza così tanta beltà?
Vanne, Orindo, ed osserva,
Come facesti, il Prence; e torna quando
Credi saper di lui.
ORINDO
Legge è il commando.
(Parte)
ADMETO
Dove mi trasportate,
Vanità di pensieri!
Ad Alceste tornate,
E col pensier mirate
Tra l'ombre il mio bel sole.
Deh, torna, o invitta prole
Del Monarca del Ciel, tornami, o Dio!
Alceste il mio tesor, l'idolo mio.

14. Aria
Sparite, o pensieri,
Se solo volete,
Tiranni e severi,
Ch'io peni così.
Se pur lo potete,
Rendete l'oggetto,
Che grato diletto
Mi diè notte e dì!

Scena Sesta
(Mentre Admeto sta per entrare in scena, vien sopraggiunto da Antigona e Meraspe; Trasimede li osserva in disparte)
ANTIGONA
Ecco chi tanto adoro.
MERASPE
A lui ti scuopri.
ANTIGONA
Io vado.
(S'inginocchia a' piedi del Re)
Signor, già che la sorte a me ti guida,
Umil qual sono anch'io, bramo inchinarti:
Qui nel real giardino,
Di queti fior la cura a me fu data.
ADMETO
Ergiti, o bella; approvo
In te la scelta.
(La solleva da terra)
ANTIGONA
Ahi! troppo,
Troppo mi onori, o Sire.
(Admeto osserva il ritratto, e poi Antigona)
TRASIMEDE
Che vedo! Tra le braccia
Del Re la bella mia!
ADMETO
Dimmi, chi sei?
ANTIGONA
Rosilda m'appello,
e figlia son di quel pastore.
(Accennando Meraspe)
ADMETO
Conosci questa effigie?
ANTIGONA
Sì, mio Sire; la vidi
In mano a Trasimede:
Questa è quella per cui
Egro d'amor delira;
E d'Antigona morta
La perdita fatal piange, e sospira.
ADMETO
Che parli tu d'Antigona?
ANTIGONA
Racconto quanto so.
ADMETO
La vedesti?
ANTIGONA
Su le Trojane arene
Già tempo è, il piè portai;
Vidi quella infelice, e l'ammirai.
ADMETO
Come sai, che di lei
Sia Trasimede acceso?
ANTIGONA
Lo so, perchè sovente
Antigona mi chiama,
Perchè forse assomiglio a quel ritratto;
E la sua fiamma scopre e il suo tormento.
ADMETO
Che ascolto? Ah Trasimede,
Il tuo fallo comprendo,
La tua fiamma discuopro
E la tua frode intendo.
D'Antigona invaghito
Da Troja mi portasti
L'effigie d'altra donna, e m'hai tradito.
ANTIGONA
(Fra sè)
Numi del ciel, che sento!
TRASIMEDE
L'immago, che poc'anzi al suol gettai
La mia frode ha svelata:
Farò ben io, che resti al Re involata.
(Parte)
ADMETO
Se l'aura tu respiri
Degli Elisi beati,
Antigona, condona
Il mio commesso errore:
Al tribunal d'amore
Non m'accusar d'ingrato,
M'ingannò Trasimede.
ANTIGONA
(Fra sè)
Ah scelerato!
ADMETO
Stimi Antigona morta?
ANTIGONA
In mezzo alle armi
Da ferro ostil restò svenata in corte:
Ma se viva qui fosse,
Or che disciolto, sei,
Seco celebreresti
I promessi imenei?
ADMETO
Non so ciò che farei.
(Parte)
ANTIGONA
Non so ciò che farei? Duqneu si poco
M'amasti, traditor?
MERASPE
O Principessa,
Perché non ti scopristi?
ANTIGONA
Perché ancor non è tempo.
MERASPE
Forse nociva a te sia la tardanza?
ANTIGONA
In mar d'affanni assorta,
Meraspe, io vedo già la mia speranza.

15. Aria
Da tanti affanni oppressa
Talor dico a me stessa:
Vivere tu non puoi, misera amante.
Par che il confermi amore,
Dicendo, che dal core
Partirà solo il duol, con l'alma errante.
(Partono)

Scena Settima
(Bosco. Ercole, ed Alceste travestita da guerriero)
ERCOLE
A qual fine, o Regina,
Sotto guerriero ammanto il sen copristi?
ALCESTE
Ercole, del mi core
Vo' scoprirti gli arcani.
Sappi, che questi arnesi
Vestirmi fece gelosia d'amore.
Se il consorte adorai,
Tu il vedesti, e lo sai.
Or, che mercé della tua destra invitta
Dall'abisso alla luce io son tornata,
Vo' scoprir, se nel cor del mio consorte
Ver me spento è il suo amor con la mia morte.
ERCOLE
Credimi, che doglioso
Il tuo fato deplora,
E il nome tuo va proferendo ogn'ora.
ALCESTE
S'ei mi piange dirò,
Ch'egli è il primo marito,
Che vedovo restando
Fra tormentose voglie
S'abbia veduto a lacrimar la moglie.
ERCOLE
Ah, come al tuo apparir, tosto il vedrai,
Nascergli d'improvviso
La gioia al core, e al mesto labbro il riso.
ALCESTE
Deh, contentati Alcide
Pria di me, recondurti entro la Reggia
Ove giunto dirai, che in van per me calcasti
Le vie d'abisso, e che non mi trovasti.
ERCOLE
Alla trista novella
L'eccessivo dolor potria svenarlo.
ALCESTE
Sarò presta al soccorso, e a risanarlo.
ERCOLE
Già che così t'aggrada,
Parto, Alceste, a servirti.
(Parte)
ALCESTE
Starò poco a seguirti.

16. Aria
Gelosia spietata Aletto,
Meco uscisti dall'inferno,
E m'entrasti a forza in petto
per affligger questo cor.
Ti vorrei scacciar dal seno,
Ma non ho vigore bastante;
Chi non prova il tuo veleno,
No, non sa, che cosa è amor.
(Parte)

Scena Ottava
(Admeto solo)
ADMETO
Quivi tra questi solitari orrori,
Lontan dall'altre cure
Vengo a sfogar gl'interni miei dolori.
Admeto, e che farai?
Fra l'ombre della notte
Quando tutto s'oblia
Per doppio foco l'alma tua s'affanna.
La sorte ti condanna,
Di due belle, che estinte
Già negli Elisi son, d'essere amante:
Dove trarrai le piante
Per trovare il tuo bene?
Si il trovi poi, chi ti trarrà di pene?
Ah! Che se abbraccio Alceste,
Antigona disprezzo,
E al mio cor, benché avezzo
A penar sempre, un tal dolor è troppo.
Giusti Numi del ciel, se deste aita
A questa afflitta vita,
Fate, che il duolo abbia in me fine omai.
Admeto, e che farai?

17. Aria
Ah, sì, morrò,
E allor potrò
Dividere quel cor,
Che in vita è poco.
Cosí nel doppio amor
All'una e l'altra bella
Risplenda una facella
In doppio foco.
(Parte)

Scena Nona
(Antigona condotta a forza da soldati e Trasimede)
ANTIGONA
Lasciatemi, o felloni!
Voi nell'opre imitate
I barbari pirati, empi ladroni!
TRASIMEDE
Incolpa, o bella, incolpa
In te la somiglianza,
Che d'Antigona porti,
E non l'offese mie, non i miei torti.
ANTIGONA
Quest'è l'amor, la fede
Che ad Antigona serbi?
TRASIMEDE
(Fra sé)
O rimproveri giusti, o mia mancanza!
(Forte)
Per vana somiglianza
Dovrò rendermi infido?
Resta in pace, Rosilda, e se t'offesi
Di già pentiti i sensi miei son resi.
(I soldati lasciano Antigona, ed ella si ritira)

Scena Decima
(Trasimede, a cui giunge un paggio che gli presenta un ritratto; ed Antigona in disparte)
ANTIGONA
Questo dunque è il ritratto
Che per me tu involasti
Dal real gabinetto?
(Guarda il ritratto.)
Ma che vegg'io? Questa non è l'immago
D'Antigona il mio bene,
Ma l'immago del Re; prendila, o stolto,
E ritornala in corte!
Anche un bene dipinto
Mi contende la sorte.
(Nel partire che fa il paggio con il ritratto del Re, le cade disavvedutamente)

18. Aria
Chi è nato alle sventure
Non puó mai ritrovar
Conforto o pace.
Incontra ogn'or sciagure,
Né il ben sa mai trovar,
Se parla, o tace.
(Parte)

Scena Undicesima
(Antigona sola, e poi Alceste)
ANTIGONA
Il ritratto d'Admeto
Ha nel corso perduto il servo incauto;
Non è poco, o fortuna,
Che in mano mi presenti
Il ritratto gradito
Di colui, che nel cor porto scolpito.
O caro Admeto, o idolatrato volto!
(Entra Alceste)
ALCESTE
(Fra sé)
O caro Admeto!
Chi è costei, che ascolto?
ANTIGONA
Amor lo sa, quanto, o mio ben, t'adoro;
Lasciate, chi'io vi baci,
Adorate sembianze, ond'io mi moro.
ALCESTE
Costei sopra il ritratto
Del Rege mio consorte
Va gemendo così per darmi morte.
ANTIGONA
Chi m'osserva?
ALCESTE
Un guerriero,
Che le tue voci udì.
ANTIGONA
Chi è trafitta d'amor, parla così.
ALCESTE
(Fra sé)
(Resisti, o cor!)
(Forte)
Deh, dimmi: ami tu quell'aspetto?
ANTIGONA
Io l'amo, è vero,
E se ben mel contese
Il destino severo,
Spero che un dì la sorte
Mel conceda in cosorte.
ALCESTE
(Fra sé)
Questo è troppo!
(Forte)
Chi sei?
ANTIGONA
Dell'esser mio non posso
Darti notizia alcuna;
Sol ti dirò, ch'io sono
Uno scherzo del fato, e di fortuna.
ALCESTE
E dove abiti?
ANTIGONA
In corte.
ALCESTE
(Fra sé)
Mai non la vidi.
(Ad Antigona)
A' tetti tuoi ritorna.
ANTIGONA
Addio.
ALCESTE
Va in pace; ah, no!
Fermati, ascolta, dimmi:
Ami il Tessalo Re?
ANTIGONA
Di lui m'accesi.
ALCESTE
E speri tu di conseguirlo in sposo?
ANTIGONA
Più non mi chieder no, più dir non oso.

19. Aria
La sorte mia vacilla
Come scintilla in ciel
Tremula stella;
Talor s'oscura, e poi
Spargendo i raggi suoi
Appar più bella.
(Parte)

Scena Dodicesima
ALCESTE
Quest'è dunque la fede,
Che mi serba colui, per cui già volsi
Perder la propria vita?
Ingratissimo Re, empio consorte!
Ma che deliri, o Alceste?
Forse involò costei l'effigia amata
E s'infinge così,
Per nascondere a me, che l'ha rubata.

20. Aria
Vedrò fra poco
Se l'dol mio
Cangiò desio,
O se costante
Ei pur m'adora
Qual m'adorò.
Poi s'egli a giuoco
Prende il mio affetto,
A suo dispetto
Costante ancora
Io l'amerò.

ATTO TERZO

Scena Prima
(Cortile. Admeto, e poi Meraspe, ed Orindo)

21. Arioso
ADMETO
A languire ed a penar
M'ha destinato Amor.
MERASPE
Ah! Sire, imploro alle pianti reali
D'Astrea la spada ultrice:
Antigona infelice...
ADMETO
Che lagrime son quelle
Che col nome d'Antigona confondi?
MERASPE
Questo mio core afflitto,
D'un oltraggiato onore
La vendetta ti chiede, o Sire invitto.
Incognita masnada...
ADMETO
E che mai sia?
MERASPE
Rosilda m'involò.
ORINDO
Io le lor colpe attesto
Che le vidi, e lo so.
MERASPE
Ma! Che dico Rosilda?
Antigona è colei, che fu involata;
Non permette l'offesa,
Ch'io la tenga, Signor, più a te celata.
ADMETO
Come? Antigona è viva?
MERASPE
È viva, sì.
ADMETO
O fortuna, che intendo?
MERASPE
Dopo la gran sconfitta
Da Ilio fuggì, e meco qui si trasse;
Figlia mia poi si finse, ed or che il fato
T'ha di moglie privato,
La misera sperava,
Col divenir tua sposa
Tra felici contenti
Dar tregua a' suoi tormenti.
ADMETO
Destin, che udir mi fai?
Ergiti pure: Orindo,
(Meraspe si leva da terra)
Vanne con questa scorta
A rintracciar d'Antigona i vestigi
E qui con essa i rei ben tosto apporta.
ORINDO
Deggio pria dirti, o Sire,
Ch'è la voce comun, ch'Ercole invitto
Sia da Stige tornato.
ADMETO
È solo, o accompagnato?
ORINDO
Alcun seco non è.
ADMETO
Vanne, ubbidisci, poi ritorna a me.
(Orindo parte)
Qual'è il tuo vero nome?
MERASPE
Io son Meraspe.
ADMETO
Ben te udii ricordar: la tua richiesta
Adempita sarà; ma in corte resta.

22. Aria
MERASPE
Signor, lo credi a me,
Ti serba amore, e fe,
E ogn'or per te sarà
Fida e costante.
Giammai più fido amor
Si vide entro d'un cor
Di quel che a te donò
quell'alma amante.
(Parte)

Scena Seconda
(Admeto solo)
ADMETO
Amor, qual nuova fiamma
Mi risvegli nel core?
Che vaneggio? Sì tosto
Perdo d'Alceste mia
La memoria, e l'ardore?
Ma che? Dovrò lasciare
Ad un lascivo in preda
Soggetto a sozzi baci,
Quella beltà, ch'alle mie nozze aspira?
No no, m'arda nel petto
Se non fiamma d'Amore incendio d'ira.

23. Aria
La tigre arde di sdegno,
Se perde il caro pegno,
Ma se lo trova poi,
lo stringe al petto e annoda,
e ogn'or godendo va.
La tortora si lagna,
Se persa ha la compagna,
Se la rivede poi,
La voce al canto snoda
E seco in gioia sta.

Scena Terza
(Mentre Admeto vuol partire, viene da Ercole incontrato)
ERCOLE
Dalla Reggia dell'ombre
Ritornato alla luce, a te m'inchino.
ADMETO
Tra le braccia ti accolgo; e qual novella
D'Alceste mia m'arrechi?
ERCOLE
Tra gli orrori più ciechi
Dell'impero Tartareo il piè portai;
Ma tra quell'ombre invano
Alceste tua cercai.
Fra l'alme a Giove amiche
Goder deve gli Elisi, ove il Tonante,
A me negando il passo,
Non mi permesse il poter gir più innante.
ADMETO
Cara Antigona mia,
Pugnano a tuo favore
Il ciel, la sorte, e amore.
ERCOLE
(Fra sé)
Par che nulla si turbi al finto avviso.
ADMETO
Grazie ti rende, Alcide,
Di quanto per me oprasti;
Il tuo invitto valor sempre ammirai
E appresso tante illustri
Tue famose fatiche
Anco aggiunger di più questa potrai.
(Parte)
ERCOLE
Parte il Re, né rimiro
Segno alcun di tristezza in lui raccolto;
Né pure un sol sospiro
Trasse al mio dir, né si turbò nel volto.
Che vicende son queste?
Ah! Con ragion vive gelosa Alceste.

24. Aria
ERCOLE
Amor è un tiranno,
Che ai sensi fa guerra,
Possente gli atterra
Per vaga beltà.
Aggiunge all'affanno
Geloso tormento,
E un solo contento
Già mai non le dà.
(Parte)

Scena Quarta
(Piazza. Antigona, poi Alceste)

25a. Aria
ANTIGONA
O Dio! Non formo passo
Che in contemplar quest'adorata immago
Non dia qualche conforto al mi cor lasso.
Si, ti bacio, o bella immago
Del mio vago idolo mio...
Ma, o Dio!
(Entra Alceste, e le toglie a forza il ritratto di mano)
ALCESTE
Labbro vile ed indegno,
Ch'a un effigie real tenti accostarti,
Io dovrei castigarti;
Ma perché tu rubasti
Con sacrileghi baci
Qualche piccolo raggio
Di maestade a questa regia immago,
Perciò con cor devoto
Venerare a me tocca
Anche l'indegno error della tua bocca.

Scena Quinta
(Orindo con soldati, e dette)
ORINDO
Olà, soldati! Ecco qui il rapitore
Con Antigona unito;
A lui si tolga il brando!
A voi tocca l'impresa, a me il commando.
(Il soldati circondano Alceste, e l'incatenano.)
ALCESTE
Temerari, che fate?
A me catene? A me?
ORINDO
Così commanda il Re, pronto ubbidisci.
ANTIGONA
Impara ad oltraggiarmi
Con aspra villania;
Si castiga così la tua pazzia.
(Disdegnosa gli toglie di nuovo dalle mani il ritratto.)

25b. Aria
Io ti bacio, o bella immago
Del mi vago idolo mio;
Or con te vado a far pago
Il costante mio desio.
(Parte)

Scena Sesta
(Ercole, Alceste incatenata, ed Orindo)
ERCOLE
Che veggio, o ciel, che veggio?
Alceste prigioniera?
Ah, sacrileghi indegni.
(Alza la clava)
ORINDO
Ferma, signor, che fai?
ERCOLE
E tanto ardire avete
D'incatenar nobil campion sì degno?
ORINDO
Il Re così commanda.
ERCOLE
Olà! Sciogliete
(I soldati sciogliono Alceste.)
Gli empi legami, ed ad Admeto dite,
Ch'io rispondo di lui; su via, partite.
(Parte Orindo con le guardie)
ALCESTE
Non mi conobbe Orindo
Sotto il guerriero arnese;
Ma penetrar non seppi
L'alta cagione, onde prigion me rese.
ERCOLE
Portati, Alceste, in corte,
E stupita vedrai
Negli affetti mutato il tuo consorte.
ALCESTE
Come?
ERCOLE
S'io non m'inganno,
Temo, che tu gli scuopri
Nuovo incendio al cor nato a tuo danno.
ALCESTE
Questa nuova m'uccide; e da qual fonte
Son prodotti i miei guai?
ERCOLE
Vieni in corte, e il vedrai.
(Parte)
ALCESTE
Ah! Con ragione il core
Da gelosia crudel vien tormentato;
Ma con giusto rigore
Io schernirla saprò, Admeto amato.

26. Aria
Là dove gli occhi io giro
E l'erba, e i fior rimiro
Farsi più vaghi e belli,
Perché il mio ben fra lor
Mosse le piante.
Ogn'aura e dolce vento
A me porge contento,
E il canto degli augelli
Par, che a me dica ogn'or:
Egli è costante.
(Parte)

Scena Settima
(Sala regia. Meraspe, Trasimede, e poi Antigona)
MERASPE
Prence, meco gioisci;
Antigona è tornata;
È nella Reggia, e in questo lieto giorno
Darà l'ultimo fine ai suoi dolori.
TRASIMEDE
E come?
MERASPE
Per la corte
Una voce s'è sparsa
Ch'oggi Admeto la prende in cosorte.
TRASIMEDE
(Fr asè)
Misero Trasimede!
MERASPE
Ma vedi, ella qui viene:
Meglio da lei sapremo
L'evento del suo fato.
(Antigona entra)
ANTIGONA
(Fra sè)
Qui vengo a rivederti, Admeto amato.
MERASPE
Antigona felice, e fortunata,
Dopo fieri contrasti
La tua sorte crudel s'è al fin placata.
TRASIMEDE
Antigona tu sei?
ANTIGONA
Sì; quella sono.
TRASIMEDE
Concedi a me 'l perdono
Delle trascorse offese.
ANTIGONA
Odio serbar non so per il germano
Dell'idol mio che adoro.
TRASIMEDE
Ed è ver che mi lasci?
(Fra sè)
Ah cieli, io moro.
ANTIGONA
Prence, deh, ti consola;
Amo chi sempre amai; da me t'invola.
TRASIMEDE
Cruda, perfida, ingrata;
Così dunque mi lasci? Ah! Sì, spietata,
Tu mi vedrai morir, se non ottengo
Quella, ch'io tanto bramo.
ANTIGONA
E che ci posso far? Meraspe, andiamo.
(Vuol partire)
MERASPE
Datti pace, signor.
TRASIMEDE
(Ad Antigona)
Da me, tu parti?
ANTIGONA
Sì, lo sposo m'attende.
TRASIMEDE
S'egli a me ti contende,
Saprà punire il cielo
L'oltraggio ch'ambi fate all'alma amante;
E poi tu mi vedrai spirarti avante.

27. Aria
ANTIGONA
E che ci posso far
Se non ti posso amar?
Tu piangi, tu peni,
La colpa mia non è
Se ad altri diedi il cor.
Consolati chi sa:
Ritrova altra beltà,
Che fida più di me
Apprezzi un tanto amor.
(Partono Antigona e Meraspe)
TRASIMEDE
Mie speranze abbattute,
Dove, dove ne andrete,
Dal destino tradite, e dalla sorte?
Ma per qual causa incolpo
Del detino i rigori? Ah, che il germano
Solo causa il mio mal; empio inumano.

28. Aria
Armati, o core,
Di cieco sdegno!
Sveni l'indegno
Fiera impietà.
Già so che amore
Dentro il suo regno
Legge non ha.

Ma giunge il Re; da questa parte ascoso
Al varco attenderò l'empio rivale;
Darà la morte sua fine al mio male.
(Si ritira)

Scena Ottava
(Admeto, Antigona, e Trasimede ed Alceste in disparte)
ADMETO
Vieni, Antigona mia, deh vieni, e godi
Ad onta delle frodi
Di Trasimede; in questo giorno il fato
Sul trono di Tessaglia,
Caro ben, ti destina,
Mia sposa, e mia Regina.
ALCESTE
(Fra sè)
Occhi miei, che mirate!
ANTIGONA
Sospirato idolo mio.
TRASIMEDE
(Fra sè)
Più soffrir non poss'io.
ADMETO
Dolce foco gradito.
ALCESTE
(Fra sè)
Cari vezzi d'amor, gentil marito.

29. Duetto
ADMETO, ANTIGONA
Alma mia, dolce ristoro,
Io ti stringo/io t'abbraccio in questo sen.
Dolce e caro è ogni martoro,
Se ritrovo il caro ben.
(Trasimede va per ferire Admeto)
TRASIMEDE
(Fra sè)
Muori.
(Ed incontrandosi con Alceste, ella gli toglie il ferro di mano)
ALCESTE
Fermati, iniquo.
(Trasimede parte inosservato)
ADMETO
Ah, traditore!
(verso Alceste)
Contro me tanto ardir? Olà!

Scena Nona
(Orindo con tutte le guardie)
ORINDO
Signore.
ADMETO
Sia arrestato costui.
ANTIGONA
Ah, scelerato.
(Le guardie circondano Alceste per condurla via)
ALCESTE
Dalla regia presenza,
Empi, non mi togliete.
ADMETO
A me lo conducete.
Che miro, o ciel!
ALCESTE
Di che stupisci, ingrato?
Temi forse, infedel, che questa destra
Che per darti salute,
Con un colpo dal sen l'alma si trasse,
Contro te infellonita
Machinato in tal punto abbia a tua vita?
ADMETO
Veglio, sogno, o vaneggio!
Alceste!
ANTIGONA
Alceste?
(Fra sè)
O Dio! Sua consorte è costei.

Scena Decima
(Ercole, e detti)
ERCOLE
Opportuno qui giungo.
ALCESTE
Ombra o Re qui non vengo; Alceste io sono,
Metii spoglie virili.
ERCOLE
Ed io miei detti.
ALCESTE
Così a fingere teco io lo pregai,
E qui a tempo arrivata
Di serbarti la vita,
Di mano a Trasimede
Questo ferro involai.
ADMETO
Ah! Dov'è l'empio?
ALCESTE
Fuggì.

Scena Ultima
(Trasimede, e detti)
TRASIMEDE
No, no, signor, son qui;
Castiga, pur castiga,
Un mostro di furore,
Agitato da amore.
(S'inginocchia)
ADMETO
Oggi è giorno di gioia,
Non si funesti, no, con l'altrui morte.
(Lo leva da terra.)
Io ti perdono. In me vuol sol la sorte
Che rimanga il dolore in tanta gioia.
Antigona, Alceste: o cielo! O stelle!
Chi di voi seguirò?
Qual di voi lascierò?
ALCESTE
(Fra sè)
Antigona è costei? Numi, che ascolto?
ANTIGONA
No, signore; ad Alceste
Devi la vita; ad ella io debo ancora
La vita tua, che preservò due volte:
Si conservi fra noi salda memoria
D'un atto illustre. Alceste,
Cede a un fervido amor, l'amor di gloria.
(Prende Alceste per mano, e la presenta ad Admeto)
ALCESTE
Generosa rivale.
ADMETO
Chi vide mai alma più bella in terra?
ANTIGONA
Stringi la sposa, Admeto;
Indi saper mi basta,
Che non è amor, quel che a virtù contrasta.
ALCESTE
La gioia in me si avanza.
TRASIMEDE
Comincia a ravvivarsi in me speranza.

30. Aria
ALCESTE
Sì caro, sì,
Ti stringo al fin così
Nel seno amato.
Non dà più gelosia
Tormento all'alma mia,
Nè al sen piagato.
ADMETO
Ad Alceste la vita, a te l'onore
Devo Antigona bella,
Ambe impresse vi avrò sempre nel core.

31. Coro
Se un core è contento
Non sa più bramar,
Né fa più il tormento
Un alma penar.

(1) Testo tratto dal programma di sala della Fondazione Teatro La Fenice,
Venezia, Teatro Malibran, 9 ottobre 2009


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Ultimo aggiornamento 10 gennaio 2016