Fra Holbergs tid (Dai tempi di Holberg)

Suite in stile antico - versione per archi, op. 40/1

Musica: Edvard Grieg (1843 - 1907)
  1. Preludium - Allegro vivace
  2. Sarabande - Andante espressivo
  3. Gavotte - Allegretto
  4. Air - Andante religioso
  5. Rigaudon - Allegro con brio
Organico: orchestra d'archi
Composizione: 1884
Edizione: Peters, Lipsia, 1885

Confronta al n. 40 la versione originale per pianoforte
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Grieg contribuì notevolmente alla conoscenza e alla diffusione in Europa della musica popolare norvegese, di cui riuscì ad esprimere i sentimenti più intimi e crepuscolari con freschezza di immagini e naturalezza di linguaggio armonico, quasi preannunciando a volte certe soluzioni e tendenze musicali moderne, specialmente impressionistiche. È vero che nella sua produzione pianistica e liederistica si risentono evidenti richiami schumanniani e mendelssohniani (Grieg perfezionò per quattro anni gli studi di composizione al Conservatorio di Lipsia), ma ciò non toglie che il canto elegiaco e delicato di questo fantasioso miniaturista nordico rimanga profondamente legato ai temi della sua terra. Volendo rimanere nell'ambito di una classificazione pittorica, si può dire che Grieg sia un acquarellista, capace di fissare con pochi tratti essenziali il colore di un paesaggio e lo stato d'animo di un personaggio. I suoi momenti artistici migliori non vanno perciò ricercati nelle opere più ambiziose, quelle modellate sulla forma obbligata della Sonata e del Quartetto, bensì nella pagina breve e concentrata, di pronta immediatezza descrittiva ed evocativa di atmosfere intrise di un lirismo suggestivo e perfino struggente. Tanti pezzi simili eppure diversi, puntualizzati in un'accurata scelta di soggetti, annotati rapidamente e armonicamente variati: proprio secondo la poetica di bozzetto e del quartetto naturalistico.

Conoscitore attento e scrupoloso della letteratura romantica europea e studioso delle raffinatezze strumentali di Wagner e di Liszt, Grieg non può classificarsi come un imitatore di stili altrui e seguace di mode estrane allo spirito del folclore norvegese. Egli fu un melodista eccellente e di inesauribile gusto inventivo: lo dimostrano alcuni dei sessantasei Pezzi lirici per pianoforte, numerosi Lieder per voce e pianoforte e soprattutto il rapsodico Concerto in la minore per pianoforte e orchestra e le due incantevoli, anche se disuguali, suites del Peer Gynt ibseniano, dove sono racchiuse gemme musicali di alto valore strumentale e di penetrante effetto timbrico, come "La morte di Ase", la "Danza di Anitra" e la stupenda "Canzone di Solveig", di pungente effetto psicologico e di straordinario lirismo poetico.

Anche la Suite per archi op. 40 ha il suo fascino espressivo e non si discosta dal sentimentalismo terso e fragrante tipico della personalità artistica di Grieg. Il brano fu composto nel 1884 e vuole essere un omaggio allo scrittore e uomo di teatro Ludvig Holberg, vissuto tra il 1684 e il 1754 e ritenuto personaggio centrale della letteratura danese del suo tempo, tanto da essere definito il Molière del Nord. Le sue commedie e la sua produzione drammatica piuttosto rilevante non ebbero larga diffusione né rinomanza in Inghilterra, in Francia e in Italia, mentre raccolsero durevoli successi in Germania, in Olanda e, naturalmente, nei paesi scandinavi. Grieg ebbe stima per questo autore che era nato nella sua stessa città e per il suo teatro dalle venature ironiche, satiriche e popolaresche e nella Suite ha voluto disegnare, come un prezioso medaglione, cinque momenti musicali nello stile settecentesco, quasi a rievocare in sintesi il clima sorico dell'epoca di Holberg. La composizione si apre con un Preludio su ritmi di fanfara, una specie di intrada (in francese entrée) con andamento simile alla marcia. Seguono poi una solenne Sarabande e una graziosa e piacevole Gavotte, due tipi di danza molto diffusi nel Settecento. Il momento più intensamente espressivo della Suite è l'Aria, così contemplativa, nella sua assorta e pensosa linea melodica mentre il Rigaudon, danza di origine provenzale, conclude in maniera spigliata e brillante il lavoro di Grieg di gusto vagamente naìf nella sua misurata rivisitazione dell'antico rococò.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Più che nella grande forma sinfonica, Edvard Grieg espresse la sua originalità nel breve respiro delle composizioni per pianoforte, nonché in varie raccolte di canti popolari norvegesi e nella suite che qui presentiamo: Dai tempi di Holberg op. 40. Il nome evocato nel titolo appartiene a Ludvig Holberg (1684-1754) letterato nato in Norvegia ma danese per lingua e cultura, iniziatore del moderno teatro nordico. Molte sue opere vennero tradotte e divulgate in Europa meritandogli l'appellativo di "Molière del Nord". Nel 1884, in occasione del bicentenario della sua nascita, a diversi compositori, fra i quali lo stesso Grieg e Niels Gade, vennero commissionate opere commemorative. Il contributo di Grieg si concretizzò in una suite per pianoforte, Dai tempi di Holberg, che richiamava le forme e le sonorità dell'epoca barocca. Pochi mesi più tardi, nel 1885, Grieg scrisse a un amico dicendogli di aver completato la trascrizione della suite per orchestra d'archi («suona piuttosto bene»).

In questa pagina Grieg, tanto nell'originale per pianoforte quanto nella riuscitissima trascrizione per archi, si ispira alle forme e allo stile de! barocco, a partire dal Praeludium iniziale, basato su un movimento ritmico in semicrome ribattute (violini e viole), come nei preludi per clavicembalo del Settecento. Il tema principale, esposto dai violini primi, è una delicata melodia discendente che sembra venire da lontano. Dopo un episodio con carattere di sviluppo Grieg presenta un nuovo tema, una sorta di trasfigurazione di quello principale, esposto dai violini sopra i pungenti pizzicato delle viole. La ripresa del movimento ritmico iniziale prepara il ritorno del tema principale e la cadenza conclusiva.

Il tema principale della Sarabande, raccolto e intimo, dà il carattere a tutto il movimento. Solo nella seconda parte il discorso musicale si va animando, con uno sviluppo del tema principale che passa attraverso dolcissime modulazioni tipiche di Grieg. Un breve episodio solistico di transizione, affidato a tre violoncelli e un contrabbasso, porta alla ripresa del tema principale, ora fortissimo e a tutta orchestra.

La Gavotte, danza elegante e raffinata, ci viene presentata da Grieg con garbo sapiente: il tema principale dalle movenze delicate, viene esposto pianissimo da violini secondi e viole e poi ripreso forte da tutta l'orchestra. A questo motivo si alternano due episodi contrastanti seguiti dalla Musette, che imita il suono di una piccola cornamusa: sopra un lungo bordone dei violoncelli, il tema di musette viene esposto prima dalle viole, poi dai violini. Un nuovo spunto motivico, proposto dai violoncelli e ripreso dai violini secondi, conduce poi a una perorazione orchestrale basata su una progressione discendente. Regolari, come da prassi settecentesca, la ripresa della Musette e la ripetizione della Gavotte senza ritornelli.

L'Air è il movimento più intenso della suite e ricorda molte analoghe pagine bachiane. Il tema principale, vibrante e contemplativo allo stesso tempo, viene esposto dai violini primi sopra il delicato accompagnamento di violini secondi e viole, mentre i bassi appoggiano i tempi forti in pizzicato. Poi il discorso si «apre» alla tonalità maggiore in un episodio che tocca il culmine dinamico della pagina. Nella ripresa il tema principale viene affidato ai violoncelli e ricamato espressivamente da una linea cromatica affidata ai violini.

La suite si conclude con una spiritata danza, il Rigaudon, caratterizzata da due motivi che si alternano: il primo, gioioso e vibrante, viene condotto dai violini e scandito ritmicamente dal pizzicato dei bassi, mentre il secondo, in tonalità minore, è un nostalgico motivo discendente affidato a violini e viole.

Alessandro De Bei


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 4 marzo 1988
(2) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 206 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 8 luglio 2017