Gounod, per Maurice Ravel, è «le véritable instaurateur de la mélodie en France [...], qui a retrouvé le secret de la sensualité harmonique perdue depuis les clavecinistes». Nientemeno! Ma c'è il rischio che con una presentazione del genere ci si attenda troppo - o ci si attenda almeno una sostanza di immaginazione musicale e di stile che in molte mélodies, neppure nelle più gentili, graziose, languide (e sono molte), non possiamo trovare. Tra i suoi quaranta e i cinquanta anni (era nato nel 1818, il Faust, che gli dette celebrità mondiale, è del 1859, Roméo et Juliette, che la confermò, è del 1867) Gounod fu una delle glorie della Francia, e dei suoi salotti (era ammirato e benvoluto da Pauline Viardot, per la quale aveva scritto l'opera Sapho, nel 1851). Poi i tempi e i gusti cambiarono (anzi, erano già cambiati) sì che il successo si allontanò da lui. Continuò, certo, a scrivere, melodrammi (ma i suoi ultimi sono dimenticati del tutto), oratori, perfino sinfonie (la Terza è del 1888), ma scrisse soprattutto mélodies, e la maliconia dei ricordi gli dettò gli accenti più dolci e delicati - chiari, discreti, privi affatto di enfasi. E anche originali nella forma e nel disegno melodico, che tende a liberarsi dai vincoli della scansione metrica, spesso ripetitiva, del verso francese. Così è in Venise (di epoca giovanile, ma rivista nel 1855), nella quale l'arco melodico e la frequenza delle modulazioni disarticolano il testo e lo ricompongono secondo la loro natura.
Franco Serpa
VENISE | VENEZIA |
Dans Venise la rouge Pas un bateau qui bouge Pas un pêcheur dans l'eau Pas un falot.
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Nella rossa Venezia, non una barca che si muova, non un pescatore sull'acqua né un fanale.
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La lune qui s'efface Couvre son front qui passe D'un nuage étoile Demi-voilé.
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La luna che si nasconde copre il suo volto di una nuvola stellata un po' velata.
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Tout se tait, fors les gardes Aux longues hallebardes Qui veillent aux crémaux Des arsenaux.
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Tutto tace, tranne le guardie dalle lunghe alabarde, che vegliano sui merli degli arsenali.
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-Ah! Maintenant plus d'une Attend, au clair de lune, Quelque jeune muguet, L'oreille au guet.
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Ah! Ora più d'una aspetta, al chiaro di luna, un giovane damerino, con gli orecchi ben
aperti. |
Sous la brise amoureuse La Vanina rêveuse Dans son berceau flottan Passe en chantant;
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Sotto la brezza d'amore la sognante Vannina nella sua culla natante passa cantando; |
Tandis que pour la fête Narcisse qui s'apprête Met, devant son miroir, La masque noir.
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E intanto per la festa Narciso si prepara e mette, davanti allo specchio, la maschera nera.
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Laissons la vielle horloge, Au palais de vieux doge, Lut conter de ses nuits Les longs ennuis.
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Lasciamo il vecchio orologio, al palazzo del vecchio doge, contare la lunga noia delle sue notti.
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Sur sa mer nonchalante Venise l'indolente Ne compte ni ses jours Ni ses amours.
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Sul suo mare indifferente Venezia l'indolente non conta né i suoi giorni né i suoi amori.
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Car Venise est si belle Qu'une chaîne, sur elle Semble un collier jeté Sur la beauté.
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Perché Venezia è così bella che una catena, su di lei, sembra una collana, adagiata sulla bellezza.
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