Le stagioni, op. 67

Balletto in un atto

Musica: Aleksandr Glazunov (1865 - 1936)
Libretto: Marius Petipa
  1. Prélude
Tableau I - L'Hiver
  1. Scène de l'Hiver
  2. Variation du givre
  3. Variation de la glace
  4. Variation de la grêle
  5. Variation de la neige
  6. Coda
Tableau II - Le Printemps
  1. Entrée de Printemps, Zéphyre, les Fées des fleurs, les oiseaux et les fleurs
Tableau III - L'Été
  1. Scène de l'Été
  2. Valse des bleuets et des pavots
  3. La Barcarolle - Entrée des naïades, le satyres et des faunes
  4. Variation de l'Esprit du maïs
  5. Coda
Tableau IV - L'Automne
  1. Grande bacchanale des saisons
    a. Entrée des saisons
    b. L'Hiver
    c. Le Printemps
    d. Bacchanale
    e. L'Été
  2. Petit adage
  3. Variation du Satyre
  4. Coda générale
Apotheosis
  1. Apothéose: La Révélation des étoiles
Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi (2 anche corno inglese), 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, triangolo, piatti, tamburo basco, grancassa, tamburo militare, glockenspiel, celesta, pianoforte, arpa, archi
Composizione: 1900
Prima rappresentazione: San Pietroburgo, Teatro Imperiale, 20 febbraio 1900
Edizione: M. P. Belaieff, Lipsia, 1901
Guida all'ascolto (nota 1)

Glazunov godette di enorme stima e considerazione in patria, specialmente nel periodo precedente la prima guerra mondiale, e fu certamente il più eseguito compositore russo del suo tempo insieme a Ciaikovskij e a Rimski-Korsakov, che aveva scoperto le sue naturali doti di musicista e gli aveva dato lezioni di armonia. Ebbe una intensa attività artistica e pedagogica, così da diventare, come si dice abitualmente, una vera e propria autorità in campo musicale; fu direttore d'orchestra dal 1888, professore di composizione e strumentazione dal 1899 nel Conservatorio di Pietroburgo, di cui nel 1905 fu eletto direttore con voto unanime del consiglio degli insegnanti, conservando praticamente tale posto di alto prestigio fino al 1928, quando decise di lasciare definitivamente l'URSS e stabilirsi a Parigi con la moglie e la figlia adottiva. Dal 1904 Glazunov aveva inoltre assunto la responsabilità della rinomata casa editrice di Beljaev, che organizzava a Pietroburgo concerti di musica russa, promuoveva concorsi e premi per i musicisti più giovani e dotati, stampandone poi le composizioni che venivano diffuse anche all'estero e in particolar modo in Germania. Né va dimenticato il fatto che Glazunov scrisse l'ouverture del Principe Igor sui ricordi delle esecuzioni rese da Borodin al pianoforte e mai stese sul pentagramma e ricostruì l'intero terzo atto di quest'opera strumentata da cima a fondo da Rimski-Korsakov. E questo gli viene riconosciuto come un titolo di grande merito da tutti gli storici della musica, che forse non mettono in altrettanta evidenza il valore di Glazunov come musicista di larga e solida cultura (oltre al pianoforte suonava il violoncello, il clarinetto, il corno, il trombone e diversi strumenti a percussione) e come tecnico di notevole abilità armonica e contrappuntistica.

Di sicuro egli fu un tradizionalista della più limpida acqua e non un innovatore, come lo sarà invece il suo allievo Prokofiev, ma bisogna riconoscere che, al di là di un evidente eclettismo accademico, nella musica di Glazunov si dispiegano un gusto e una sensibilità di ineccepibile misura, aperte alle suggestioni dei canti e dei ritmi dell'arte popolare russa. Lo stanno a dimostrare il Concerto per violino e orchestra op. 82 (1903), il balletto in tre atti Raimonda (1898) e il balletto Le stagioni, che sono praticamente le uniche composizioni di questo autore che hanno resistito all'usura del tempo e qualche volta vengono riproposte all'ascolto del pubblico di oggi.

Le stagioni furono scritte per il Balletto imperiale russo e presentate il 7 febbraio 1900 a Pietroburgo con la coreografia di Mario Petipa, lo stesso che mise in scena Lo schiaccianoci e La bella addormentata nel bosco di Ciajkovskij. La partitura è molto descrittiva e presuppone una rappresentazione scenica danzante. Infatti nel primo movimento (L'inverno), dopo una breve introduzione orchestrale e un a solo del flauto su cui si alza il sipario, si ascoltano quattro piacevoli variazioni che stanno ad indicare e a personificare il ghiaccio, il freddo, la grandine e la neve. Si passa così da una vivace polonaise ad un ritmo di danza sostenuto dai clarinetti e dalle viole, per poi accennare ad uno scherzo degli oboi e ad un valzer di morbida melodiosità. Alla fine i vari temi si mescolano fra di loro (uno di essi ricorda quello del terzo movimento della Quinta Sinfonia di Ciajkovskij) e assumono uno spessore e un'ampiezza di largo respiro sinfonico.

Il secondo movimento (La primavera) ha una strumentazione improntata ad una varietà di timbri e di colori, per evocare la visione dei fiori, il canto degli uccelli e il soffio del vento Zefiro, espressi dai glissandi dell'arpa, dalla voce del clarinetto, dal canto dei violini, dallo staccato dei fiati, accompagnato dal pizzicato degli archi e dal suono del triangolo. Un valzer carezzevole e suadente introduce il terzo movimento (L'estate) e descrive l'ondeggiare del grano e dei papaveri in una estesa campagna. Sul ritmo di una barcarola appare un gruppo di Naiadi tra fresche e zampillanti acque; da una leggerissima tessitura strumentale emergono un a solo di clarinetto e il canto dei flauti, quest'ultimo indicativo della presenza dei satiri e dei fauni, antichi simboli della stagione più calda e assolata. Un esuberante baccanale contraddistingue l'ultimo movimento (L'autunno) diviso in due episodi orchestrali di brillante vivacità pittorica. Un breve adagio prelude al ritorno del baccanale e alla festosa apoteosi finale sotto la volta stellare, trapunta di costellazioni luminose e bene auguranti.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 6 luglio 1978


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Ultimo aggiornamento 23 febbraio 2017