Protagonista della scena musicale russa nei primi decenni del Novecento, Aleksandr Konstantinovic Glazunov (1865-1936) fu un importante didatta, direttore d'orchestra, compositore precocissimo (a sedici anni compose il suo Primo Quartetto per archi e la sua Prima Sinfonia, che fu diretta a Pietroburgo da Balakirev e a Mosca da Rimskij-Korsakov) e fecondo, attivo in tutti i generi musicali tranne l'opera. I suoi sette Quartetti per archi, le nove Sinfonie, i due Concerti per pianoforte e orchestra, il Concerto per violino furono considerati lavori esemplari dai suoi contemporanei, per la padronanza della grandi forme classiche e l'abilità nella strumentazione; i suoi tre balletti, Raimonda (1897), Le stagioni (1899) e La prova di Damis (1900) vennero subito annoverati tra i capolavori del balletto classico russo.
Nella sua produzione giovanile - ad esempio nel poema sinfonico Sten'ka Razin (1885), nella Sinfonia n. 2 (1886), nel Quartetto slavo (1888) - è evidente l'influenza della scuola nazionale russa, di Aleksandr Borodin e dei suoi maestri Balakirev e Rimskij-Korsakov, per la varietà dei colori strumentali, la fantasia armonica, gli echi del canto e delle danze popolari, ma anche per lo stretto legame con le leggende russe. Nella fase della maturità, Glazunov si rivolse invece ai modelli occidentali, sulle orme di Anton Rubinstejn e di Pètr ll'ic Cajkovskij, ispirandosi in particolare a Brahms (non a caso fu da molti definito «il Brahms russo»), ritornando alle forme classiche della Sinfonia e del Concerto, assumendo una posizione accademica e conservatrice rispetto alle spinte moderniste di Stravinskij e Skrjabin. Ne è una testimonianza anche la Cantata commemorativa per il centenario della nascita di Puskin op. 65, per soli (mezzosoprano e tenore), coro e orchestra, composta nel 1899 con un carattere celebrativo, simile a una composizione gemella, l'lnno a Puskin op. 66, per coro femminile e pianoforte, dello stesso anno. La Cantata fu scritta su un testo del Granduca Konstantin Konstantinovic Romanov (1858-1915), nipote dell'imperatore Nicola I di Russia, nobile dai vasti interessi culturali, attratto più dall'arte e dalla letteratura che dalla vita politica, seguace di una poetica slavofila, autore di numerosi componimenti letterari firmati con lo pseudonimo KR. Per compensare la monotonia di quei versi, Glazunov fece ricorso a tutte le sue doti di armonista e di orchestratore, creando un grande affresco, in cinque movimenti, ricco di spunti tematici, di melodie cantabili e di pennellate di colore.
La Cantata fu eseguita per la prima volta il 6 giugno 1899, esattamente cento anni dopo la nascita di Puskin. Il primo movimento - «In una brulicante moltitudine» -, è un episodio corale (Allegro) basato su due temi distinti, presentati inizialmente dall'orchestra: il primo, in do maggiore, è un motivo festoso e solenne, esposto da tutta l'orchestra («poco pesante, poi animando»), il secondo, in la bemolle è invece una melodia dolce e cantabile, introdotta dall'oboe e dal clarinetto, armonizzata dagli altri legni (Poco più con moto), animata da disegni di crome che generano una trama sempre più fitta! La parte corale alterna i due temi, come un grande inno di ringraziamento, in uno stile molto russo, di grande potenza espressiva.
La Berceuse del secondo movimento (Allegretto) - «Davanti a questa silenziosa culla» -, in mi maggiore, è un'aria del mezzosoprano, la cui linea melodica si libra leggera su un tappeto ondeggiante degli archi con sordina, duettando col clarinetto e con il flauto, e intessendo trame volatili e giochi imitativi con gli altri strumenti.
Il mezzosoprano ritorna, insieme al coro, nel terzo movimento (Moderato) - «Passarono gli anni dell'infanzia» - che inizia con un episodio cupo e drammatico, in sol diesis minore, dove il coro si muove all'unisono su una gamma modale, quasi come un canto liturgico, inframmezzato da figure mobili e nervose di archi e legni. Una rapida, abile modulazione porta alla seconda sezione in mi bemolle maggiore (Poco più mosso), dominata dal canto dolce e suadente del mezzosoprano cui fanno eco ancora le parti corali.
Il quarto movimento è un'appassionata aria del tenore (Andante) - «Dalle preoccupazioni della triste terra» - in la bemolle maggiore, accompagnata da arpeggi dell'arpa e radi accordi dei legni. Sull'acuto finale del tenore si innesta il coro, che riprende il tema del solista armonizzandolo in un breve episodio cadenzale, pieno di pathos, che con una rapida modulazione (al fa maggiore) porta direttamente al finale (Moderato assai) - «Per l'eternità». In questo grandioso inno, le voci dei due solisti si fondono in un duetto, echeggiato dal coro, con ampie arcate melodiche, piene di slanci appassionati, e con un sapiente gioco di progressioni che sfocia all'apoteosi delle battute finali.
Gianluigi Mattietti