Dixtuor per strumenti a fiato, op. 14


Musica: George Enescu (1881 - 1955)
  1. Dolcemente movimentato
  2. Moderato (re minore)
  3. Allegro ma non troppo vivo
Organico: 2 flauti, oboe, corno inglese, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni
Composizione: 1906
Prima esecuzione: Parigi, Salle des Agriculteurs, 12 giugno 1906
Edizione: Salabert, Parigi, 1907
Guida all'ascolto (nota 1)

Enescu occupa una posizione di rilievo nella storia dell'arte rumena perché nella sua attività di compositore (ma fu anche direttore d'orchestra, pianista e violinista, maestro fra l'altro di Menuhin e Grumiaux) si preoccupò di valorizzare il patrimonio musicale del suo paese, utilizzando e rielaborando i canti popolari, specialmente quelle melodie chiamate doine che riflettevano l'anima del pastore e del contadino rumeno ed erano diffuse dai lautari, cioè dagli zingari che suonavano nelle feste cittadine. Per merito suo la musica rumena ha visto aprirsi nuovi orizzonti ed ha acquistato una risonanza internazionale, tanto è vero che il governo di Bucarest, allo scopo di onorare la memoria del musicista, ha creato nel 1958 il museo Enescu ed ha istituito un Festival internazionale intitolato al suo nome.

Pur essendo stato educato musicalmente prima a Vienna, alla scuola del violinista Joseph Hellmesberger junior che gli fece conoscere anche Brahms, e poi a Parigi, dove studiò con Massenet e Fauré e visse per molti anni stringendo rapporti di amicizia e di lavoro con vari musicisti di diversa provenienza e formazione culturale, come P. Casals, F. Kreisler, E. Ysaye, A. Cortot, J. Thibaud, Enescu rimase sempre e profondamente un artista rumeno e tutta la sua produzione, che ammonta ad una cinquantina di composizioni tra cui la tragedia lirica Edipo in quattro atti che al suo apparire nel 1936 all'Opera parigina fu salutata come un grande avvenimento musicale, è contrassegnata dall'influenza e dalla presenza del melos popolare della sua terra, anche se questo, naturalmente, viene adattato secondo uno stile personale e con mezzi orchestrali e armonici che sono una conquista della musica occidentale.

Il Dixtour op. 14 è stato composto nel 1906 per due flauti, oboe, corno inglese, due clarinetti, due fagotti e due corni. Il primo tempo (Dolcemente movimentato) si apre con un tema melodico di stile libero e cromatico, non senza richiami ad un misurato diatonismo. Il tessuto sonoro è ricco timbricamente e sempre più fitto sotto il profilo contrappuntistico, con frequenti richiami al tema iniziale. Non mancano procedimenti canonici e uscite cantabili degli strumenti, in un contesto di rispettosa coerenza stilistica. Il secondo tempo rispecchia la forma A-B-A, con la ripresa variata. La prima parte (A), in tempo Moderato, è annunciata da un tema dell'oboe e del corno inglese, sorretto dal morbido accompagnamento degli altri strumenti, in un delicato gioco di arpeggi e di figurazioni leggere. La parte B è in contrasto con la precedente per la melodia fresca e spigliata del flauto nel registro acuto, che sfocia in una serie di «entrate» in cui il suono degli strumenti è sottolineato da scale, staccati e legati, secondo uno svolgimento virtuosistico, simile ad una «toccata». La ripresa, variata rispetto alla precedente parte A, si arricchisce di figurazioni brillanti, di trilli e di volatine, miranti a porre in evidenza la bravura degli strumentisti (si ascolti l'ultimo estroso passaggio del fagotto). Il terzo tempo (Allegro ma non troppo) ha l'andamento della bourrée con due temi facilmente riconoscibili: il primo fluidamente melodico e il secondo più marcatamente ritmico. Il primo tema viene riproposto dal fagotto con incisività di suono e dopo un serrato crescendo si scioglie in una coda di larghe proporzioni, dove si presentano i vari temi in una successione dalle marcate e squillanti sonorità.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 22 aprile 1983


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Ultimo aggiornamento 30 settembre 2015