Te Deum per soli, coro e orchestra, op. 103


Musica: Antonin Dvoràk (1841 - 1904)
Organico: Soprano, basso, coro misto, 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, cassa, piatti, triangolo, archi
Composizione: Praga, 25 Giugno - 28 Luglio 1892
Prima esecuzione: New York, National Conservatory of Music, 21 Ottobre 1892

Composto in onore della commemorazione di Colombo (Celebrata a New York, il 12 Ottobre 1892)
Guida all'ascolto (nota 1)

Il «Te Deum» di Dvorak nacque in parte come opera su commissione. Dopo la firma del contratto che l'impegnava a recarsi negli Stati Uniti per reggere per un biennio la direzione del Conservatorio Nazionale di Musica appena fondato a New York dalla mecenate Mrs. Thurber, il compositore nel 1892 ricevette dalla stessa signora l'invito a scrivere un lavoro con cui commemorare il 400° anniversario della scoperta dell'America. Il testo steso appositamente, che sarà poi «The American Flag», giunge poco avanti la partenza. Ma intanto egli aveva già deciso per suo conto come soddisfare l'invito musicando appunto il Te Deum tra il luglio e l'agosto di quell'anno.

La scelta della cantica più celebrativa dell'intero repertorio liturgico latino non ha da stupire. Per un credente quale fu Dvorak, l'impresa di Colombo potè ben apparire occasione pari se non più conveniente delle vittorie militari e degli eventi politici da secoli ritenuti idonei ad accrescere la letteratura del Te Deum extra-gregoriano. Anche a prescindere dalla destinazione concertistica di questo, che in tale sede fu eseguito la prima volta a New York pochi mesi più tardi. Quanto allo stile si può dire altrettanto, pur se a taluni suoi studiosi appaia più «in modo ceco» che nelle altre musiche religiose dello stesso autore; giacché proprio all'essere ormai considerato tra i maggiori esponenti delle giovani scuole nazionali Dvorak sapeva di dovere e il contratto e l'invito.

In nome della sua suddivisione in 4 movimenti principali, la forma di questo Te Deum viene rassomigliata di solito a quella di una sinfonia, mentre l'importanza assegnata al fattore vocale negli stessi movimenti, chiamati «cori» nella partitura, autorizza a ricercarne i modelli più addietro e altrove; nei salmi latini e inglesi di Haendel ad esempio, che con Schubert e Brahms fu tra i maestri prediletti di Dvorak, ma non meno nella fioritura di cantate sacre della musica barocca boema. Modelli peraltro riassorbiti e aggiornati da quel proprio modo ceco, anche nel «Te Deum» generalmente più sentimentale che idiomatico, per gli esperti riassunto da un particolare carattere festivo, quasi di musica all'aperto impresso alla cantica pure senza tradirla.

Così domina nel Coro n. 1 («Allegro moderato maestoso») l'idea di un glorioso scampanio: irradiata dai rintocchi a guisa di ostinati dei bassi dell'orchestra ai «carillon» dei violini, dei legni, degli ottoni; riaffermata intanto dagli spaziati contrappunti vocali. Figura sonora che si attenua al subentrare del «Sanctus», svolto dal soprano solista nella parte mediana tra le salmodie del coro, mentre i soli strumentali del flauto, clarinetto, corno inglese riecheggiano qualche voce silvestre.

Alla ripresa della prima sezione segue il Coro n. 2 («Lento maestoso»), in realtà affidato quasi interamente al basso. Per l'impostazione forse non esente da ricordi illustri, quale il recitativo della IX di Beethoven, sempre che la musica d'arte boema non avesse già sperimentato questa maniera di far concorrere l'orchestra a una forma di declamato solenne che qui evolve in un'aria di bella espressività drammatica.

Il coro, costretto in esso a un ruolo marginale, rivendica a sé tutto il terzo movimento, dove la gloria eterna guadagnata agli eletti dalla redenzione più provoca la gratitudine di Dvorak a indulgere affettuosamente verso luoghi e canti della terra natale: mediati nella dolce mezza luce del si minore, dalla vis ritmica scattante del Vivace in tre quarti, dallo strumentale suggestivo, dal profilo a fanfare dei temi e delle interiezioni corali, ed ancora, nella seconda parte del pezzo, dall'affermarsi di un lirismo di schietta impronta popolare.

Per converso il Coro n. 3 («Lento»), saldato al precedente dalle scansioni pianissimo dei timpani, più ancora del Sanctus deriverebbe dalla musica liturgica slava i moduli dei «Miserere nostri Domine» ora in forma melodica ora dì accordi, che i contralti, i soprani o le voci virili del coro inseriscono tra le proposizioni a larghi intervalli del soprano solo, accentuandone, specie nella ripresa in minore il sentimento orante. Quindi soprano e basso si uniscono in un duo lineare sotto il quale l'orchestra in parallelo col «Benedicamus Patrem et Filium cum Sancto spiritu» anticipa l'erompere degli Alleluia corali. E nel solco di un'accelerazione progressiva la materia prende a riavvicinarsi a quella del principio del Te Deum, sino ad identificarvisi del tutto nella chiusa.

Emilia Zanetti

Testo

Te Deum laudamus,
te, Dominum confitemur.
Te aeternum Patrem
omnis terra veneratur.
Tibì omnes Angeli,
tibi coeli et universae potestates.
Tibi Cherubim et Seraphim
incessabili voce proclamant
Sanctus, Sanctus, Sanctus,
Dominus Deus Sabaoth...
Pieni sunt caeli et terra
majestatis gloriae tuae.
Te gloriosus Apostolorum chorus,
Te prophetarum laudabilis numerus,
Te martyrum candidatus laudat exercitus,
Te per orbem terrarum
sancta confitetur Ecclesia,
Patrem immensae majestatis:
Venerandum tuum verum
et unicum Filium,
Sanctum quoque Paraclitum Spiritum.
Tu Rex gloriae, Christe.
Tu Patris sempiternus es filius.
Tu ad liberandum suscepiurus hominem,
non horruisti Virginis uterum.
Tu, devicto mortis aculeo,
aperuisti credentibus regna coelorum.
Tu ad dexteram Dei sedes
in gloria Patris.
Judex crederis esse venturus.
Te ergo quaesumus, tuis famulis subveni,
quos pretioso sanguino redemisti.
Aeterna fac cum sanctis tuis
in gloria numerari.
Salvum fac populum tuum, Domine,
et benedic haereditati tuae,
Et rege eos: et extolle ìllos usque
in aeternum.
Per singulos dies benedicimus te;
Et laudamus nomen tuum in saeculum
et in saeculum saeculi.
Dignare, Domine, in die isto
sine peccato nos custodire.
Miserere nostri, Domine, miserere nostri.
Fiat misericordia tua, Domine, super nos,
quemadmodum speravimus in te.
In te Domine speravi:
non confundar in aeternum.
Noi ti lodiamo, Dio,
ti proclamiamo Signore
Tutta la terra venera
Te, eterno Padre.
A Te tutti gli angeli
a Te le potenze del cielo e dell'universo
a Te i Cherubini e i Serafini,
cantano con voce incessante:
"Santo, Santo, Santo
il Signore Dio degli eserciti.
I cieli e la terra sono pieni
della maestà della tua gloria.
Ti loda il coro glorioso degli apostoli
il numero lodevole dei profeti,
la candida schiera dei martiri;
In tutto il mondo
la santa Chiesa proclama Te
Padre d'immensa maestà;
il Tuo venerabile
e unico vero Figlio
e anche lo Spirito Santo Paraclito.
Tu re della gloria, Cristo,
Tu sei il Figlio eterno del Padre,
Tu per liberare l'uomo,
non disdegnasti il grembo della Vergine
Tu, sconfitto l'aculeo della morte,
apristi ai credenti il regno dei Cieli.
Tu siedi alla destra di Dio,
nella gloria del Padre.
Confidiamo che sarai il giudice che viene.
Dunque Ti chiediamo: soccorri i tuoi servi
che hai redento col tuo Sangue prezioso.
Fa che siano contati coi Tuoi Santi
nella gloria.
Salva il tuo popolo, Signore,
e benedici la tua eredità,
e guidali e sorreggili
in eterno
Ogni giorno Ti benediciamo,
e lodiamo il tuo nome nel mondo,
e in eterno.
Degnati oggi, Signore,
di custodirci senza peccato.
Pietà di noi, Signore, pietà di noi.
Sia su di noi. Signore, la Tua misericordia,
nella misura in cui abbiamo sperato in Te.
In Te, Signore, ho sperato:
non sarò confuso in eterno.

(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 16 aprile 1967


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Ultimo aggiornamento 13 maggio 2023