A giusta ragione Dvorak viene considerato, insieme a Smetana, il più importante e autentico rappresentante della musica nazionalistica ceca della seconda metà dell'Ottocento. Però, mentre Smetana si richiama nella sua opera agli aspetti eroici e leggendari della Boemia in lotta per la propria libertà e indipendenza, Dvorak esalta l'anima popolaresca e contadina della sua terra. Infatti in questo artista, stimato e protetto da Liszt, Brahms, Hanslick e Bülow, si incarna la tradizione del caratteristico musicista boemo, legato profondamente al tessuto folklorico, ai costumi e alle cerimonie di una popolazione campagnola e rusticana, ancora lontana da qualsiasi processo di urbanizzazione e di industrializzazione. Per questo motivo la sua musica, contraddistinta da inesauribile freschezza melodica e da straordinaria spontaneità inventiva (qualche musicologo lo ha paragonato a Schubert), è ricca di danze e di ritmi nostalgici e allegri, sentimentali e festosi che provengono dal patrimonio boemo e slavo, anche se rielaborati e reinventati con un gusto e una sensibilità di piacevole effetto armonico e strumentale. Natura istintiva, sinceramente ottimistica, sorretta da una schietta fede in Dio, Dvorak non ha nulla del compositore intellettuale e tormentato da problemi tecnici e linguistici: nella sua musica - sinfonica, da camera e operistica - tutto scorre limpidamente e su un piano di assoluta chiarezza di idee, con una straripante pienezza di temi che si innestano saldamente in un'orchestra molto descrittiva e densa di colori timbrici di poetica suggestione.
Il Concerto in sol minore per pianoforte e orchestra fu composto nel 1876, nello stesso periodo dello Stabat Mater per soli, coro e orchestra e della prima serie delle stupende Danze slave, che avrebbero dato larga e solida fama al musicista. Certo, questo pezzo non gode della stessa popolarità del Concerto per violoncello e orchestra op. 104, ritenuto a tutt'oggi uno dei momenti più felici della creatività del compositore boemo, ma vanno riconosciute ad esso quelle caratteristiche melodiche e armoniche che si riscontrano in tutta la produzione, specie sinfonica e cameristica, dell'autore. Del resto la musica di Dvorak piace per la immediatezza e la naturalezza del discorso sonoro, dove tutto si svolge, per così dire, alla luce del sole e nulla appare costruito e guidato da una filosofia dell'arte. L'esuberanza inventiva del musicista è presente sin dal primo movimento (Allegro agitato) con i suoi temi chiaramente definiti e plasticamente sviluppati con finissime variazioni armoniche e strumentali. La parte del pianoforte è brillante, ma non virtuosistica: lo strumento solista dialoga con l'orchestra, secondo un gusto prettamente sinfonico e aderente alla lezione del concertismo tedesco. Di scrittura raffinata è l'Andante del secondo tempo, centrato su una frase liricamente cantabile, concepita come un tema con variazioni. Qui emerge la natura schiettamente sentimentale e rievocativa del temperamento di Dvorak, sensibile a tutto ciò che appartiene al mondo delle leggende popolari della sua terra. Sotto questo aspetto la caratterizzazione etnica è più viva nel terzo movimento (Allegro con fuoco), in cui si distinguono due melodie boeme: una dal ritmo spigliato e danzante e l'altra pensosamente nostalgica, connesse tra di loro du un abile contrappunto. Il pianoforte annuncia in apertura del movimento un tema ripreso tre volte e concepito come nucleo fondamentale di propagazione ritmica, sino al caleidoscopico slancio finale.