Quiet City

Suite dalle musiche di scena

Musica: Aaron Copland (1900 - 1990)
Organico: corno inglese, tromba, archi
Composizione: 1940
Prima esecuzione: New York, Town Hall, 28 gennaio 1941
Edizione: Boosey & Hawkes, New York, 1941
Dedica: Ralph Hawkesk
Guida all'ascolto (nota 1)

Quiet city nacque come musica di scena per un lavoro teatrale di Irwin Shaw, scrittore e sceneggiatore che nel 1939, a ventisei anni, era agli inizi di una vasta parabola creativa culminata, nel 1948, con la sceneggiatura de I giovani leoni, celebre film di Edward Dmytryk con Marlon Brando e Montgomery Clift. Gli esordi di Shaw non furono però sempre facili. Il testo di Quiet city, dopo due anteprime, la prima tenutasi il 16 aprile 1939, rappresentate dalla compagnia di Harold Charman - intimo amico di Copland - venne infatti ritirato. Narrava la storia di due fratelli, uno dei quali rifiuta le sue origini per inserirsi nel mondo degli affari, mentre l'altro mantiene uno stile di vita artistico e non convenzionale. Quest'ultimo è un suonatore di tromba, che, in preda alla depressione, vaga per le strade della città nel cuore della notte, cercando di riprodurre con il suo strumento le emozioni della gente che incontra. Fortunatamente, se il testo teatrale finì, a torto o a ragione, nel dimenticatoio, così non fu per la musica, poiché Aaron Copland decise di rielaborare le musiche di scena, traendone, nel 1940, una Suite destinata alla sala da concerto, dedicata a Ralph Hawkes, titolare della casa editrice Boosey & Hawkes, ed eseguita il 28 gennaio 1941 a New York con la Saidenberg Little Symphony diretta da Daniel Saidenberg.

Proveniente da una famiglia ebrea emigrata dalla Russia lituana e trapiantata a Brooklyn, Copland aveva ricevuto la propria formazione musicale nel segno di un accademismo di stampo tedesco. Proprio per reazione a questa scuola, compì un periodo di studi a Parigi, presso il conservatorio americano di Fontainebleau, dove insegnava Nadia Boulanger, docente illuminata di molte generazioni di autori. È a Parigi che conosce la musica di Stravinskij, e anche la nuova chiarezza degli autori del "Gruppo dei sei". Al ritorno in patria riesce a imporsi, grazie anche all'appoggio di Sergeij Koussevitskij, il direttore che, dal podio della Boston Symphony, proteggeva la musica d'avanguardia. E infatti, dopo un periodo segnato dalle influenze, del jazz, il nuovo linguaggio afroamericano che conquistava tutta l'America, la musica degli anni Trenta di Copland subisce una involuzione, un "periodo di austerità", che punta su materiali aforistici e sul lavoro di elaborazione.

È nel 1936, con El Salon Mexico, che Copland si apre a un nuovo stile, che sfocia nel tentativo di assimilare, nel linguaggio musicale colto, forme e stilemi derivati dalla musica popolare americana. Nascono così negli anni Quaranta, quei balletti - Billy the Kid, Rodeo, Appalachian Spring - basati su melodie folkloriche, soprattutto quelle dei canti del lontano west, e destinati a riscuotere un grande successo, a connotare Copland come autore autenticamente "americano". "Poiché viviamo qui e lavoriamo qui, comporremo musica americana"; così, nel 1941, il compositore. Questo rivolgimento stilistico - ne sarebbero seguiti altri dopo la guerra, inclusa l'adozione della tecnica seriale - aveva in realtà profonde motivazioni nelle trasformazioni e nelle esigenze della società americana. Da una parte c'era, nei ceti alti, l'aspettativa di un linguaggio musicale che fosse svincolato dalla tradizione europea e chiaramente connotato come americano; d'altra parte era l'epoca del New deal di Roosevelt che portava i compositori a riflettere su un linguaggio più accessibile, in grado di arrivare a fasce di pubblico più vaste.

In questa temperie di trasformazioni, aspettative, esigenze, si inserisce anche la piccola partitura di Quiet city, che, nella sua brevità, è emblematica della finezza del compositore, e insieme della sua capacità comunicativa. Vi troviamo una orchestra d'archi su cui si stagliano, come solisti, un corno inglese e una tromba. Gli archi formano una sorta di tappeto sonoro, realizzato in modo mutevole, con un largo contrappunto, o con note tenute e pizzicati, o ancora con note ribattute su cui emergono i ritmi insistiti dei primi violini. Su questo tappeto si affacciano il corno inglese e soprattutto la tromba, con una scrittura gestuale, recitativa, o anche limpidamente melodica. Interessante è anche che il brano si articoli in varie sezioni fra loro avvicendate senza soluzione di continuità, l'ultima delle quali ripropone i materiali iniziali. Cogliamo veramente, in queste transizioni e avvicendamenti, il senso di un vagabondaggio, che è quello del protagonista del lavoro teatrale di Irwin Shaw, ma anche di un disagio esistenziale, di una ricerca di risposte che appartiene al personaggio del suonatore di tromba, e forse più ancora, in forma di metafora, allo stesso compositore e alla società americana.

Arrigo Quattrocchi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 26 novembre 2005


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Ultimo aggiornamento 8 febbraio 2017