Introduzione e polacca brillante in do maggiore per violoncello e pianoforte, op. 3, BI 41/52, CI 148


Musica: Fryderyk Chopin (1810 - 1849)
  1. Introduzione: Lento
  2. Alla polacca: Allegro con spirito
Organico: pianoforte, violoncello
Composizione: 1829 - 1830
Edizione: Mechetti, Vienna, 1831
Dedica: Joseph Merk
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

La Polonaise brillante op. 3 per violoncello e pianoforte risale agli anni giovanili di Chopin: fu composta infatti nel 1829-30, a diciannove anni d'età (per l'esattezza, la Polacca vera e propria fu scritta nel 1829, mentre l'Introduzione lenta fu aggiunta l'anno seguente). Chopin era appena uscito dalla Scuola Superiore di musica di Varsavia, dove aveva studiato con l'allora celebre pianista e compositore Elsner, e si affacciava ad una brillante carriera di virtuoso, di fatto già iniziata con i viaggi a Berlino del 1828 e a Vienna del 1829. Fu però in un concerto tenuto a Varsavia nel 1830 con il violoncellista Kaczinski che la Polonaise op. 3 venne presentata al pubblico.

L'aggettivo di brillante apposto al titolo è di per sé, indicativo dell'ambito nel quale si inscrive la composizione; quello del gusto Biedermeier, volto a stupire più che a coinvolgere l'ascoltatore, tramite l'esibizione di un alto cimento tecnico in una produzione perlopiù miniaturistica. In questo filone rientrava perfettamente il genere della Polonaise, sorto all'inizio del secolo XVIII e portato dalla prima ondata della stagione romantica - con il nuovo rilievo delle scuole nazionali - ad una grande diffusione. Chopin è passato alla storia come autore di Polonaises nelle quali, secondo uno stereotipo non del tutto destituito di fondamento, cercò di riallacciarsi nostalgicamente alla propria terra, creando delle pagine di ambizioni spesso avveniristiche. Nulla di tutto ciò nella giovanile Polonaise op. 3, che è invece ancora pienamente un pezzo di carattere elegante e salottiero; circostanza che non deve peraltro portare a considerarlo sbrigativamente.

Il compositore vi mostra infatti precocemente alcune delle caratteristiche che lo accompagneranno nella sua produzione matura; un impiego della scrittura pianistica volto più verso la grazia e la diversificazione dei timbri che non verso la potenza; la capacità di creare melodie cantabili di impronta vocalistica e di grande effetto. Inoltre il ruolo del pianoforte non è di semplice accompagnamento, ma anzi di alto impegno tecnico, e indica chiaramente che appunto verso lo strumento a tastiera si rivolgeranno i futuri interessi dell'autore. L'introduzione lenta, aperta dalle ampie cadenze del pianoforte, mostra il violoncello esibire con espansività le proprie doti melodiche, mentre la Polonaise propriamente detta vede entrambi gli strumenti impegnarsi alla pari per conseguire il dovuto contenuto di brillante eleganza.

Arrigo Quattrocchi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

L'Introduzione e Polonaise brillante in do maggiore op. 3 che inaugura la serie chopiniana delle opere per violoncello e pianoforte, fu scritta nel 1829. In quel periodo, il compositore era ospite, in Posnania, del principe Antoni Radzwill, dilettante di musica e autore di un Faust sul quale Chopin si era espresso in modo lusinghiero. Così scrisse l'autore circa il lavoro oggi in programma: «ho scritto ad Antonin un pezzo alla polacca con violoncello. Non vi sono che futilità per il salotto e per le dame. Desideravo, capisci? che la principessina Wanda potesse impararlo. Le davo in quel tempo lezioni per modo di dire».

V'è da dire che, nel presente lavoro, l'introduzione venne scritta dopo la Polonaise; la scelta del violoncello, è un omaggio al padrone di casa, dilettante dello strumento. Strumento che, tuttavia, Chopin non conosceva molto bene: tant'è vero che, in questa op. 3, il suo ruolo non si spinge oltre una caratterizzazione genericamente melodica, tanto dà far sospettare che, all'epoca, Chopin non conoscesse le Sonate per violoncello di Beethoven.

Il valore musicale - fa notare la critica - c'è: però, è come frenato dalle scarse conoscenze delle risorse dello strumento. Ben più ricca e articolata, ovviamente, è la parte del pianoforte: che si configura in un senso "brillante" e di "bravura" e che sa fondere il ricordo dell'opera italiana (in particolare, la Semiramide di Rossini) nelle strutture dell'assunto di partenza: la Polonaise, appunto, con il suo carattere splendidamente e plasticamente narrativo.

Guida all'ascolto 3 (nota 3)

Andiamo agli antipodi della vita artistica e biografica di Chopin con l'Introduzione e Polonaise brillante op. 3 che l'autore scrisse alla verdissima età di 19 anni fresco di studi con il celebre compositore e pianista Elsner alla Scuola Superiore di Musica di Varsavia. Qui si respira un clima un po' Biedermeier di leggerezza assoluta, di brillantezza esibita, di ricerca della pura esaltazione virtuosistica, se è vero che il giovanissimo talento, ospite nel 1829 in Posnania dal principe Antoni Radzwill desiderava soprattutto «scrivere un pezzo da salotto... in modo da mettere in mostra le belle dita della principessina, la giovane Wanda». Coinvolgere, stupire, incantare, era dunque il verbo di questo bel brano: un pezzo di elegante fattura, in grado di citare, indirettamente, anche gli spettacolari vocalizzi dell'opera italiana, in particolare del Rossini più splendente e dardeggiante di Semiramide, sin dall'Introduzione. Quando si innesta poi la Polonaise l'intero pezzo veleggia su fantasie e narrazioni dagli spaesanti, plastici inebriamenti in cui la tecnica e la bellezza vengono esibite in modo volutamente plateale.

Marino Mora


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 19 Febbraio 1999
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 29 aprile 1981
(3) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al numero345 della rivista Amadeus


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Ultimo aggiornamento 17 ottobre 2018