Due polacche per pianoforte, op. 40


Musica: Fryderyk Chopin (1810 - 1849)
  1. la maggiore: Allegro con brio
  2. do minore: Allegro maestoso
Organico: pianoforte
Composizione: 1838 - 1839
Edizione: Troupenas, Parigi, 1840
Dedica: Tytus Julian Fontana
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Le Polacche accompagnano Chopin per tutta la vita, dalla Polacca in sol minore, composta a sette anni nel 1817, alla Polacca-Fantasia in la bemolle maggiore, portata a termine nel 1846, tre anni prima della morte, e destinata a rimanere una delle sue ultime composizioni. Nonostante ciò che si potrebbe comunemente pensare partendo dal nome, la Polacca rappresenta assai meno l'autentico folklore polacco rispetto alla Mazurka, incarnando se mai l'Immagine ideale che della musica polacca si aveva al di fuori della Polonia. Nata infatti in Polonia in ambito popolare come danza lenta e grave di carattere processionale, a partire dal primo Settecento la Polacca si è diffusa rapidamente in tutta Europa stilizzandosi in una forma in tempo ternario basata su un tipico ritmo croma-due semicrome-quattro crome. Alla Polacca si era aggiunto nel frattempo un Minuetto, trasformatosi poi in Trio, seguito, a partire dalla fine del Settecento, dalla ripresa della Polacca, dando vita così alla tipica struttura tripartita (che poteva essere preceduta da un'introduzione e seguita da una coda).

Con l'inizio dell'Ottocento si assiste a una nuova, duplice evoluzione: ormai completamente autonoma dal ballo, la Polacca da una parte assume un andamento più vivace, un tono più maestoso e si arricchisce di elementi virtuosistici e salottieri e grazie a personaggi come Weber, Hummel e il polacco Karol Lipinski, si trasforma nella "polacca brillante"; dall'altra, soprattutto nelle mani del polacco Michal Kleophas Oginski, rimane più vicina al modello originario, ma assumendo toni più intimistici, malinconici e tristi.

Naturalmente Chopin fece tesoro di entrambe queste esperienze, dosandole di volta in volta in modo diverso; intervenendo su questo bagaglio con il suo sommo genio portò ancora una volta un genere - come anche nel caso del Notturno, della Mazurka, dello Scherzo - a livelli di perfezione mai raggiunti prima, né superati da altri dopo. I contemporanei, comunque, per uno dei molti equivoci e fraintendimenti dei quali è rimasta vittima la musica del compositore polacco, videro nelle Polacche di Chopin - e in particolare in pagine come l'op. 40 n. 1 e la celeberrima op. 53, che non a caso furono dette rispettivamente "Militare" ed "Eroica" - solamente l'aspetto nazionale, irredentista, politico: valga, per tutti, l'esempio di Liszt, secondo il quale «le Polacche di Chopin, di volta in volta tragiche, cupe o luminose, danno voce alla resistenza disperata di un popolo minacciato e aggredito».

Composte fra il 1838 e il 1839, le due Polacche pubblicate come op. 40, con dedica all'amico Julian Fontana, nel dicembre del 1840 da Breitkopf & Härtel a Lipsia e da Troupenas a Parigi e poi, nel novembre del 1841, da Wessel a Londra, rappresentano in maniera molto chiara i due tipi di polacca a cui si faceva cenno poc'anzi.

La Polacca in la maggiore op. 40 n. 1 (Allegro con brio), datata ottobre 1838, è una pagina celeberrima caratterizzata dall'estrema regolarità della costruzione: priva di un'introduzione e di una coda, mostra chiarissimi sia il tipico ritmo croma-due semicrome-quattro crome, praticamente onnipresente, sia la tripartizione Polacca-Trio-Polacca, è basata su periodi regolari di otto battute ciascuno, e attraversata interamente da un unico carattere espressivo improntato a un sano e baldanzoso trionfalismo.

Ingiustamente meno celebre ed eseguita, ma non per questo meno affascinante, è la Polacca in do minore op. 40 n. 2 (Allegro maestoso), pagina assai più ricca di contrasti e sfumature espressive rispetto alla precedente. Iniziata anch'essa nell'autunno del 1838, fu elaborata però soprattutto nel 1839, durante lo sciagurato soggiorno del compositore a Maiorca in compagnia di George Sand. Qui il tipico ritmo di Polacca viene come messo fra parentesi, la regolarità dei periodi di otto battute si va sfaldando, la struttura si fa meno regolare e più variegata, le armonie si fanno cangianti, cresce anche l'attenzione riservata al timbro e la cupa e tragica maestosità dell'episodio di apertura (nel quale Chopin, forse inconsciamente, richiama un tema ascoltato da ragazzo a Varsavia in occasione dell'incoronazione di Alessandro I di Russia a re di Polonia, quello della Polacca detta "L'incoronazione" di Karol Kurpinski) viene stemperata da momenti attraversati da intensa nostalgia e sconsolata mestizia.

Carlo Cavalletti

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Le Deux Polonaises op. 40, composte tra il 1838 e il 1839, non presentano l'armoniosa affinità poetica delle due precedenti; si tratta, anzi, di due lavori violentemente antitetici. Nella prima, in la maggiore, Chopin ritorna agli accenti brillanti e cavallereschi delle Polacche giovanili; ma questa visione retrospettiva, tipica, del resto, di alcuni momenti creativi dei sommi artisti, si traduce in strutture plastiche ed essenziali ed in una ben definita intenzionalità espressiva eroicamente estroversa. Tutt'altra cosa è la Polacca in do minore. E' la più breve e, sotto il profilo della scrittura pianistica, la più apparentemente dimessa tra le Polacche della maturità; raramente appare nei programmi dei virtuosi di cartello, che le preferiscono la sua più vistosa gemella. La sua struttura formale presenta soluzioni sinora inedite: non c'è vera ripresa della prima parte, ma una specie di breve coda in cui il tema principale riappare fantomaticamente stravolto dallo specchio deformante di quella corrosiva "polifonia armonica" chopiniana, dovuta all'impercettibile moto delle parti interne. La tetra desolazione di questo brano permane immutata dalla prima all'ultima battuta, né vale a dissiparla il flebile episodio centrale, torturato dall'ambiguità dei cromatismi. Anche i valori timbrici si mantengono costantemente nelle zone gravi o medie della tastiera, e quelli ritmici hanno quasi un severo e calmo incedere da antica sarabanda.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia;
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 1 dicembre 2000
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 22 aprile 1981


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Ultimo aggiornamento 2 luglio 2016