Il mazurek polacco interessò Chopin fin dai tempi della sua prima giovinezza. Il ritmo e le melodie della danza popolare suscitarono in lui qualcosa che non era certamente ricostruzione musico-etnografica, ma piuttosto rielaborazione istintiva di quel ritmo e di quelle melodie trasferite a livello di un'invenzione assolutamente originale (secondo un rapporto musica-popolo che fu quasi universalmente praticato dai musicisti del secolo scorso e che anche in epoca più recente ha prodotto - in Bartòk tanto per fare l'esempio più significativo - riuscite musicali di non poco rilievo).
Datate al 1835, le quattro Mazurke dell'op. 24 - delle quali la seconda, in do maggiore è probabilmente la più originale - sono tali, per ricchezza d'invenzione melodico-armonica (tanto più efficace quanto più semplicemente espressa) da meritare questa notabile valutazione di Marcel Proust: «Le frasi di Chopin così libere, così flessibili, cosi epidermiche, che cominciano a cercare per tentativi il loro posto al di fuori e ben lontano dalla direzione della loro partenza, ben lontano dal punto dove si sarebbe sperato che dovessero arrivare, e che non si muovono in questo trabocchetto della fantasia che per ritornare più deliberatamente, con un ritorno più premeditato, con maggiore precisione, come sopra un cristallo che risuonerà fino a far gridare, fino a colpire il cuore».
Giovanni Ugolini