Chopin ha composto quattro Improvvisi, l'op. 29 in la bemolle maggiore (1837); l'op. 36 in fa diesis maggiore (1839), l'op. 51 in sol bemolle maggiore, (1843), e la Fantasia in do diesis minore op. 66, che fu scritta nel 1834 e venne pubblicata nel 1855 dall'editore Schlesinger di Berlino. Tali composizioni hanno una struttura tripartita, con un movimento lento e simile ad una cantilena dagli accordi sfumati e leggeri che si trova nel mezzo di due tempi più vivaci e allegri. Questi improvvisi sembrano nascere, sotto le dita dell'esecutore, come dice Cortot, per la freschezza e sia felicità dell'invenzione in cui giocano un ruolo determinante; le divagazioni intimìstiche, i mutamenti di umore e le fluttuanti armonie che rendono ancora più indefinita l'atmosfera lirica che li avvolge come una& sottile corteccia. Non tutti gli studiosi chopiniani sono però d'accordo nel valutare allo stesso modo gli Improvvisi; alcuni li considerano opere di intrattenimento e di un gusto un pò salottiero, dove si manifesta in maniera fin troppo evidente la facilità di improvvisazione del compositore; altri, come il musicologo tedesco-americano Hugo Leichtentritt, sono di parere opposto e ritengono che gli Improvvisi, e in particolare quello in do diesis minore, siano tra le composizioni di più alto valore di Chopin. La verità è che anche in questo caso il musicista polacco è riuscito a fissare, attraverso un pianismo sottilmente espressivo, le immagini del suo tormentato mondo interiore e di quella Sehnsucht romantica, di cui fu uno dei massimi poeti.
L'op. 66 ha una tessitura armonica; fluida e trasparente e attesta un luminoso momento creativo dell'artista, specie nell'Allegro agitato iniziale, che con i suoi accordi freschi e vaporosi dà una sensazione di risveglio della natura in un limpido mattino di primavera. Il Moderato cantabile centrale segna una pausa di assorto ripiegamento psicologico, di tinta leggermente malinconica; ma improvvisamente ritorna il tema principale con la sua incantevole leggerezza e il pezzo si conclude con la fusione delle due melodie in una sola figurazione armonica.
Ennio Melchiorre