Sonata n. 2 in do maggiore per pianoforte e violoncello, op. 45


Musica: Alfredo Casella (1883 - 1947)
  1. Preludio - Largo molto e sostenuto
  2. Bourrée - Allegro molto vivace e scherzando
  3. Largo
  4. Rondò - Allegro molto vivace quasi giga
Organico: pianoforte, violoncello
Composizione: 1927
Guida all'ascolto (nota 1)

La Sonata in do maggiore per pianoforte e violoncello appartiene al periodo centrale della produzione di Alfredo Casella. Fu scritta nel 1927 per invito di Elizabeth Coolidge, la famosa mecenate, ed eseguita in uno dei concerti Coolidge a Parigi, l'ottobre di quell'anno, dall'autore e da Hans Kindler.

L'Europa musicale, di cui Casella era senza dubbio il rappresentante italiano più aggiornato e significativo, viveva l'epoca d'oro del «sogno neoclassico, fatto di un calore nostalgico verso un lontano passato, di un pacato amore per gli strumenti quali esseri vivi nella loro misteriosa lucida struttura, il sogno di un remoto passato che si confondeva con un ideale di politezza novecentesca. La Sonata caselliana» - prosegue Alberto Mantelli in un suo studio sulle composizioni cameristiche del maestro - « è una delle incarnazioni più suggestive di quel sogno nella sua superiore e risplendente misura, nel suo impeccabile gusto costruttivo, nella sua marmorea compostezza di scrittura».

I quattro tempi della Sonata sono collegati a due a due: Preludio e Bourrée, Largo e Rondò.

Il Preludio è chiaramente scandito su due gruppi tematici, di diverso carattere espressivo ma legati da molteplici richiami e analogie nelle sonorità armonistiche e nelle figure del contrappunto, sicché il colore e le, volute di spirito barocco del primo tema (pianoforte solo, poi violoncello) vanno a confluire, sotto mutata forma, nel cantabile della seconda parte, che procede, secondo una maniera cara al maestro, con un accordo su ogni movimento. Un episodio di transizione - siglato da un motivo ritmico proposto dal pianoforte, poi ripreso e svolto dal violoncello - riconduce alla riesposizione della prima (ora in do diesis) e della seconda parte., ravvivata, questa, da alcune varianti (flautati del violoncello, ecc.).

L'inizio in levare e il ritmo ben marcato, binario, sono la formula esteriore più caratteristica della bourrée, che Casella rispetta integralmente ma insaporandola qua e là - e la cosa è evidente fin dall'inizio - con uno smarcamento di accenti mediante l'interpolazione, nel tempo fondamentale 2/2, di battute 3/4 o anche 3/2. Una pagina, questa Bourrée, che non solo testimonia, nel suo ampio itinerario di variazioni, di una indiscutibile vivacità inventiva ma è specchio lucidissimo della musicalità caselliana che, com'è stato detto più volte, è, sì, portata a esprimersi in senso vigoroso e ottimistico ma conserva, dentro, un angolo di lirismo quasi morbido, una residua fiammella del primo amore verso l'impressionismo e le sue suggestioni armoniche. Sicché una pagina franca, spedita, rigorosa come la bourrée ne riceve qua e là velature e ombreggiature, come dire ci acquista in grazia.

Dopo il Lento che riflette in distanza alcune immagini del Preludio, si passa senza interruzione al Rondò, un «allegro molto vivace, quasi "giga"». La franca speditezza della Bourrée trapassa qui a secche e angolose sonorità. Il contrappunto è scarnificato all'estremo e gli spunti imitativi sono appena accennati; si fa affidamento soprattutto sulla forza elementare dell'impulso ritmico e, in un episodio che andrà poi a costituire la coda, sull'effetto di rapidissime dissolvenze tra una metrica binaria e una ternaria.

Giorgio Graziosi


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 23 gennaio 1961


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Ultimo aggiornamento 10 novembre 2013