Paganiniana, divertimento per orchestra su temi di Paganini, op. 65


Musica: Alfredo Casella (1883 - 1947)
  1. Allegro agitato
  2. Polacchetta: allegretto moderato
  3. Romanza: larghetto cantabile, amoroso
  4. Tarantella: presto molto
Organico: orchestra
Composizione: 1942
Prima esecuzione: Vienna, Großer Musikvereinsaal, 15 aprile 1942
Guida all'ascolto (nota 1)

Il concerto odierno si apre con un omaggio ad Alfredo Casella, di cui ricorre quest'anno il centenario della nascita, ricordato con esecuzioni, incontri e dibattiti sulla sua opera, nel quadro dell'Europa musicale del suo tempo, da numerose Istituzioni concertistiche del nostro paese, specialmente per quanto riguarda il ruolo da lui svolto nel campo pianistico. Anche per Casella, come per tanti altri musicisti, a cominciare da Beethoven, la critica ha parlato di tre maniere o di tre stili, caratterizzanti la produzione di questo artista poliedrico che fu innanzitutto un insigne pianista e con la sua infaticabile attività di compositore, direttore d'orchestra, insegnante, revisore e organizzatore della vita musicale (basti pensare alle Settimane Musicali Senesi da lui promosse in seno all'Accademia Chigiana) diede un notevole contributo al processo di svecchiamento e di rinnovamento del linguaggio sonoro nel panorama culturale dell'Italia degli anni Venti. Non va però data eccessiva importanza a questa suddivisione dell'opera di Casella in tre periodi per non circoscrivere troppo la forte individualità di un musicista che approdò alle rive del neoclassicismo, in quanto assertore della chiarezza e della lucidità razionale delle forme, e si oppose agli epigoni dell'impressionismo francese e alle deformazioni espressionistiche di origine centroeuropea. Ripudiando quelli che egli considerava gli ultimi segni della decadenza romantica, ossia voltando le spalle alla produzione che ancora nei primi decenni del Novecento gli appariva insidiata dalla «malattia dell'esotismo», Casella mosse una vivace guerra al melodramma, sostenendo a volte posizioni unilaterali e rigidamente polemiche, che si spiegano come reazione al soverchiante dominio dell'opera veristica sulla musica strumentale (Sonata, Sinfonia, Concerto), da lui ritenuta più sincera e non condizionata da ragioni extra-muisicali. Oltre a credere nella figura del musicista-artigiano (Bach fu il suo insuperato modello), Casella ripudiò il microbo atonale, anche se comprese il significato storico che l'aveva determinato, e le esagerazioni del dadaismo futurista e si battè con l'opera e gli scritti per un ritorno a Monteverdi, a Vivaldi, a Domenico Scarlatti, a Rossini e ai modi ecclesiastici medioevali, non sdegnando di prediligere gli aspetti più autentici del patrimonio melodico popolare italiano.

Un esempio indicativo del gusto caselliano a richiamarsi ai grandi esempi musicali del passato viene offerto dalla Paganiniana, brillante divertimento su temi violinistici del grande virtuoso dell'archetto. Fu l'Orchestra Filarmonica di Vienna a commissionare nel gennaio 1941 a Casella e a Richard Strauss un brano per celebrare il centenario della nascita di quella prestigiosa Istituzione Musicale. Nacque così la Paganiniana, eseguita per la prima volta a Vienna il 14 aprile 1942 dall'Orchestra Filarmonica diretta da Karl Boehm. È indubbiamente uno dei lavori più riusciti e fortunati del compositore, tanto è vero che il coreografo Milloss ne ricavò più tardi, nel 1943, un balletto intitolato La rosa del sogno.

Paganiniana è formata da quattro movimenti. Il primo è un Allegro agitato costruito essenzialmente su temi presi dai Capricci n. 5 e n. 12, ed anche da frammenti dei Capricci n. 16 e n. 19. La Polacchetta prende spunto da uno dei Quartetti op. 5 per tre archi e chitarra. La melodia della Romanza è la stessa del Larghetto cantabile amoroso, compresa nella sonata chiamata "La primavera" op. 30. La Tarantella è articolata su due temi desunti dalla omonima Tarantella per violino e orchestra e dal finale di un altro Quartetto dell'op. 5 per tre archi e orchestra. La composizione è di piacevole effetto nell'elegante gioco degli impasti timbrici e ritmici di un'orchestra ricca di umori di stampo modernista.


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 4 dicembre 1983


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Ultimo aggiornamento 27 dicembre 2012