Missa solemnis "Pro pace", op. 71

per soli, coro e orchestra

Musica: Alfredo Casella (1883 - 1947)
Organico: soprano, baritono, coro misto, organo, orchestra
Composizione: 1944
Prima esecuzione: Roma, Teatro Adriano, 6 dicembre 1945
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Fautore della «modernità» in arte, ivi compresa quella d'ispirazione religiosa o addirittura «liturgica», sempre riguardata dai pedanti come una categoria a sé, soggetta a determinare «regole», Alfredo Casella traeva spunto dalla presentazione della sua Missa solemnis «Pro Pace», da lui pubblicata in un articolo del novembre 1945, per esprimere le sue idee sull'argomento: «Abbiamo troppi quotidiani esempi di compositori specialisti in musica religiosa, i quali ritengono che l'arte sacra non debba mai essere sfiorata dai grandi problemi che si imposero nell'ultimo quarantennio, ed ancora si impongono alla musica. Questi compositori non partecipano in nessun modo alla viva attualità».

Per Casella dunque l'intento, prima d'allora mai da lui perseguito, di comporre una Messa si era accompagnato non a preoccupazioni dj «stile», inteso in senso astratto, bensì alla piena consapevolezza delle difficoltà d'ordine espressivo che l'accostarsi alla sublime ed umana spiritualità del venerabile testo imponeva. E, cogliendo ancora una volta dalle antiche civiltà musicali non già i dati esteriori ma gli spiriti delle forme consacrate da illustri esempi, egli adottò per questa Messa, che fu l'ultimo suo lavoro, un linguaggio modernissimo e personale, del tutto coerente con la linea da lui seguita nella sua evoluzione stilistica. Diede così vita ad un'opera attuale e sentita, forse la sua più umanamente vibrante, che assunse fra l'altro il significato di un atto di devozione ispirato dalle tristi esperienze vissute dall'artista a Roma nel 1944, fra i tragici avvenimenti della guerra e le amare vicende personali. «Non invano - scrisse a tal proposito Casella - sono passati, tra questa e le altre mie opere, il dramma della guerra, le angoscie razziali (mia moglie è israelita), ed infine una lunghissima malattia, con due conseguenti operazioni, la quale mi tenne segregato dal mondo per due anni». Era la malattia, ricordiamo che lo avrebbe portato poco tempo dopo alla tomba.

L'architettura della Messa, diretta da Previtali all'Adriano in prima assoluta al Festival Internazionale di musica che si svolse a Roma nel dicembre del 1945, è grandiosa e solida nelle sue cinque parti corrispondenti alla tradizionale divisione del testo liturgico. Il poderoso materiale sonoro che la costruisce comprende due solisti (soprano e baritono), il coro misto, e una grande orchestra che include l'organo e il pianoforte.

Kyrie. - Dopo un breve preludio orchestrale, grave e solenne, il Coro scandisce omoritmicamente le parole Kyrie eleison; le successive riprese, crescenti di intensità sino al fortissimo, conducono ad un secondo episodio, iniziato dolcemente dal Soprano solista vocalizzante sulle parole Christe eleison. Un terzo episodio, infine, si conclude coralmente in sommessa sonorità.

Gloria. - Anche questa parte si compone di tre momenti: prima un fugato corale, pieno di concitazione giubilante; poi un tratto lento e dolce (Domine Deus), svolto dalle due voci soliste; infine il ritorno del Coro, recante vari ed elaborati episodi, con larga applicazione dello stile fugato, sino al volitivo, maestoso e serrato Cum Sanato Spiritu.

Credo. - Già l'introduzione orchestrale appare ispirata dal sentimento di quell'affermazione di fede che poi caratterizza l'attacco del Coro, energico e vibrante. Quindi, attraverso un brano cantabile sostenuto dal Baritono (Et in unum Dominum) si giunge al Crucifixus, svolto al modo d'una Passacaglia su un «basso ostinato». «Ci voleva una buona dose di coraggio - commenta l'autore stesso - per tentare, dopo la Messa di Bach, un altro Crucifixus su un basso ostinato. Ma l'adozione da parte mia di un basso dodecafonico mi ha difeso dal pericolo dell'imitazione bachiana». Le ultime battute della Passacaglia sono appena dileguate, quando una giocosa fanfara annuncia l'episodio del Resurrexit. Poi, momenti di vario colore espressivo si susseguono sino alla chiusa dell'Amen, dolcemente dissolventesi nel pianissimo.

Sanctus. - Dopo l'iniziale invocazione corale, grandiosa e solenne, l'Hosanna è svoltò con leggerezza e grazia soave su un agile metro ternario, cui si ritorna successivamente all'episodio di carattere pastorale, condotto dalle voci soliste sulle parole Benedictus qui venit.

Agnus Dei. - Solismo e coralità omoritmica si alternano nel patetico inizio di questo brano, che raggiunge la più intensa espressione nella tragica invocazione del Miserere e che poi si rasserena nel Dona nobis pacem, illuminandosi d'una luce misteriosa. Alla fine, al disotto della trasparente polifonia corale condotta, sulla parola Pacem più volte ripetuta, i bassi orchestrali riprendono il tema dodecafonico del Crucifiixus: «quasi a ricordare - illustra l'autore - come sfondo a questa pace il dramma eterno della Passione».

Massimo Bruni

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Mille miglia lontana da seduzioni coloristiche, evocazioni onomatopeiche, atmosfere arcadiche e incantesimi poetici appare la scabra, sofferta Messa di Casella. La partitura, intitolata Missa solemnis «pro pace» porta le date «6 giugno-23 novembre 1944». Il 6 giugno 1944 Roma veniva liberata dall'occupazione tedesca. L'aver iniziato in quel giorno preciso la stesura della Messa, da tempo meditata, costituisce di per sé la testimonianza del carattere che il compositore intendeva conferire a quest'opera, concependola come un ex-voto di ringraziamento per la salvezza dai pericoli generali che avevano minacciato la cittadinanza romana e da quelli particolari che incombevano sulla sua famiglia a causa delle origini di sua moglie. Con la qualifica votiva «pro pace» Casella intendeva estenderne il significato a quello di un'invocazione per le sorti di tutta l'umanità che, in quel periodo, era ancora messa a repentaglio dagli ultimi, tragici sussulti della guerra. Le condizioni in cui il Maestro si accingeva alla composizione della Messa venivano rese vieppiù drammatiche dal fatto che, dal 1942, egli era attanagliato da una malattia inesorabile che, di lì a poco, doveva stroncarne la vita. La Missa solemnis «pro pace» doveva restare infatti la sua ultima composizione. Alla luce di tale circostanza appare ancor più significativo il fatto che Casella abbia voluto concepirla come un vero e proprio coronamento di tutta la sua attività creatrice, come una summa delle sue esperienze umane e stilistiche. Ed è anche per questo che, come giustamente ebbe a osservare Massimo Mila, Casella ha inteso «cimentarsi con un grande genere musicale che egli non aveva ancora toccato, e verso il quale d'altra parte lo conduceva la sua evoluzione artistica degli ultimi anni, caratterizzata da una pacificazione con se stesso e con il passato musicale, da lui compreso con sempre più larga, cattolica accettazione». I legami col passato si andavano peraltro rinforzando ed esplicitando in quel tempo, in virtù dell'assiduo lavoro a un libro su Bach, all'edizione critica delle opere clavicembalistiche di quest'ultimo, che doveva uscire postuma, come postuma sarebbe apparsa una biografia di Beethoven che Casella tracciò sulla base dell'epistolario beethoveniano. Gli esempi di Bach e di Beethoven si riflettono nella Messa, come del resto in tutta la musica dell'ultimo periodo creativo di Casella. Quello di Bach, oltre ad aver guidato «i finali itinerari di Casella come un breviario di speranza (anche ultraterrena!)» come sostiene Guido Turchi, trova un'eco concreta sul piano dell'impostazione architettonica e anche su quello degli spunti tematici. L'esempio di Beethoven sembra aver agito più che altro sul piano morale concernente l'impegno di superare ogni sofferenza e di riscattare per mezzo dell'arte la drammatica negatività della condizione umana. Col suo comportamento di uomo e di artista, Casella veniva offrendo, da parte sua, un esempio ai suoi numerosi discepoli dei quali non cessava di occuparsi. A uno dei più devoti tra questi ultimi e cioè a Fedele d'Amico, Casella volle peraltro dedicare la Messa. L'impianto costruttivo dell'opera segue i modelli classici del genere comportando una partizione in cinque tempi corrispondenti rispettivamente al Kyrie, al Gloria, al Credo, al Sanctus e all'Agnus Dei.

Il Kyrie inizia con un'introduzione strumentale, Grave, solenne, impostata su due ampie campate melodiche il cui disegno è tra i più tipicamente caselliani, tanto da assumere quasi il valore di una vera e propria sigla della sua musica. Segue un tratto corale che s'inarca fino a un culmine al quale segue, in corrispondenza del Christe eleison, un espressivo arioso del soprano solo contrappuntato prima dai tenori bassi e poi da tutto il coro. Quest'ultimo riprende poi il Kyrie in tono più dimesso.

Il Gloria comincia anch'esso con un'introduzione strumentale il cui tempo e carattere sono indicati come Allegro vivo e tumultuoso. Il coro entra con un giubilante fugato, la cui grandiosità polifonica più che a Bach, riporta forse a Händel. Una breve ripresa in guisa d'interludio di quell'introduzione, porta a un Allegro un poco maestoso, alla breve («Laudamus Te») che in corrispondenza della frase «Gratias agimus Tibi», si fa Pochissimo più animato. Un altro interludio orchestrale, dapprima Animato e poi Lento, porta a un duo del baritono e del soprano soli («Domine Deus Rex coelestis») intramezzato da frasi mormorate sottovoce dal coro («Miserere nobis»). In movimento Allegro vivace il coro solo intona poi il «Quoniam Tu solus sanctus» che sfocia nella fuga «Cum Sancto Spiritu». In movimento Allegro vivo, ma un poco maestoso e in un «fortissimo giubiloso» i contralti espongono il tema di questa fuga il cui controsoggetto si plasmerà sui moduli ritmici del decimo e dell'undicesimo brano dell'Arte della fuga di Bach. L'introduzione strumentale del Credo riporta la vicenda sonora in un clima Grave e maestoso. La prima frase del testo è affidata poi al coro.

Il baritono solo intona la frase successiva «Et in unum Dominum Jesum Christum» per associarsi successivamente alle voci virili del coro nel passo Poco più lento e misterioso corrispondente alle parole «Et incarnatus est».

La sezione susseguente, Crucifixus, è affidata al coro e al soprano solo. Essa si svolge in movimento Lento e grave ed è formulata come una Passacaglia su di un basso costituito da un disegno che implica una serie dodecafonica. Anche se tale serie viene ad inserirsi qui in un tessuto diatonico, si mantiene in una tonalità precisa (fa minore) e anche se non assume funzioni strutturali peculiari del metodo schönberghiano, ma serba tradizionali caratteristiche tematiche, questo ricorso a procedimenti dodecafonici insieme a quello che si era verificato nel precedente Concerto op. 69, sta a testimoniare che, nell'atto di riassumere le sue esperienze passate, Casella, lungi dal cedere a preclusioni di sorta, si dimostrava capace di nuove e significative aperture verso quello che, in quel periodo appariva come il traguardo più avanzato della musica italiana ed europea. Alla fine della Passacaglia, la serie di cui sopra viene svolta anche nella sua retrograda nei registri medi e acuti dell'orchestra. Sopra di essa si eleverà finalmente l'invocazione «Pacem, pacem». Intanto un «marcatissimo» Allegro molto mosso, che resta sempre animatissimo, raffigura coralmente l'«Et resurrexit» al quale segue un calmo e dolcissimo arioso del baritono solo («Et in Spiritum Sanctum»). Il coro, solenne e misterioso, intona poi «Et unam sanctam catholicam et apostolicam Ecclesiam» e si associa, in eco al baritono nel susseguente Allegro animato e ben deciso («Confiteor»). Un brevissimo intermezzo strumentale (Allegretto dolcemente mosso) porta poi al dolcissimo «Amen».

Il Sanctus comprende le seguenti sezioni: un Andante mosso corale; un Allegretto dolce, con grazia e freschezza, ugualmente corale e che, in corrispondenza delle parole dell'«Hosanna», assume l'andamento di un gaio girotondo; un Adagio pastorale per baritono e soprano soli accompagnati dalle voci maschili del coro («Benedictus») e una ripresa dell'«Hosanna» che sfuma sottovoce in un'atmosfera di aerea leggerezza.

L'Agnus Dei viene intonato, in un movimento specificato come Lento molto, dal soprano solo la cui linea melodica viene intramezzata dai mormorii sottovoce del coro («Miserere nobis») i quali, al culmine del brano, si trasformano in un angosciato grido d'invocazione per placarsi poi nel Calmo e Solenne tratto finale che riprende il motivo della Passacaglia del Crucifixus in un contesto armonico improntato a modi maggiori e a un atteggiamento espressivo placato e sereno.

Roman Vlad

Testo

KYRIE

Kyrie eleison
Christe eleison.
Kyrie eleison

GLORIA

Gloria in excelsis Deo, et in terra pax hominibus bonae voluntatis. Laudamus te, benedicimus te, adoramus te, glorificamus te. Gratias agimus tibi propter magnam gloriam tuam. Domine Deus, Rex coelestis, Deus Pater omnipotens, Domine, Fili Unigenite, Jesu Ghriste, Domine Deus, Agnus Dei, Filius Patris. Qui tollis peccata mundi, miserere nobis, suscipe deprecationem nostram. Qui sedes ad dexteram Patris, miserere nobis. Quoniam Tu solus sanctus, Tu solus Dominus, Tu solus altissimus, Jesu Christe. Cum Sancto Spiritu, in gloria Dei Patris. Amen.

CREDO

Credo in unum Deum Patrem ornnipotentem, factorem coeli et terrae, visibilium omnium et invisibilium; et in unum Dominum Jesus Ohristum, Filium Dei Unigenitum, et ex Patre natum ante omnia saecula, Deum de Deo, lumen de lumine, Deum verum de Deo vero, genitum, non factum, consubstantialem Patri, per quem omnia facta sunt; qui propter nos homines et propter nostram salutem descendit de coelis. Et incarnatus est; crucifixus etiam pro nois sub Pontio Pilato, passus et sepultus est; et reserrexit tertia die, secundum scripturas, et ascendit in coelum, sedet ad dexteram Patris; et iterum venturus est cum gloria, judicare vivos et mortuos, cujus regni non erit finis.

Credo in Spiritum Sanctum Dominum et vivificantem, qui ex Patre Filioque procedit, qui cum Patre et Filio simul adoratur et conglorificatur, qui locutus est per Prophetas. Et in unam sanctam, catholicam et apostolicam Ecclesiam. Confiteor unum baptisma, in remissionem peccatorum. Et expecto resurrectionem mortuorum, et vitam venturi saeculi. Amen.

SANCTUS e BENEDICTUS

Sanctus, Sanctus, Sanctus Dominus Deus Sabaoth. Pieni sunt coeli et terra gloria tua. Hosanna in excelsis.

Benedictus qui venit in nomine Domini. Hosanna in excelsis.

AGNUS DEI

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, miserere nobis.

Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, dona nobis pacem.


(1) Testo tratto dal programma di sala del concerto dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 12 marzo 1972
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto del Maggio Musicale Fiorentino,
Firenze, Teatro Comunale, 16 giugno 1983


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Ultimo aggiornamento 6 maggio 2016