Cerevicki
ossia "Gli stivaletti"; anche nota con il sottotitolo "Les caprices d'Oxane"
Opera comico-fantastica in quattro atti e sette quadri
Musica: Petr Ilic Cajkovskij (1840-1893)
Libretto: JakovTetrovic Polonskij da "La notte di
Natale" di Nikolaj Vasil'evic Gogol
Personaggi:
- Vakula (tenore)
- Solocha (mezzosoprano)
- Cert (baritono)
- Cub (basso)
- Oksana (soprano)
- Panas (tenore)
- Golova (basso)
- il maestro di scuola (tenore)
- il principe Chiarissimo (basso)
- il cerimoniere (basso)
- il ciambellano (tenore)
- il vecchio cosacco (basso)
- il dio silvano (baritono)
- contadini, diavoletti, cosacchi (coro)
Organico: ottavino, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe,
3 tromboni, basso tuba, timpani, triangolo, tamburo, piatti, grancassa,
arpa, archi
Composizione: Maidanovo, 28 febbraio - 3 aprile 1885
Prima rappresentazione: Mosca, Teatro Bol'soj, 31 gennaio 1887
Edizione: Jurgenson, Mosca, 1898
Sinossi
Atto primo
Una strada del villaggio
di Dikan'ka.
Siamo a Dikan'ka, in Ucraina, alla fine del XVIII secolo. È la notte di
Natale; la strega Solocha esce sulla strada e ammira la luna che
splende in cielo. Le si avvicina il diavolo Bes, intenzionato a passare
la notte con lei (scena e duetto di Solocha con il diavolo). Il diavolo
è in collera col fabbro Vakula, il figlio di Solocha, perché l'ha
raffigurato in un modo così comico da renderlo ridicolo agli occhi
degli altri diavoli; scatena perciò una tormenta di neve, allo scopo di
impedire a Vakula di incontrare l'amata Oksana. Ricompare Solocha, a
cavallo di una scopa; il diavolo la segue nell'aria, mentre la tormenta
infuria sempre più. L'anziano cosacco Čub, padre di Oksana, e il suo
compare Panas escono di casa per recarsi a bere, ma a causa della
tempesta smarriscono il cammino.
La casa di Čub.
La bella Oksana è triste, perché il padre è uscito e l'ha lasciata
sola; guardandosi allo specchio intona una canzone malinconica (aria di
Oksana). Entra, non visto, Vakula, che la guarda ammirato. Oksana, non
appena se ne accorge, lo tratta rudemente; ma il giovane le dichiara il
suo amore (scena e arioso di Vakula). Arriva Čub, coperto di neve, e
vede con sorpresa Vakula: questi non lo riconosce e lo caccia di casa.
Oksana, accortasi dell'accaduto, rimprovera Vakula e lo invita ad
andarsene, facendosi beffe dei suoi sentimenti (scena e duetto di
Oksana e Vakula). Intanto le amiche di Oksana, che girano per il
villaggio intonando canti natalizi, la invitano a unirsi a loro; ma la
ragazza, pentita del suo comportamento crudele, preferisce restare sola
(scena finale).
Atto secondo
La casa di Solocha.
Solocha e Bes, di ritorno, si lanciano nel ballo del gopak,
accompagnati da piccoli diavoli che suonano diversi strumenti. Bussano
alla porta. Il diavolo teme che sia Golova, il borgomastro, che suole
farsi segni di croce: si nasconde perciò in un sacco (scena di Solocha
e del diavolo). Entra Golova, che beve e inizia a far la corte a
Solocha. Ma bussano di nuovo alla porta: per non farsi scoprire in quel
luogo, il borgomastro si nasconde in un altro sacco (scena di Solocha e
Golova). Entra il maestro di scuola; anch'egli fa la corte a Solocha e
le canta una canzone che ha composto per lei. Ma quando bussano
nuovamente, il maestro, per evitare lo scandalo, si nasconde in un
sacco (scena di Solocha e del maestro di scuola). Il nuovo arrivato è
Čub, che Solocha accoglie da innamorata. Mentre i due si baciano,
bussano di nuovo alla porta: questa volta è Vakula. Čub entra
precipitosamente nel sacco occupato dal maestro (scena di Solocha e
Čub). Dai loro sacchi, tutti cominciano a lamentarsi per la mancanza
d'aria (quintetto). Entra Vakula, triste per il trattamento di Oksana
(arioso di Vakula). Solleva i sacchi, credendoli pieni di carbone, e si
avvia verso la fucina.
Una strada del villaggio
di Dikan'ka.
Diversi gruppi di cantori intonano canzoni (scena del coro). Arrivano
Oksana e l'amica Odarka, con due giovani accompagnatori. Oksana,
accortasi della presenza di Vakula, lamenta di non avere stivaletti
belli come quelli di Odarka; Vakula promette di portarglieli, ma la
ragazza si fa beffe di lui, sostenendo che lo sposerà solo se le
regalerà gli stivaletti che indossa la zarina (scena e canzone degli
stivaletti). Vakula è disperato e si allontana, dando l'addio a Oksana.
Dai sacchi, che il fabbro ha posato per terra, escono improvvisamente
il borgomastro, il maestro e Čub, suscitando l'ilarità generale
(finale).
Atto terzo
La riva del fiume.
Alcune ondine escono dalle acque gelide del fiume. Uno spirito del
bosco le avverte che un giovane si prepara a raggiungerle (scena delle
ondine): è Vakula, determinato ad abbandonare la vita (scena e canzone
di Vakula). Dal sacco che porta in spalla esce il diavolo, che gli
propone un patto: avrà l'amore di Oksana in cambio della sua anima.
Vakula finge di accettare, ma afferra il diavolo per la coda, lo
scaraventa a terra e lo costringe a portarlo, in volo, alla corte dello
zar (scena di Vakula e Bes).
Una sala del palazzo
simile a una sala di ricevimento.
Il diavolo depone a terra Vakula e si nasconde. Il fabbro incontra un
gruppo di cosacchi, che aspettano di essere ricevuti dalla zarina, e si
unisce loro (scena del palazzo).
Salone del palazzo con
colonne, lampadari e candelabri.
È in corso un ricevimento; gli invitati danzano al ritmo di una
polacca. Fa il suo ingresso il principe Serenissimo, al quale tutti si
inchinano. I cortigiani cantano le lodi della zarina, mentre il
principe declama un'ode in onore dell'eroico esercito russo (stornelli
del Serenissimo). Si danza poi un minuetto; nel frattempo Vakula si
avvicina al principe e gli chiede gli stivaletti della zarina per
donarli alla sua fidanzata. Il Serenissimo, sorpreso e divertito,
acconsente alla strana richiesta. Si danzano un ballo russo e un ballo
cosacco; poi il cerimoniere invita tutti ad assistere allo spettacolo
teatrale organizzato dalla zarina. La sala si svuota, Vakula monta di
nuovo in groppa al diavolo e si fa trasportare al villaggio (scena di
Vakula e Bes).
Atto quarto
Una piazzetta.
Solocha e Oksana si disperano, avendo sentito dire che Vakula si è
tolto la vita (duetto di Solocha e Oksana). All'uscita dalla messa,
uomini e donne invitano Oksana a unirsi ai festeggiamenti natalizi; ma
la ragazza rifiuta gli inviti, piangendo desolata. Giunge Vakula,
all'improvviso. Si inginocchia davanti a Ču b, gli chiede perdono per
averlo buttato fuori dalla sua casa, la notte prima, e gli chiede in
sposa la figlia Oksana. Vakula regala gli stivaletti della zarina alla
ragazza, che però dichiara che un regalo simile non è necessario.
Nell'allegria generale, Čub invita i musicanti del villaggio a
festeggiare i due fidanzati (finale).
La storia del fabbro Vakula, innamorato della bella Oksana che
acconsente a sposarlo a condizione di ricevere in dono gli stivaletti
ricamati d'oro della zarina, è tratta da un racconto (La notte di
Natale)
di Nikolaj Gogol'. Cajkovskij dovette sentirsi certamente attratto da
un soggetto che stimolava la sua fantasia con i numerosi elementi
fantastici; l'ambientazione popolare, inoltre, lo allettava perché gli
avrebbe permesso di fare ampio ricorso al folclore russo. Nell'estate
del 1874 utilizzò perciò il libretto di Jakov Polonskij, tratto dalla
vicenda e intitolato Vakula
il fabbro, per abbozzare un'opera che poi presentò al
concorso bandito dalla Società Musicale Russa di Pietroburgo. Il lavoro
di Cajkovskij piacque (in giuria, tra gli altri, c'erano Nikolaj
Rubinstein e Nikolaj Rimskij-Korsakov) e s'impose facilmente sulla
concorrenza, vincendo il concorso. L'opera andò in scena il 6 dicembre
1876 al Teatro Mariinskij di Pietroburgo; contrariamente alle
aspettative generali non riscosse un gran successo. Non fu neppure un
fiasco, in ogni caso: Vakula il fabbro continuò a essere rappresentata
nelle tre stagioni successive. Cajkovskij prese atto dei difetti della
partitura, rendendosi conto che aveva un carattere sinfonico molto più
che teatrale, della qual cosa faceva le spese la melodia vocale
(«l'opera soffre per il groviglio e la sovrabbondanza di dettagli, di
cromatismi complicati, per la mancanza di levigatezza e compiutezza dei
singoli pezzi [...]. Lo stile è del tutto antiteatrale, manca di
respiro e di movimento», scriveva all'amica e mecenate Nadezda von
Meck).
Avendo comunque un'alta considerazione del lavoro portato a
termine, ad onta dei suoi difetti, Cajkovskij decise, anni dopo, di
rimettervi mano. Nei primi mesi del 1885 procedette a un rifacimento
sostanziale di partitura e libretto. Aggiunse nuove scene, creando
nuovo testo verbale, ed enfatizzò il tema dell'amore tra i due giovani,
a scapito degli elementi farseschi e fantastici sui quali insistevano
sia il racconto di Gogol' sia il libretto originario. Rifece anche
molte sezioni della partitura semplificando l'armonia e
l'orchestrazione;
in vari punti inserì piccoli pezzi vocali, nei quali il lirismo
melodico prevale sulla scrittura declamatoria. Con queste operazioni,
Cajkovskij migliorò ed enfatizzò notevolmente le qualità teatrali del
racconto originale. Cambiò poi il titolo dell'opera in Čerevicki, dal nome
delle calzature che indossano le contadine ucraine nei giorni di festa.
In questa nuova versione, l'opera andò in scena al Bol'soj di Mosca il
31 gennaio 1887; sul podio si trovava lo stesso Cajkovskij, che per la
prima volta si esibiva nel ruolo di direttore d'orchestra.
Accogliendo gli spunti già presenti nell'originario racconto
di Gogol', in Čerevicki
Cajkovskij dà largo spazio agli elementi folclorici: personaggi e
situazioni lo spingono sovente a trarre ispirazione dalla tradizione
del teatro popolare russo. Notevole, in questo senso, è la scena degli
amanti di Solocha nel secondo atto, con una galleria di tipi grotteschi
che affonda le sue radici nella tradizione popolare. Un ruolo
particolare giocano anche le scene ambientate alla corte dello zar,
ricche di colore "russo": cori, danze irruenti ed effetti spettacolari
vi abbondano. Ma inflessioni popolareggianti possono emergere ovunque:
nella canzone di Vakula del terzo atto, nell'accenno di canzone
popolaresca intonato dalla strega Solocha nella scena iniziale, e
altrove. In tutti questi casi non vengono citate autentiche melodie
popolari: con la sua consueta capacità mimetica, Cajkovskij le ricrea
cogliendone in pieno lo spirito.
Altrove, tuttavia, la musica di Cajkovskij è pervasa da una
caratteristica malinconia. Malgrado il racconto originale sia
fantasioso e scintillante, malgrado l'allegria e l'umorismo della
vicenda narrata, con Cerevicki
l'autore scrive un'opera che inclina decisamente alle aperture liriche,
allo stile sentimentale della romanza. La musa elegiaca prevale, ad
esempio, nelle belle pagine ispirate dall'amore di Vakula, nella sua
canzone in riva al fiume o nel suo arioso del secondo atto, che
mostrano, nella loro perfetta unione di parola e musica, un lirismo di
notevole qualità stilistica. Non è da meno il coro "lunare" delle
ondine, sorretto da un accompagnamento onomatopeico dell'orchestra che
rende l'effetto delle acque nelle quali abitano. È soprattutto in
queste pagine - che finiscono per attenuare la vena popolaresca e
umoristica dell'intreccio - che Cajkovskij può dispiegare il suo innato
e coinvolgente talento melodico.
Claudio Toscani
(1)
Sinossi e Guida all'ascolto sono tratti dal programma di sala del Teatro alla Scala,
Milano, Teatro alla Scala, 26 settembre 2005
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Ultimo aggiornamento 15 ottobre 2015