Nel suo ultimo anno di vita, 1893, Cajkovskij riprese alcuni brevi pezzi per pianoforte già composti, ne scrisse altri, e mise insieme una raccolta di diciotto numeri che pubblicò con il numero d'opera 72. Raccolta, non ciclo organico, in cui manca un ordinamento tonale generale e in cui si incontrano caratteri diversissimi che vanno dall'intimismo romantico alla brillantezza della pagina da concerto. Si tratta quindi - e non lo diciamo in senso negativo - di uno zibaldone che veniva offerto e al pubblico dei pianisti dilettanti e al pubblico dei pianisti professionisti. Né gli uni né gli altri mostrarono però di apprezzare l'offerta, e solo due dei diciotto pezzi - il n. 2, Berceuse, e il n. 12, L'Espiègle - divennero veramente noti. L'Espiègle e il n. 15, Un poco di Chopin, raggiunsero poi una grande fama, ma come musica di balletto, perché furono inseriti, con la strumentazione di Riccardo Drigo, nella versione del Lago dei cigni che è tuttora in repertorio al Kirov di Leningrado.
L'Impromptu in fa minore che apre la raccolta è un vero e proprio modello di composizione per esecutori dilettanti: formalmente squadrato, melodicamente piacevole e piccante, variato con bellissimi effetti di pedale di risonanza nella parte centrale, e scritto per lunghi tratti in modo da 'dimostrare' l'utilità di certi Studi di Cramer. Il riscontro 'artistico' del lavoro 'tecnico' non è il minor motivo di interesse di un pezzo come questo, che va anzi valutato, a parer nostro, in rapporto con le finalità che Cajkovskij persegue, e che sono quelle di un prodotto, insieme, di qualità e di consumo.
Piero Rattalino