Sneguročka (La fanciulla di neve), op. 12

Musica di scena per la commedia di A. N. Ostrovskij
19 brani per soli, coro e orchestra

Musica: Petr Ilic Cajkovskij (1840-1893)
Testo: Aleksander Nikolaevic Ostrovsky

Personaggi: Prologo:
  1. Introduzione - Moderato assai
  2. Danze e coro degli uccelli - Allegro giusto. Allegro moderato
  3. Monologo di Nonno Gelo - Moderato. Moderato quasi allegro
  4. Cori di addio all'inverno - Moderato
  5. a. Melodramma - Allegro vivo
    b. Entr'acte - Moderato assai
Atto I:
  1. Primo canto di Lel' - Moderato
  2. Secondo canto di Lel' - Allegro
Atto II:
  1. Entr'acte - Andantino quasi allegretto
  2. Coro dei suonatori ciechi di gusli - Moderato
  3. Melodramma - Andantino quasi allegretto
  4. Coro del popolo e dei cortigiani - Allegro moderato. Moderato
Atto III:
  1. Coro delle ragazze - Allegro moderato
  2. Danza degli acrobati - Allegro vivace
  3. Terzo canto di Lal' - Moderato
  4. Canto di Brusila - Allegro
  5. Il diavolo della foresta e lo spirito della Fanciulla di Neve - Allegro vivace
Atto IV:
  1. a. Entr'acte - Allegro vivce
    b. Monologo della Primavera, coro e danze - Andantino
  2. Marcia e coro della zar Berendei - Tempo di marcia. Moderato
  3. Finale - Allegro giusto
Organico: mezzosoprano, tenore, coro misto, ottavino, 2 flauti, 2 oboi, corno inglese, 2 clarinetti, 2 fagotti, 4 corni, 2 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, triangolo, tamburello, tamburo militare, piatti, grancassa, arpa, archi
Composizione: marzo - aprile 1873
Prima rappresentazione: Mosca, Teatro Bol'soj, 23 maggio 1873
Edizione: Jurgenson, Mosca, 1873 (spartito) e 1895 (partitura)
La trama

Nel paese dei Berendej, l'inverno non vuole lasciare spazio alla Primavera, che quindi non può ancora esprimere la sua forza vitale. Unendosi al vecchio Gelo, la Primavera ha dato alla luce una figlia: Fiordineve, condannata alla solitudine del tempo d'Inverno per difendersi dal calore del Sole, che può far nascere nel suo cuore il sentimento d'amore.

Dopo una discussione. Primavera e Gelo decidono di affidare la figlia a due contadini privi di prole. Fiordineve osserva la vita degli uomini del paese dei Berendej: al villaggio si festeggia il Carnevale. I contadini che l'hanno adottata, Bobyl e sua moglie, sono preoccupati per quella ragazza così bella e allo stesso tempo così fredda e insensibile. Bobyl offre ospitalità a un giovane pastore, Lel', che inizia a cantare, mentre Fiordineve lo ascolta rapita. Per quella canzone Lel' vorrebbe in cambio un bacio, ma Fiordineve gli porge un fiore e Lel', deluso, la abbandona.

Fiordineve si confida allora con Kupava, una ragazza che si è invaghita del giovane mercante Mizgir, il quale, colpito dalla bellezza di Fiordineve, se ne innamora perdutamente. Presa dalla rabbia e dalla delusione, Kupava invoca il giudizio dello Zar.

Eccoci a corte dello Zar Berendej: il sovrano è preoccupato perché l'inverno con il suo gelo è sempre più lungo. Kupava gli racconta l'accaduto e lui decide di condannare Mizgir all'esilio.

Entra Fiordineve, e anche lo Zar è colpito dalla sua bellezza e la incoraggia a scegliere uno sposo. Ma la ragazza è riluttante, così lo Zar comprende che è lei a tener lontano il Sole e lancia un appello: qualcuno riscaldi il cuore di Fiordineve e le faccia conoscere il sentimento più dolce. Subito Lel' e Mizgir si fanno avanti. Lo Zar convoca tutti nel bosco per il giorno successivo: unirà in matrimonio i giovani amanti.

Tutti i Berendej sono nella radura del bosco a cantare e ballare allegramente. Lo Zar soddisfatto invita Lel' a cantare, Fiordineve sembra interessata, ma Lel' dichiara il suo amore per Kupava, suscitando il disappunto di Brusila e la disperazione di Fiordineve che invoca l'aiuto della madre Primavera. La madre si commuove e finalmente le concede l'amore: si innamorerà del primo mortale che incontrerà. Ad avvicinarsi per primo è di nuovo il giovane Mizgir e finalmente Fiordineve ricambia il suo amore.

Ecco arrivare lo Zar e i Berendej pronti a celebrare il giorno sacro al Sole. Improvvisamente un raggio di sole si posa su Fiordineve, la scioglie, il suo corpo diventa aria. Mizgir disperato si lancia di corsa verso il lago, dove annega.

Il sole è ormai apparso alto nel cielo e riscalda la valle dei Berendej, il corso del tempo e delle stagioni riprende il suo eterno ciclo: è giunta l'Estate.


Guida all'ascolto (nota 1)

Non amava Sanremo, Petr Ilic Cajkovskij, nato a Kamsko-Votkinsk, nel governatorato di Vjatka, il 7 maggio del 1840 e morto a San Pietroburgo, come si sa in circostanze indotte, forzose, il 6 novembre 1893. Anche per questo aspetto, marginale nella biografia, ma significativo, ossia nel non amare una delle cittadine in Italia dove invece i suoi concittadini russi amavano svernare, denotava indipendenza di gusti e pensiero. Ma interessante e tangente l'ascolto di questa sera, dove si eseguirà la deliziosa e trascinante "féerie" intitolata Sneguročka, op. 12, musiche di scena per l'omonima pièce di Alexander Nikolaevič Ostrovskij (Mosca, 12 aprile 1823 - Scelykovo, 14 giugno 1886], è capire come mai persino in quella culla di tepori e di luce il Nostro non si trovasse a casa.

"Qui le palme, gli aranci e i limoni non mi rallegrano!", scriveva al fratello Anatolij, il primo gennaio 1878. "Come si può passare un intero inverno senza freddo e senza neve?"

L'indomani, nel mezzo di una sequela di lamenti, evocava la nostalgia per la "cara Russia, le cui pianure nevose io preferisco mille volte alle palme e ai cipressi di qui."

Cajkovskij sarebbe rimasto in Riviera per tre mesi, dal dicembre 1877 al febbraio successivo. Due anni prima aveva lasciato Sanremo la zarina Maria Aleksandrovna, perno di una comunità di stranieri che avrebbe fortemente segnato il territorio. Il compositore proveniva dalle tappe di un viaggio a Venezia e Milano. Aveva già riservato una stanza all'Hotel Victoria, dai fasti britannici, ma ben presto gli preferì la Pensione Joly, più modesta ma in compenso assai meno costosa e soprattutto meno affollata di bel mondo. Lui ne detestava i ritmi di vita, preferiva la solitudine. Non gradiva nemmeno gli schiamazzi del pubblico italiano a teatro, nella sala intitolata al Principe Amedeo, dove aveva seguito un Faust di Gounod e un Barbiere di Siviglia rossiniano. Ma mal circondato: "Qui è peggio di tutto: si grida, si fischia, si va in bestia!"

Non erano diverse, le sue, dalle cronache italiane dei musicisti d'oltralpe, Felix Mendelssohn in testa, quando deprecavano lo stato circense degli esecutori e degli spettatori nella Penisola. E questo dunque non rappresentava un pensiero originale, in viaggiatori che comunque si consolavano con le bellezze del paesaggio e della storia e del clima. Diverso lui, natura fragile e fredda, "Il ragazzo di vetro", come lo avrebbe raccontato nell'omonimo romanzo del 1936 la scrittrice Nina Berberova, prendendo a prestito l'espressione con cui lo appellava la governante, Fanny Dürbach, che ne curò la prima istruzione, protetta tra le mura di casa. A colpire, nel fitto epistolario marino di Cajkovskij, è questo singolare rifiuto di una primavera perenne: lui che amava il freddo e l'inverno, lui capace di specchiarlo in musica con nessun altro. E il suo era sempre un inverno russo, locale, inconfondibile. Nessuno dei "Cinque", i musicisti che del nazionalismo avevano fatto una bandiera, avrebbe saputo cogliere questa tinta speciale del Paese del freddo. Tanto radicata nella tradizione popolare da aver portato alla nascita di una leggenda, una delle più famose, quella di "Nevina", ossia "La fanciulla di neve".

Sneguročka arriva per caso al compositore. Con un percorso che spiega molto di lui, trentenne, affermato sì, ma lontanissimo dalla fama che oggi lo circonda. 1873, Mosca: Cajkovskij vi si era trasferito nel 1866, fresco di medaglia d'argento al diploma finale al Conservatorio di San Pietroburgo, dove aveva completato i propri studi nella classe di composizione di Anton Rubinstein. Nel suo recente passato la musica era sempre stata una presenza costante, ma accessoria: era stato un viaggio in Europa, nel 1861, come interprete di un amico del padre, ingegnere minerario, ad aprirgli gli orizzonti e a determinare la scelta di dimettersi da un lavoro sicuro, che lo vedeva impiegato al Ministero della Giustizia. La Società Musicale Russa, di recente fondazione a San Pietroburgo, si stava espandendo, e Cajkovskij approfittò della chiamata a Mosca, nominato insegnante dei corsi di armonia. Con la stessa cattedra si sarebbe presto trasferito al Conservatorio, che nel settembre dello stesso 1866 era stato fondato da Nikolaj Rubinstein, fratello di Anton, di mentalità più aperta. I primi anni a Mosca corrispondono anche alle prime opere del suo catalogo: le Sinfonie numero 1 e 2, gli inizi della stesura dell'opera Il voivoda, l'Ouverture Giulietta e Romeo, le Romanze op. 6, il Quartetto n. 1 e la seconda opera, L'ufficiale della guardia.

Il 1873 segna il debutto a Mosca della Seconda Sinfonia, accolta con successo. Lo stesso è l'anno della chiusura, per lavori di risistemazione, dello storico Teatro Malyj, il cosiddetto "piccolo teatro", costruito nel 1756 (nascita di Mozart), il cui nome completo suonava Teatro accademico statale Malyj della Russia, dove la dicitura "accademico" ne sottolineava le radici nella storica compagnia teatrale, nata appunto a metà Settecento all'interno dell'Università di Mosca. Tuttora attivo, il Malyi vanta produzioni d'avanguardia, una propria orchestra e un coro, e continua a gestire la più antica scuola di recitazione di Mosca, risalente al 1809. Forte di questa gloriosa storia, il "piccolo" necessitava di lavori improcrastinabili. Le tre compagnie che al suo interno lavoravano - prosa, opera e danza - vennero in blocco traslocate al Teatro "grande", il Bolshoi. Per sancire il seppur temporaneo gemellaggio, i sovrintendenti dei teatri imperiali di Mosca decisero di promuovere una produzione che unisse le tre arti, realizzando un'opera di soggetto fantastico e fiabesco insieme. Come autore del libretto venne individuato Alexandr Ostrovskij, il quale stese il testo elaborandolo da una delle più note leggende russe, quella della Fanciulla di neve. Fu lo stesso a chiedere a Cajkovskij le musiche (per solisti, coro e orchestra] da eseguirsi tra una scena e l'altra.

Ostrovskij viene ricordato come il fondatore del teatro di prosa russo in epoca moderna: a lui si riconducono ben 47 titoli di catalogo, i cui soggetti vengono per lo più presi dall'ambiente dei piccoli commercianti, dei borghesi in lite tra loro, di artigiani in bancarotta e di proprietari terrieri ignoranti, che mercanteggiavano non sempre correttamente. Questo variegato mondo reale, descritto con sapida schiettezza, Ostrovskij lo aveva conosciuto personalmente, mentre osservava il padre, avvocato civilista, e poi quando lui stesso, dall'età di vent'anni, avrebbe lavorato come impiegato del Tribunale del commercio, a Mosca. Nel 1864 Cajkovskij aveva composto l'Ouverture L'uragano, dal dramma omonimo di Ostrovskij; nel 1867 due brani orchestrali, Il falso Dmitrij e Vasilij Sujskij, di nuovo per un dramma dello stesso, e nel 1868 aveva steso Il voivoda, opera in tre atti e quattro quadri, su libretto di Ostrovskij. La conoscenza reciproca poggiava su solide basi: con nessun altro letterato il compositore aveva intrecciato fino ad allora uno scambio tanto proficuo.

In un anno, il 1873, in cui Cajkovskij avrebbe scritto quasi prevalentemente Romanze e Canzoni (comprese la raccolta di 65 Canzoni popolari russe) nacque questo fatato viaggio nella neve: omaggio a una fanciulla incantata, cui era vietato innamorarsi (un autoritratto?) Perché l'amore scalda, e il calore l'avrebbe sciolta per sempre. La commedia di Ostrovskij prendeva liberamente un soggetto del folklore russo, presente nei racconti del periodo natalizio e di capodanno. Sneguročka è anche un irrinunciabile soggetto dei libri illustrati per l'infanzia o delle vecchie cartoline, lei bionda, tutta bardata di bianco, coperta da capo ai piedi con una protettiva pelliccia, che affronta sicura un paesaggio totalmente candido; oppure sempre lei, ma più piccina, con i piedini appoggiati sulla coda degli sci di un nonno dalla barba bianca, vestito di rosso e con una borsa piena di promettenti doni, molto simile al nostro Babbo Natale.

Nella letteratura che si fa risalire agli antichi slavi, la fanciulla di neve (Sneg, suono simile a quello Schnee) ha come madre la Primavera e come padre l'Inverno. Lei una fata, lui un anziano. Il Sole, Jarilo, le aveva predetto la morte se si fosse innamorata. Per questo viene nascosta, in un bosco, affidata ad una coppia di anziani che non hanno avuto figli. La piccola cresce, conosce altri giovani, come lei. Si vede diversa dagli altri. Un ragazzo, Lel', la seduce con delle canzoni, ma la tradisce. Sneguročka si innamora di Mizgir, il fidanzato della migliore amica, e si ricorre addirittura al giudizio dello zar di Berendej che guida l'immaginario regno magiaro dei Berendej. E lo zar non ha nulla in contrario all'amore della giovane coppia, se non che mentre sta pronunciando l'alta sentenza un raggio di sole colpisce la fanciulla, che immediatamente svanisce. Il giovane, sconvolto, per la disperazione si butta nel lago ghiacciato e muore.

Sneguročka viene scritta di getto, tra il marzo e l'aprile del 1873. Si distribuisce in diciannove numeri, che vanno eseguiti tra gli altrettanti numeri del testo recitato, e ne rispetta dunque la scansione, in un Prologo e quattro atti. L'organico prevede un'orchestra di ampio respiro sinfonico, un coro e tre voci soliste, un mezzosoprano e due tenori. Diversi numeri sono il riadattamento di pagine già scritte da Cajkovskij e sconfessate (come Undina, opera del 1869, mai andata in scena e proprio nel 1873 distrutta, salvo appunto i pochi brani riutilizzati qui) e molte sono le melodie tratte da canzoni popolari, citate e reinventate, prese in particolare dalle antologie di Vasilij Prokunin (1848-1910), l'allievo del Conservatorio di Mosca, che aveva iniziato a raccoglierle nei primi anni Settanta e che appunto Cajkovskij, aveva revisionato e fatto pubblicare come "65 Canti popolari russi". Qualche piccolo incidente turbò la stesura dei brani: ad esempio ai primi di aprile, quando il lavoro era quasi al termine, il compositore si tagliò inavvertitamente (così scrive, chissà) una arteria della mano destra. Lo racconta in una lettera a Ostrovskij, spiegando di essere fuori pericolo, ben bendato e tranquillo, tuttavia obbligato a tenere la mano in completo riposo. Dunque con difficoltà a scrivere. Ma intanto commenta alcuni dei brani da ultimare, chiedendo il testo mancante (ad esempio della prima Canzone di Lel') oppure l'intero testo del Coro della Primavera durante le danze finali del quarto atto. La prima esecuzione della magica Sneguročka ebbe luogo il 23 maggio, al Teatro Bolshoi, con la direzione di Nikolaj Rubinstein: "La pièce ebbe grande successo", scrive in un telegramma Cajkovskij a Ostrovskij, firmandolo congiuntamente con il direttore e con Vladimir Begichev, il committente del progetto, amico e che conosceva bene la sua aspirazione a scrivere musiche per un balletto, il futuro Lago dei cigni (1877). La fanciulla di neve ne sembra in molti numeri una felice anticipazione.

"Mi era piaciuto il testo di Ostrovskij - avrebbe poi confidato a Nadezha von Meck, nel 1879 - tanto che ho lavorato per tre settimane senza bisogno di altre sollecitazioni."

Con rabbiosa indignazione, fino alle lacrime, avrebbe invece commentato il "furto" da parte di Rimskij-Korsakov: quasi dieci anni erano passati, e nel 1882 al Teatro Marijnskij di San Pietroburgo andava in scena un'opera con lo stesso titolo, su libretto dello stesso autore. Usurpando la fama delle prime musiche di scena del trentenne e indifeso Cajkovskij. Alla lettera scritta a Ostrovskij, vibrante di protesta, non fece seguito risposta. Del resto Sneguročka sarebbe stata pubblicata solo nel 1895: nessun diritto d'autore la poteva tutelare.

Carla Moreni


(1) La trama e la Guida all'ascolto sono tratti dal programma di sala dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 16 dicembre 2021

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Ultimo aggiornamento 27 ottobre 2023