«Se quella di Strawinsky per il suo aspetto frugale e diroccato potè essere definita la messa dei poveri, questa di Britten si potrebbe dire la messa degli adolescenti». In questi termini si esprimeva Fedele d'Amico all'indomani della prima esecuzione fuori d'Inghilterra della Missa brevis diretta da Luigi Colacicchi nella giornata conclusiva del Concorso Polifonico di Arezzo del 1960. E la felice definizione non tanto si riferisce alla destinazione vocalistica (le tre voci di donne possono benissimo equivalere quelle dei ragazzi) quanto all'ispirazione e all'assunto. «L'appassionata e tenera invocazione del Kyrie» aggiunge infatti il d'Amico, «la nervosa magrezza del Gloria, la candida apoteosi del Sanctus (col suo tema radiante, derivato da una delle ispirazioni più felici di Britten, Il giro di vite), la gentilezza ch'è nel canone a due voci che costituisce il minuscolo Benedictus, parlano chiaro in proposito».
La Missa brevis fu composta nel 1959 per salutare il congedo di George Malcolm dalla carica di Organista e maestro del coro alla Cattedrale di Westminster. Pur essendo «brevis» (non dura più di 15 minuti), la composizione comprende, della messa cattolica, tutte le parti, salvo il Credo, e precisamente: Kyrie, Gloria, Sanctus (con Benedictus) e Agnus Dei. La struttura è d'una estrema semplicità; melodicissima, questa Messa la si ascolta con la stessa tranquilla «comodità» di una composizione sacra di Rossini, oseremmo dire; ch'è una prova di alto virtuosismo compositivo, considerando ch'essa nasconde tra voci e organo, nel Kyrie, un rapporto bitonale; e che nel Sanctus le imitazioni nascono da un impianto dodecafonico. A tal proposito è utile leggere un brano del testo illustrativo di Luigi Colacicchi che accompagna la sua esecuzione discografica della Messa e di altri pezzi corali con il Coro dell'Accademia Filarmonica Romana. «Una breve pagina, destinata alla liturgia della chiesa cattolica romana, in cui le voci del coro, accompagnate e, in certo senso, quasi sospinte dall'organo (come, in particolare, nel Gloria, in misura 7/8), seguono il testo liturgico per lo più omoritmicamente, aliene cioè dagli espedienti è sviluppi, tipici dello stile "imitato". Le tre voci si distribuiscono il testo con equità, diremmo, salomonica, o convergono su di esso in determinati momenti, con effetti di luminosa pienezza sonora».
Giorgio Graziosi