Four Sea Interludes dal Peter Grimes, op. 33a


Musica: Benjamin Britten (1913 - 1976)
  1. Dawn - Lento e tranquillo
  2. Sunday Morning - Allegro spiritoso
  3. Moonlight - Andante comodo e rubato
  4. Storm - Presto con fuoco
Organico: 2 flauti (2 anche ottavino), 2 oboi, 2 clarinetti (2 anche clarinetto basso), 2 fagotti, controfagotto, 4 corni, 3 trombe, 3 tromboni, basso tuba, timpani, gong, campane tubolari, xilofono, piatti, grancassa, tamburo militare, tamburo basco, arpa, archi
Composizione: primavera 1945
Prima esecuzione: Cheltenham, Everyman Theatre, 13 giugno 1945
Edizione: Boosey & Hawkes, Londra, 1946
Guida all'ascolto (nota 1)

Benjamin Britten è nato davanti al mare, che ha raccolto anche il suo ultimo respiro. I ricordi della casa paterna di Lowestoft evocano in maniera struggente il suono e i colori della costa del Suffolk: «Al di là delle paludi, i sentieri più lontani portavano a Shingle Street, una piccola fila di capanni su una spiaggia sassosa, dove non c'era nient'altro da vedere che una vasta distesa di mare e cielo... Nei giorni calmi, la luce prende i delicati contorni di una pittura giapponese. Nelle giornate di brutto tempo, anche in estate, il mare grigio batte contro la scogliera e trascina via i ciottoli col rumore di una raspa, di un tritasassi. Per chiunque sia nato nella costa del Suffolk, questo suono ha sempre significato sentirsi a casa».

La parabola teatrale di Britten, da Peter Grimes fino a Death in Venice, si apre e si chiude con una parabola di amore e morte legata all'acqua. La vita del mare rappresentava per Britten un fenomeno esistenziale, che non aveva nulla a che vedere con la sfera del pittoresco. II filosofo Gaston Bachelard scriveva, negli stessi anni in cui Britten pensava a Peter Grimes, una sorta di fenomenologia dell'acqua, soffermandosi a riflettere sull'aspetto sonoro: «Per dimostrare l'unità vocale della poesia dell'acqua, vediamo subito di sviluppare un paradosso estremo. L'acqua è la signora del linguaggio fluido, del linguaggio senza scosse, del linguaggio continuo, che scorre, del linguaggio che ammorbidisce il ritmo, che offre una materia uniforme a dei ritmi differenti». Forse in nessun'altra opera di Britten il senso di queste parole trova una risonanza nel linguaggio musicale come in Peter Grimes.

Rifugiatosi in California allo scoppio della guerra, da pacifista convinto, Britten scoprì quasi per caso la lirica di George Crabbe, un poeta del primo Ottocento anche lui originario del Suffolk. Crabbe aveva limitato lo scenario della sua poesia all'angusto ambiente di un borgo di pescatori, Aldeburgh, un microcosmo che racchiudeva l'infinito teatro delle passioni umane. Britten trovò nei versi melanconici di The Borough la tinta poetica di cui aveva bisogno e nella cupa storia del pescatore Peter Grimes il soggetto adatto per esprimere la durezza della propria condizione di pacifista e omosessuale. L'opera, scritta per la maggior parte nel 1944, dopo il ritorno in patria, venne rappresentata l'anno seguente con successo strepitoso da una compagnia di giovani entusiasti, in una Londra ancora ridotta in macerie ma vittoriosa. Britten fu salutato dalla critica come il nuovo Purcell che il paese attendeva.

In Peter Grimes la natura prende vita in maniera possente, ma rimane sempre indifferente al destino dell'uomo. Il mare, protagonista segreto dell'opera, non partecipa alla tragedia di Peter Grimes. Quest'autonomia si riflette anche nella drammaturgia musicale dell'opera di Britten, che trasse dalla partitura due lavori da concerto, Four Sea Interludes e la Passacaglia. Gli Interludi marini di Peter Grimes sono sei: Alba, Tempesta, Domenica mattina, Passacaglia, Chiaro di luna e un ultimo senza titolo, che chiude il cerchio dell'opera ritornando al materiale musicale del primo.

Britten ne ha collegati quattro, così come sono scritti nell'opera, con qualche minimo aggiustamento, modificando però l'ordine. La Tempesta, che nell'opera è collocata a metà del primo atto, viene spostata in fondo. Il polittico mostra in questo modo una forte logica simmetrica, basata sulla tensione armonica dissonante dell'intervallo la-mi bemolle. Alba e Domenica mattina appartengono al mondo diurno, Chiaro di luna e Tempesta a quello notturno. La prima coppia di Interludi esprime la vita del villaggio, l'amore di Ellen, l'ordine sociale, mentre la seconda la solitudine di Peter, l'oscura pulsione dell'inconscio, il disordine morale. Questa polarità drammaturgica ha un corrispettivo armonico: le tonalità di la minore / la maggiore da una parte; quelle di mi bemolle maggiore / mi bemolle minore dall'altra.

Dawn si apre con una splendida invenzione sonora. Una luminosa melodia dei flauti e dei violini raffigura la fresca aria del mattino; clarinetti, arpa e viole sembrano suggerire lo sciabordìo sulla costa di un'onda tranquilla; il respiro di fagotti, ottoni e archi gravi restituisce la presenza misteriosa dell'immenso e profondo corpo del mare. Il materiale musicale gravita sulla nota la, che nella notazione inglese si chiama a, la vocale che secondo Johann Jakob Bachofen ha dato nome all'acqua in tutte le lingue.

Sunday Morning ingloba una parte della prima scena dell'Atto II nell'Interludio. L'oscuro malessere di Peter Grimes disturba il ritmo leggero del quadretto idilliaco: un pedale armonico estraneo e il rintocco lontano della campana, una nota di mi bemolle, gettano un'ombra sulla tonalità di re maggiore e sui buoni sentimenti espressi dalla frase dei violini, rimasti orfani nella versione da concerto della voce di Ellen.

Peter Grimes presenta diverse analogie con Wozzeck di Berg, tra cui l'idea stessa di separare le scene con degli Interludi strumentali. La musica notturna di Moonlight, in apertura dell'Atto III, è articolata su due piani sonori nettamente distinti, con una citazione quasi letterale dell'opera di Berg. In maniera analoga alla "musica dello stagno" che inghiottiva Wozzeck, l'agghiacciante moto perpetuo delle terzine e il suono inespressivo dello xilofono suggeriscono allo spettatore anche la fine di Peter Grimes, che affonda con la sua barca nell'indifferenza generale. Una espressiva marcia funebre dal largo incedere händeliano, viceversa, contende al pessimismo metafisico dell'inizio la morale conclusiva.

La Tempesta infine è l'Interludio più complesso dal punto di vista formale. Britten scrive una sorta di Rondò basato su un motivo vigoroso. La lotta mortale tra l'uomo e il mare ha momenti di eccitazione erotica, tanto che il duetto d'amore di Tristan und Isolde risuona nella salita cromatica di trombe e tromboni. La parte conclusiva è una seconda natura morta musicale, dopo Moonlight. La tempesta è placata, il mare non ha più niente da dire, l'orchestra riempie la superficie sonora di note senza espressione. Il tema però ritrova a poco a poco l'energia, per esplodere alla fine in una disperata discesa cromatica, che si abbatte al suolo con accordi fragorosi, come bestemmie scagliate contro il mare.

Oreste Bossini


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 14 novembre 2009

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Ultimo aggiornamento 21 giugno 2014