Young Apollo, op. 16

per pianoforte, quartetto d'archi e orchestra d'archi

Musica: Benjamin Britten (1913 - 1976)
Organico: pianoforte, 2 violini, viola, violoncello, archi
Composizione: 23 luglio - 2 agosto 1939
Prima esecuzione: Toronto, Massey Hall, 27 agosto 1939
Edizione: Faber Music, 1982
Dedica: Alexander Chuhaldin
Guida all'ascolto (nota 1)

Il dio della bellezza. Si torna alle radici del mito. Ma quanto c'è di realmente apollineo in Young Apollo op. 16 per pianoforte e archi? Di sicuro la giovinezza: Benjamin Britten aveva ventisei anni. Era il 1939 e il barometro dell'Europa segnava tempesta. L'amico Wystan Hugh Auden era partito per l'America. Benjamin cominciò a pensare seriamente che fosse buona idea seguirlo. Insieme a Peter Pears mise in valigia carta da musica, abito da concerto, scarpe di vernice e Winterreise. I cicli di concerti andarono a gonfie vele. Come pianista solista e come liederista di lusso, Britten fu accolto molto bene, tanto da meditare un soggiorno stabile, o almeno più lungo del previsto. Nell'estate del 1939 la Canadian Broadcasting Corporation gli commissiona una Fanfara per pianoforte e orchestra. Lo spunto - anche qui letterario e/o mitologico - gli viene dal finale di una poesia incompiuta di Keats, Hyperion, con la sua visione di sole abbagliante. Young Apollo è, come la trascritta Lecture di Liszt, una Fantasia-Concerto in cui il pianoforte si ritaglia scatti giovanili più che languidamente apollinei: temi spezzati, passi staccati, arpeggi nervosi. Invece elegante e raffinata, come sempre in Britten, è la scrittura degli archi, trasparente anche nei passaggi più tesi. Nell'agosto 1939 la radio canadese trasmise il pezzo con Britten solista; in dicembre lo riprese una emittente di New York. Ma il cielo sopra l'Europa diventava sempre più scuro. Con lo scoppio della guerra, Britten tornò in Gran Bretagna, insieme a Pears, per coscienza e come obiettore di coscienza, e ritirò il pezzo. Apollo si chiuse in un cassetto e non tornò più alla luce fino al 1979. L'opera 16 non dice la verità: così libero nella forma e postmoderno nelle sue anticipazioni, Young Apollo è molto più giovane del suo numero di catalogo.

Carlo Maria Cella


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di via della Conciliazione, 26 gennaio 2001

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Ultimo aggiornamento 21 febbraio 2014