Quintetto n. 1 in re minore per chitarra e archi, G 445


Musica: Luigi Boccherini (1743-1805)
  1. Allegro moderato
  2. Cantabile
  3. Minuetto
  4. Finale: Allegro assai
Organico: chitarra, 2 violini, viola, violoncello
Composizione: 1798
Edizione: Heugel, Parigi, 1974
Dedica: marchese di Benavente

Arrangiamento del Quintetto per pianoforte op. 57 n. 4, G 416
Guida all'ascolto (nota 1)

Tra il 1798 e il 1799 Boccherini trascrive e raduna in due raccolte dodici quintetti, originariamente composti per organici diversi, affidandoli a una formazione strumentale piuttosto insolita: al quartetto d'archi classico (formato da due violini, viola e violoncello) il compositore aggiunge la chitarra. La scelta dello strumento è un omaggio al committente e dedicatario delle due raccolte, il marchese di Benavente. Eccellente chitarrista dilettante e ammiratore sincero di Boccherini, il mecenate madrileno ospita un'orchestra stabile nel suo palazzo, frequentato da intellettuali, musicisti e pittori (fra i quali spicca il nome di Goya, intimo amico di Boccherini); proprio all'italiano, il marchese aveva affidato l'incarico di direttore della musica.

L'impiego della chitarra trova, del resto, un'altra giustificazione nell'interesse nutrito da Boccherini per il folclore del paese di cui è ospite da lungo tempo. In numerose occasioni elementi pittorici, danze popolari e scene di vita madrilena concorrono ad arricchire le pagine di musica colta del compositore italiano.

La trascrizione dei quintetti e l'aggiunta della chitarra risalgono agli ultimi anni di vita di Boccherini, quando il maestro torna sulla propria musica per rielaborare alcune tra le opere più amate; attinge allora alla sua vastissima produzione cameristica, entro la quale il genere del quintetto ricopre il ruolo di centro focale. Se la frequentazione assidua del Quintetto testimonia, da un lato, il contatto continuo mantenuto da Boccherini col classicismo viennese (in particolare con la musica di Haydn), dall'altro ne rivela l'autonomia creativa: l'opera di Boccherini, soprattuto nel caso dei quintetti con due violoncelli e di quelli con la chitarra, si fregia di originalità assoluta. Il suo stile si sviluppa in direzioni autonome rispetto a quelle percorse dal classicismo viennese. Le forme boccheriniane sono comprese a pieno solo accettando la quasi completa estraneità del compositore rispetto al modus operandi della forma-sonata classica.

Il genere del Quintetto, in particolare, diviene il luogo privilegiato entro cui convogliare la propria abbondantissima vena melodica: i temi sgorgano frequenti, l'uno di seguito all'altro, spesso renitenti a piegarsi al principio dialettico dell'opposizione drammatica, così tipico del sonatismo classico; sono capaci di oltrepassare i limiti loro concessi (i limiti formali dell'Esposizione, per intenderci) e di invadere zone come quelle dello Sviluppo, comunemente dedicate alla rielaborazione di temi già uditi. Boccherini discorre, racconta attraverso la sua musica una storia continua, una storia che non conosce improvvise battute d'arresto: i suoi temi s'inseguono come le onde che si rifrangono sulla scogliera; sono improntati a uno spirito comune, sono incapaci di "combattersi". Tutto ciò intacca anche il linguaggio armonico, che ha poco in comune con quello dei viennesi: la successione dei piani tonali, spesso imprevedibile, approda a esiti assolutamente originali.

QUINTETTO PER CHITARRA E ARCHI N. 1 IN RE MINORE G. 445

Il Quintetto in re minore G. 445 trae la propria origine dall'elaborazione del Quarto quintetto G. 416 per pianoforte, due violini, viola e violoncello, inserito nell'op. 57 dedicata alla «Nazione Francese».

Il primo movimento, Allegro moderato, rispetta la struttura della forma-sonata, di cui si riconoscono i tre momenti caratteristici dell'Esposizione, dello Sviluppo e della Ripresa, ma prevede anche una distribuzione originale del materiale musicale. La transizione, che di solito non è che un momento di passaggio da un tema all'altro, si arricchisce della presenza di dure idee melodiche - la prima dal carattere elegiaco, la seconda semplice e spensierata - degne di essere considerate due temi veri e propri. Quelle stesse idee ritornano, unitamente al secondo tema marziale, con l'apertura della Ripresa: prendono così il posto solitamente occupato dal primo tema, che ricompare nella sua elegante veste originale ma privo delle misure iniziali, solo alla conclusione del movimento. Nello Sviluppo, d'altro lato, viene elaborato, in un gioco contrappuntistico degli archi, soltanto l'incipit del primo tema; del secondo tema sembrano perdersi le tracce.

Il secondo tempo del quartetto, Cantabile, presenta una struttura bipartita, apparentemente semplice e lineare, giocata sull'alternanza più che sulla contrapposizione di due temi: il primo caratterizzato da un andamento nobile e raffinato, il secondo più melanconico. A separarli, nella prima parte, è un episodio grazioso, in cui tra le scale discendenti della chitarra s'innestano in pianissimo brevi interventi degli archi pizzicati. La seconda parte non è una mera ripetizione della prima: in essa fiorisce - saggio della libera inventività boccheriniana - un nuovo episodio, che si apre, a sorpresa, con inattese sincopi affidate al primo violino per proseguire come ricchissima elaborazione della zona del primo tema.

Lineare è invece la struttura del terzo movimento, Minuetto. Ciò che sicuramente rende interessante la forma semplice è il contrasto tra la prima parte aggraziata e composta e la seconda parte scattante e decisa, che lascia emergere inattesi arpeggi della chitarra. Ulteriori elementi di contrasto sono introdotti dal Trio, più elegante e raffinato del Minuetto, reso oltremodo originale dalla presenza di un episodio posto all'inizio della seconda parte, basato sull'elaborazione contrappuntistica di un nuovo motivo.

Anche nel Finale. Allegro assai si riscontra una struttura non dissimile a quella del movimento iniziale. La transizione si caratterizza infatti per la presenza di due momenti: il primo è un episodio di bravura in cui il primo violino fa sfoggio di virtuosismo e agilità, il secondo fa emergere un tema semplice e lineare, destinato a ritornare a Ripresa avviata. Come nell'Allegro moderato, è proprio la Ripresa il momento più complesso del movimento: vi compaiono il secondo tema, che occupa il posto solitamente assegnato al primo; un episodio nuovo, terso e solare, impostato nella tonalità di re maggiore; il secondo episodio della transizione e, infine, il primo tema. Ma non è tutto: a concludere il movimento l'autore chiama in campo il primo tema dell'Allegro moderato, privo però delle misure iniziali. L'anticonvenzionalità della scrittura boccheriniana non solo intacca e contamina l'assetto tradizionale interno ai movimenti del Quintetto, ma arriva a far circolare i temi tra un tempo e l'altro, quasi a eliminare i confini che li separano.

Raffaella Valsecchi


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 93 della rivista Amadeus

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Ultimo aggiornamento 16 novembre 2014