Quintetto n. 10 in re minore per pianoforte e archi, op. 57 n. 4, G 416


Musica: Luigi Boccherini (1743-1805)
  1. Allegro giusto ma con vivacità
  2. Largo e cantabile
  3. Finale: Allegro assai
Organico: pianoforte, 2 violini, viola, violoncello
Composizione: 1798 - 1799
Edizione: Nouzou, Parigi, 1820 (come opera postuma) Dedica: à la Nation Francaise
Guida all'ascolto (nota 1)

Con il Quintetto in re minore op 57 n. 4 (G 416) siamo, se possibile, ancor più trasferiti dentro un linguaggio innovativo, ricco di sorprendenti trovate, in grado di anticipare situazioni ambientali dalla temperie romantica. Per questo non sorprende la scrittura densa e complessa e le apparenti astruserie nelle tecniche compositive. Vi vediamo mischiati atteggiamenti ancora "antichi" e pienamente barocchi come l'uso di giochi d'eco e dinamica a terrazze, le inserzioni prettamente solistiche, il ricorso a qualche progressione come elemento costruttivo, rispetto a un linguaggio "altro" molto evoluto, in cui si intrecciano gruppi tematici molto articolati, spesso richiamati ed elaborati non solo dentro lo sviluppo, ma anche, ad esempio in una ripresa carica di suggestioni e che tratta in modo significativamente originale la materia sonora. In tal senso non siamo lontani, nelle intenzioni, nelle sonorità e nella trama, da un nostalgico e struggente Brahms ante litteram quando ascoltiamo, ad esempio, l'Allegro giusto ma con vivacità. Qui subito si staglia un primo gruppo tematico caratterizzato da un primo elemento motivico in re minore, denso nell'intreccio delle parti e dal profilo ricco di trasporto e di sentimento, spezzato da un improvviso motto, netto e deciso inciso di collegamento. Il primo gruppo prosegue con una seconda frase in la minore dolcissima, serpeggiante, sinuosa e un po' inquieta, interrotta anch'essa dal brusco motto-inciso di collegamento che porta il discorso a si bemolle maggiore; quando interviene il secondo gruppo tematico ecco una prima idea in fa maggiore, dal tono un po' tronfio e baldanzoso, che prosegue poi in una seconda idea derivata dalla prima, ancora vagamente militaresca, perfezionandone il contenuto; alla fine si conclude sopra una deliziosa, rotonda frasetta su pedale e sulle ultime cadenze di chiusa. Con il sopraggiungere dell'epilogo ecco robusti incisi di perorazione finale e una coda in cui si ammira lo svettare saettante e brillante del violino primo che si lancia in un solistico scambio con il quartetto unito. Dopo il ritornello dell'intera esposizione, lo sviluppo è il luogo della fantasia sorprendente, dove temi, spunti e idee sono sottoposti a fitta rielaborazione: ad esempio, ecco in apertura il primo tema del primo gruppo, nel cui tessuto connettivo, però si inseriscono i rimbalzanti incisi del secondo gruppo, lasciati al timbro cristallino del pianoforte; il brusco innesto del motto scompiglia di nuovo le carte ed ecco riemergere la seconda idea del primo gruppo, ovvero lo spunto sinuoso e serpeggiante interrotto dal brusco ponte di collegamento; poi ecco, ancora, nella sequenza più fedele offerta dall'esposizione ma sottoposti a varianti d'orchestrazione e tonali, il primo e il secondo elemento del secondo gruppo, la frasetta leziosa e le cadenze di chiusa; infine giunge l'epilogo, ma senza la coda conclusiva. Quando giunge la ripresa è imprevedibilmente molto variata, poiché mantiene sì le caratteristiche canoniche del muoversi dentro il territorio tonale d'impianto (re minore), ma sfrutta essenzialmente il primo tema del primo gruppo; così esso è anzitutto anticipato dal suo doppio alla dominante, che funziona da spunto per la sua stessa ripetizione in tonica (re minore). Più volte ripetuto, è dilatato nella forma di perorazione finale, continuamente "rilanciato" da citazioni alla dominante seguite da quelle in re minore; nell'espansione si sente anche il secondo segmento dello stesso primo tema con il passaggio nostalgico che ora suona come ricordo, come frammento conclusivo, segmentato dal motto di collegamento ora trasformato in cadenza finale. Se dunque lo sviluppo aveva, pur nella grande e fantasiosa opera rielaborativa, mantenuto alcuni caratteri architettonici dell'esposizione (la sequenza tematica), a sua volta la ripresa brilla per caratteri di natura sviluppativa, come la profonda opera di rimodellamento dei contenuti motivici: un equilibrio tra sezioni che garantisce, nella trasfusione dei ruoli, la piena organicità della struttura complessiva.

Il Largo e cantabile offre scorci di eterea bellezza dentro un clima di incantata romanza con una prima idea cantabile e una seconda che si avvicina allo spirito del più disimpegnato ballabile; nella seconda parte i profili tematici sono rivisti e rielaborati sotto nuove prospettive, confermando il clima riposante di attesa tra i due tempi veloci. Ecco infatti che, letteralmente, piomba il Finale (Allegro assai), caldo e appassionato con quel suo primo tema in re minore dell'esposizione, irruente, impetuoso e ben sostenuto dalle ribollenti, tumultuose figure in tremolo di viola e violino secondo. Pochi istanti ed ecco una scalpitante frase che funge da ponte di collegamento a fa maggiore e secondo elemento tematico in levare, concluso da brillantissime scalette del piano. Ogni parte si succede senza soluzione di continuità nell'altra, nello spirito agitato del movimento, una seconda frase di collegamento collega alla terza idea in la minore. Nella sezione di sviluppo sono ripresentati in forma di rielaborazione la prima idea e altri spunti tematici come la terza linea motivica; un pedale di re maggiore, cui si aggiungono altri elementi come la seconda frase di collegamento dell'esposizione, prepara il passaggio alla nuova sezione, una ripresa atipica dove torna solo il primo tema principale dell'esposizione. Qui, però, Boccherini ci conferma la propria attenzione per l'unità generale del brano, fondendo questo tema con un altro determinante per l'impianto del Quintetto, il primo del primo movimento. Senza che quasi ci si accorga, ecco innestarsi un'idea sull'altra, così che l'idea fremente di questo ultimo tempo possa trapassare, quasi sublimare nel ricordo del tema nostalgico del primo, insieme anche al motto incisivo: sintesi estrema di un ricordo nostalgico e affettuoso cui non si vuole rinunciare.

Marino Mora


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 212 della rivista Amadeus

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Ultimo aggiornamento 22 luglio 2017