Quintetto per archi n. 75 in re maggiore, op. 39 n. 3, G 339


Musica: Luigi Boccherini (1743-1805)
  1. Allegro vivo (re maggiore)
  2. Pastorale: Amoroso ma non lento (sol maggiore)
  3. Finale: Presto (re maggiore)
Organico: 2 violini, viola, violoncello, contrabbasso
Composizione: 1787
Edizione: Pleyel, Parigi, 1811 - 1812 (come op. 37 n. 23)
Guida all'ascolto (nota 1)

È curiosa la sorte di Luigi Boccherini. Ammiratissimo in vita, artefice di una produzione musicale imponente che ebbe diffusione capillare - tramite i manoscritti e le edizioni a stampa - in tutta Europa, compositore "ufficiale" e fiduciario di due tra le più importanti case regnanti europee, cadde subito dopo la morte in un oblio che è durato in pratica fino ai giorni nostri. A metà Ottocento, in un'epoca in cui la sua musica era ormai del tutto sconosciuta, Boccherini fu poi mitizzato grazie a un brano, uno solo (il celeberrimo Minuetto), che divenne un'icona: l'emblema della grazia settecentesca, dei cicisbei e delle dame incipriate, il simbolo di una società e di una cultura ormai definitivamente tramontate. Tutto ciò finì per proiettare una luce fuorviante sul suo autore.

Solo in tempi recenti gli studi hanno iniziato a far luce sulla sua figura artistica, riscoprendo l'amplissimo corpus delle sue composizioni, ridefinendo il rapporto con i suoi contemporanei e soprattutto con quello che possiamo, per comodità, continuare a chiamare lo stile del classicismo viennese. Scoprendo particolarità che se, da una parte, spiegano le ragioni dell'obsolescenza storica della musica del lucchese, dall'altra mostrano vie alternative a quello stile che l'Ottocento, morto Beethoven, canonizzò ed elesse a paradigma assoluto. Lo stile di Boccherini, la sua tecnica compositiva non vanno interpretati, è ovvio, come presunte manchevolezze in rapporto allo stile classico, ma vanno compresi come una delle numerose vie, non necessariamente convergenti, percorse dalla musica strumentale europea nella seconda metà del Settecento. Questa prospettiva, tra l'altro, ha fatto emergere la necessità di una revisione del concetto stesso di "classicismo viennese".

Iniziamo a osservare che il corpo centrale della produzione musicale di Boccherini è la musica da camera, coltivata con assiduità e costanza tra il 1760 e il 1804 (l'anno della morte): non solo per la mole imponente delle composizioni lasciateci, ma anche perché è questo il terreno elettivo per la sperimentazione, e il campo che riserva gli esiti migliori. Soprattutto, Boccherini è storicamente tra i primi compositori che dimostrano uno spirito autenticamente cameristico, abbandonando una scrittura puramente ornamentale, esteriore e vuota, in favore di un atteggiamento dialogante, di un rapporto paritetico tra gli strumentisti che vengono chiamati a scambiarsi continuamente di ruolo.

Nella sua produzione cameristica spiccano i Quintetti, sia per il numero sia per la qualità inventiva. Gli organici sono piuttosto vari, ma il primato spetta senza dubbio ai Quintetti con due violoncelli, genere di cui Boccherini è considerato l'inventore, al punto che il suo stile venne identificato dai posteri con questa particolare formazione. Il musicista lucchese, nominato nel 1770 violoncellista e compositore da camera nell'orchestra dell'infante di Spagna Don Luis (fratello del re Carlo III), aveva creato il genere del quintetto d'archi con due violoncelli per il piacere di suonare assieme all'eccellente quartetto - formato da Francisco Font e dai tre figli Antonio, Pablo e Juan - che si esibiva regolarmente a corte. Ma l'organico doveva rispondere bene anche alle esigenze dell'altro grande committente di Boccherini, il re di Prussia Federico Guglielmo II, che si dilettava suonando il violoncello.

Tra il gennaio e il marzo del 1787 Boccherini compose tre quintetti, dedicati alla duchessa di Osuna, nei quali lo strumento aggiunto al canonico quartetto d'archi è il contrabbasso. I tre quintetti rappresentano un caso unico nella sua produzione. La ragione che spiega questa scelta particolare sta probabilmente nella presenza, tra i musicisti al servizio della duchessa, di un valente contrabbassista; ma è anche possibile che Boccherini pensasse a ragioni pratiche, legate allo smercio della sua musica presso gli editori francesi. La formazione del quintetto con due violoncelli, infatti, non era facilmente esportabile, tanto che Boccherini autorizzò in più occasioni i suoi editori a modificare l'organico se l'avessero ritenuto opportuno per ragioni commerciali.

Che Boccherini segua piani formali mutevoli, dall'imprevedibile percorso tonale, è mostrato tra l'altro dal primo movimento del Quintetto G. 339 (Allegro vivo). Qui al tema principale, originato da una duplice idea nel tono d'impianto, segue un secondo tema alla dominante; ma la tonalità raggiunta, anziché essere confermata, è lasciata quasi subito per enunciare un'idea affine in una terza tonalità, di modo minore. Si tratta di un procedimento tutt'altro che infrequente nella musica di Boccherini, che ha spinto alcuni a parlare di un'esposizione a tre tonalità. L'arte di Boccherini, come abbiamo del resto sottolineato, privilegia l'efflorescenza melodica sull'arco tensivo e sui procedimenti elaborativi. Il secondo movimento del Quintetto, una deliziosa Pastorale (Amoroso ma non lento), lo conferma ancor meglio: il brano è interamente costruito su una successione di idee melodiche affini e concatenate, in tempo ternario, su bordone, dall'andamento dolcemente cullante, affascinanti nella loro "popolare" semplicità.

Claudio Toscani


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 236 della rivista Amadeus

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Ultimo aggiornamento 27 gennaio 2017