Quintetto per archi n. 73 in si bemolle maggiore, op. 39 n. 1, G 337


Musica: Luigi Boccherini (1743-1805)
  1. Andante lento (si bemolle maggiore)
  2. Allegro vivo (si bemolle maggiore)
  3. Tempo di Minuetto (sol minore)
  4. Grave (sol minore)
  5. Rondeau: Allegro non tanto (si bemolle maggiore)
  6. Minuetto (si bemolle maggiore)
Organico: 2 violini, viola, violoncello, contrabbasso
Composizione: 1787
Edizione: Pleyel, Parigi, 1809 (come op. 37 n. 20)
Guida all'ascolto (nota 1)

È curiosa la sorte di Luigi Boccherini. Ammiratissimo in vita, artefice di una produzione musicale imponente che ebbe diffusione capillare - tramite i manoscritti e le edizioni a stampa - in tutta Europa, compositore "ufficiale" e fiduciario di due tra le più importanti case regnanti europee, cadde subito dopo la morte in un oblio che è durato in pratica fino ai giorni nostri. A metà Ottocento, in un'epoca in cui la sua musica era ormai del tutto sconosciuta, Boccherini fu poi mitizzato grazie a un brano, uno solo (il celeberrimo Minuetto), che divenne un'icona: l'emblema della grazia settecentesca, dei cicisbei e delle dame incipriate, il simbolo di una società e di una cultura ormai definitivamente tramontate. Tutto ciò finì per proiettare una luce fuorviante sul suo autore.

Solo in tempi recenti gli studi hanno iniziato a far luce sulla sua figura artistica, riscoprendo l'amplissimo corpus delle sue composizioni, ridefinendo il rapporto con i suoi contemporanei e soprattutto con quello che possiamo, per comodità, continuare a chiamare lo stile del classicismo viennese. Scoprendo particolarità che se, da una parte, spiegano le ragioni dell'obsolescenza storica della musica del lucchese, dall'altra mostrano vie alternative a quello stile che l'Ottocento, morto Beethoven, canonizzò ed elesse a paradigma assoluto. Lo stile di Boccherini, la sua tecnica compositiva non vanno interpretati, è ovvio, come presunte manchevolezze in rapporto allo stile classico, ma vanno compresi come una delle numerose vie, non necessariamente convergenti, percorse dalla musica strumentale europea nella seconda metà del Settecento. Questa prospettiva, tra l'altro, ha fatto emergere la necessità di una revisione del concetto stesso di "classicismo viennese".

Iniziamo a osservare che il corpo centrale della produzione musicale di Boccherini è la musica da camera, coltivata con assiduità e costanza tra il 1760 e il 1804 (l'anno della morte): non solo per la mole imponente delle composizioni lasciateci, ma anche perché è questo il terreno elettivo per la sperimentazione, e il campo che riserva gli esiti migliori. Soprattutto, Boccherini è storicamente tra i primi compositori che dimostrano uno spirito autenticamente cameristico, abbandonando una scrittura puramente ornamentale, esteriore e vuota, in favore di un atteggiamento dialogante, di un rapporto paritetico tra gli strumentisti che vengono chiamati a scambiarsi continuamente di ruolo.

Nella sua produzione cameristica spiccano i Quintetti, sia per il numero sia per la qualità inventiva. Gli organici sono piuttosto vari, ma il primato spetta senza dubbio ai Quintetti con due violoncelli, genere di cui Boccherini è considerato l'inventore, al punto che il suo stile venne identificato dai posteri con questa particolare formazione. Il musicista lucchese, nominato nel 1770 violoncellista e compositore da camera nell'orchestra dell'infante di Spagna Don Luis (fratello del re Carlo III), aveva creato il genere del quintetto d'archi con due violoncelli per il piacere di suonare assieme all'eccellente quartetto - formato da Francisco Font e dai tre figli Antonio, Pablo e Juan - che si esibiva regolarmente a corte. Ma l'organico doveva rispondere bene anche alle esigenze dell'altro grande committente di Boccherini, il re di Prussia Federico Guglielmo II, che si dilettava suonando il violoncello.

Tra il gennaio e il marzo del 1787 Boccherini compose tre quintetti, dedicati alla duchessa di Osuna, nei quali lo strumento aggiunto al canonico quartetto d'archi è il contrabbasso. I tre quintetti rappresentano un caso unico nella sua produzione. La ragione che spiega questa scelta particolare sta probabilmente nella presenza, tra i musicisti al servizio della duchessa, di un valente contrabbassista; ma è anche possibile che Boccherini pensasse a ragioni pratiche, legate allo smercio della sua musica presso gli editori francesi. La formazione del quintetto con due violoncelli, infatti, non era facilmente esportabile, tanto che Boccherini autorizzò in più occasioni i suoi editori a modificare l'organico se l'avessero ritenuto opportuno per ragioni commerciali.

Qual è il rapporto di queste composizioni con lo stile, le forme, le tecniche compositive della musica da camera austro-tedesca del secondo Settecento? A livello formale, intanto, non è affatto normativa la regola che la composizione debba essere in quattro movimenti. Boccherini, nei suoi cataloghi autografi (e a volte nelle edizioni a stampa) distingue tra «opere grandi» e «opere piccole»; se queste ultime sono generalmente in due movimenti, le altre mostrano un'estrema varietà di soluzioni. Non è detto neppure che il primo movimento sia un ampio Allegro in forma sonata. Il brano che apre il Quintetto G. 337 (Andante lento) è in tempo moderato ed è articolato nella semplice forma ternaria ABA', con un arioso tema principale ripreso, pressoché invariato, dopo una parte centrale tematicamente contrastante. Ma dal punto di vista formale, è l'intero Quintetto che presenta una struttura complessa e sorprendente. Si tratta infatti di una successione di brevi movimenti incatenati, inframmezzati da ripetizioni, che si alternano senza soluzione di continuità. Così il breve e concitato Allegro vivo si interrompe per lasciare spazio a un Tempo di Minuetto, che a sua volta cede il passo a un Grave caratterizzato dalla cantabilità intensa del violoncello nel suo registro medio-acuto; infine, il da capo prescrive la ripetizione letterale dell'Allegro vivo iniziale.

Anche il movimento successivo (che può essere legato senza interruzione al precedente, come avverte una nota nel manoscritto autografo) presenta una struttura simile: si tratta di un Rondeau (Allegro non tanto) all'interno del quale è inglobato un Minuetto, dal tempo e dal carattere contrastanti; al termine del minuetto il rondò viene integralmente ripetuto. Il contrasto tra i due momenti non è solo di metro, di modo, di andamento, ma è soprattutto di carattere: al piglio ritmicamente brillante del rondò fanno riscontro le movenze aggraziate e volutamente leziose («smorfioso», scrive Boccherini in partitura) del minuetto. Nella produzione cameristica di Boccherini i casi di movimenti del genere, che sono stati definiti "composti", non sono affatto infrequenti. Si può ipotizzare che prendano a modello la sinfonia italiana, nella quale si verifica la ripresa finale del movimento d'apertura.

Claudio Toscani


(1) Testo tratto dal libretto inserito nel CD allegato al n. 236 della rivista Amadeus

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Ultimo aggiornamento 27 gennaio 2017