Quintetto per archi n. 24 in mi maggiore, op. 18 n. 6, G 288


Musica: Luigi Boccherini (1743-1805)
  1. Grave (mi maggiore)
  2. Allegro (mi maggiore)
  3. Minuetto (la maggiore) - Trio (la minore)
  4. Presto (mi maggiore)
Organico: 2 violini, viola, 2 violoncelli
Composizione: 1774
Edizione: La Chevardière, Parigi, 1775 circa (come op. XVII n. 6)
Guida all'ascolto (nota 1)

Nato a Lucca il 19 febbraio 1743, terzo di sette figli, Luigi Boccherini ebbe vita difficile e movimentata, ricca di avventure e non troppo felice. Malgrado la protezione di Luciano Bonaparte ed il lungo servizio presso la corte di Madrid, malgrado tante fortunate toumées (celebre quella col violinista Filippino Manfredi), malgrado la vastità della produzione e la notorietà e l'influsso esercitato presso i contemporanei, morì in estrema povertà, avvilito e dimenticato da tutti, il 28 maggio del 1805, a Madrid. Come ha giustamente rilevato lo Stephenson. Boccherini fu compositore originale e libero e nello stesso tempo il principale rappresentarne dello stile drammatico nel campo della musica strumentale e l'indipendente «concreatore» della nuova musica da camera. «La strada verso il quartetto d'archi egli la trovò senza contatto con Haydn, ed il quintetto d'archi è sua creazione, che su Mozart ha agito come stimolo». In tal senso acquista luce e si fa comprensibile l'osservazione del Fétis: «On serait tenté de croire qu'il ne connaissait point d'autre musique que la sienne». E aggiunge lo Stephenson: «Lo stile del tempo e quello suo personale si trovano in lui nel più felice degli equilibri».

Uno dei più originali ed intensi rappresentanti musicali del suo tempo, dunque, il Boccherinì, anche se solo negli ultimi anni si è cominciato a render giustizia alla sua grandezza. Il Saint-Foix. riportando alla luce la famosa Notice pubblicata nel 1850 dal Piequot, già nel 1930 non solo correggeva gli errori di informazione e dì valutazione dell'opera originaria, ma aflermava con vigore l'originalità, la maturità, la novità dell'opera di Boccherini, intuendone una delle caratteristiche fondamentali quando scrìveva: «Egli ha inconsapevolmente assimilato durante quasi quarant'anni l'imperituro il caldo, il prezioso tesoro musicale della Spagna, per restituirci, nei suoi Quartetti, Trìi, Quintetti o Sinfonie, una bellezza che non si può classificare e non lo sarà mai, perché, nello stesso istante in cui rinvia a modelli tipicamente italiani, si rivela ben più originalmente approfondita, più intensamente appassionata sotto lo stimolo dell'aspro e rude ambiente castigliano». Fu poi il Torrefranea a porre in rilievo le influenze del Boccherini su Mozart; e l'Einstein sostanzialmente ne conlermò la tesi, con la lucida analisi di confronto dei Concetti in re maggiore per violino dei due autori. Ancora al Torrefranca si dovette il lavoro più aggiornato e recente di approfondimento ed analisi dell'arte boccheriniana, lavoro che venne rivelato al pubblico attraverso un ciclo di trasmissioni radiofoniche e che la morte lasciò incompleto e tronco, quando tutti ne attendevano ormai la pubblicazione a stampa. L'indispensabile lavoro di classificazione, catalogazione e datazione dell'immensa opera boccheriniana è ora in corso di redazione presso l'Istituto Italiano di Storia della Musica diretto da Luigi Ronga, per opera di Pina Carmirelli.

Secondo il catalogo autografo scritto dallo stesso Boccherini, egli avrebbe lasciato 155 Quintetti, 102 Quartetti, 60 Trii, 6 Duetti, 33 Sonate, 20 Sinfonie, 2 Ottetti e 16 Sestetti, oltre a Concerti, Suites, Ouvertures, Divertimenti, oratorii, cantate, messe, l'opera Clementina ed altri lavori vocali. Non molti furono stampati, la maggior parte restarono inediti. Ma per il pubblico di oggi si può dire siano tutti "inediti": fino a qualche anno fa correvano per le sale da concerto centoni composti con movimenti tratti da opere diverse ed anche quelli si udìvan di rado. Solo da alcuni anni - e non poca parie del merito va all'attività concertistica e discografica dell'ormai famoso "Quintetto Boccherini" - il pubblico dei concerti ha appreso a conoscere il "vero" Boccherini. Ed ogni incontro è stato la conferma dì una grandezza, formale ed espressiva, che trova riscontro nella molteplice varietà che contraddistingue le sue opere, non solo l'una rispetto all'altra, ma anche all'interno di ciascuna di esse, quella varietà che il Pestalozza ascrive a un «gusto di espansione comunicativa di stati d'animo diversissimi, a loro volta continuamente sollecitati da una vena di sempre nuove idee musicali, rivelatrici di un'altitudine melodica, addirittura vocale, tutta italiana», rifacendosi da una parte al «lirismo strumentale» del Sammartini e seguendo dall'altra l'opinione del Torrefranca, che le opere del Boccherini fossero un «tutto destinato a suggerire l'idea di una scena costruita in diversi episodi». E ciò attraverso una musica che - ancora citando il Pestalozza - «sembra realmente sottomettere qualsiasi complessità polifonica, ogni questione stilistica, al prorompente bisogno melodico o, più esattamente, di proiezione narrativa», ma che purtuttavia mai viene meno - aggiungiamo noi - all'esigenza della compiutezza interiore, in un armonico coordinamento che contempera l'individualità della singola voce, cui è affidata quell'espansione melodica, nell'insieme: senza annullare l'uno a favore dell'altra, ma anzi potenziandoli vicendevolmente in quello stile dialogante, dal continuo ricambio e dalla sempre assicurata reciproca integrazione, che si conviene chiamare «di conversazione».

Dei 155 Quintetti soltanto 39 furono stampati: gli altri restarono manoscritti. La maggior parte sono per soli archi e, tra questi, quelli per due violini, viola e due violoncelli hanno una netta preponderanza su quelli per due violini, due viole e violoncello (che fu invece l'organico esclusivamente usato da Mozart).

Il Quintetto in mi maggiore è l'ultimo della raccolta pubblicata nei 1774 come op. 18. Si apre con un grave, il cui carattere è qualificato dalla prescrizione espressiva dolce apposta dallo stesso autore: il tema è enunciato dal primo violino, che lo riprende verso la fine del movimento: è da notare l'episodio intermedio in semibrevi su un pedale del secondo violoncello. L'allegro, in 6/8, è caratterizzato dal tema battente dei violini su un fondo di note tenute dei violoncelli mentre la viola partecipa ora dell'uno ora dell'altro gruppo. Nel minuetto grazioso, nel quale ricompare l'indicazione dolce, ha notevole importanza ed estensione il cantabile trio. Il Quintetto si chiude con un presto la cui caratteristica energia è sottolineata dalla progressione ascendente di semiminime che costituisce la prima metà del tema, che poi si scioglie in una rapida successione di semicrome, prima in forte, poi in piano. Dopo un episodio solistico del primo violino, il tema ricompare nella coda chiudendo il movimento con lo stesso energico impulso con cui era iniziato.

Carlo Marinelli


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Sala Accademica di via dei Greci, 30 dicembre 1960

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Ultimo aggiornamento 18 ottobre 2014