Quartetto per archi n. 85 in mi bemolle maggiore, op. 58 n. 2, G 243


Musica: Luigi Boccherini (1743-1805)
  1. Allegretto lento (mi bemolle maggiore)
  2. Minuetto: Allegro (mi bemolle maggiore) - Trio (do minore)
  3. Larghetto malincolino (do minore)
  4. Finale: Allegro vivo assai (mi bemolle maggiore)
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: 1799
Edizione: Sieber, Parigi, 1803
Guida all'ascolto (nota 1)

In ordine cronologico Boccherini fu l'ultimo dei grandi musicisti italiani i quali diedero nel Sei e nel Settecento l'avvio al concretarsi delle classiche forme della musica strumentale europea. Educato all'arte, oltre che nella sua città natale, in Roma, secondo i dettami della scuola di Corelli e di Tartini, Boccherini soggiornò in seguito a Parigi, prima di stabilirsi definitivamente a Madrid, come «compositore e virtuoso da camera» dell'Infante Luigi. Nel 1787 re Federico Guglielmo di Prussia gli conferì il titolo di «compositore di corte», ma dopo la morte di questi suoi protettori la vita di Boccherini trascorse e finì nella più squallida miseria. La sua opera, alla pari di quella della maggior parte dei suoi contemporanei e predecessori italiani, fu sospinta nell'ombra di un secolare oblìo dalla generale infatuazione operistica dell'Ottocento. La sua piena riscoperta e rivalutazione è, come s'è detto, ancora in corso. Essa verte non solo sul valore assoluto delle sue numerosissime musiche ma ne investe altresì la relativa funzione storica, mirando a precisare il ruolo che compete a Boccherini nell'ambito del processo formativo dello stile sinfonico e da camera basato sulla forma dialettica della Sonata. Anche se le prime pubblicazioni dei Quartetti e delle Sinfonie boccheriniane (1768 e 1771) non precedono quelle delle analoghe opere di Haydn, tuttavia si può rivendicare a Boccherini una piena autonomia di gusto e di stile rispetto ai suoi contemporanei viennesi. Tanto più che parecchie delle sue «Sinfonie, ossia Quartetti» pubblicate nel 1768, Boccherini le aveva già composte prima della data del suo viaggio a Vienna (1761). La serie dei suoi Quartetti, della quale fanno parte i lavori programmati oggi, comprende qualcosa come 91 numeri: essa si inizia con l'Op. 1 del Catalogo redatto dallo stesso autore e riveduto dal Piquot e dal Saint-Foix.

Il Quartetto che viene eseguito oggi è il secondo del gruppo di sei Quartetti composti nel 1799 e raccolti sotto il numero d'opera 58, col quale si chiude il catalogo di cui sopra. L. Piquot pone questo, alla pari degli altri cinque consimili lavori di questo gruppo, tra le realizzazioni più importanti e mature del compositore. Esso permette dunque in modo ideale di definire quelli che si devono considerare come i principali portati stilistici dell'arte di Boccherini: differenziazione della compagnia strumentale, nel senso del conferimento di una più spiccata autonomia ai singoli strumenti, che vengono individuati in un alterno giuoco dialogico (non per nulla Boccherini intitolò il suo opus 7 Sei conversazioni a tre...); tematizzazione delle idee musicali, le quali, da semplici entità concatenate e contrapposte, tendono a «svilupparsi», a configurarsi come motivi, ad assumere l'ufficio di cellule germinative del tessuto sonoro. Con questo, secondo l'affermazione di R. Sondheimer, si compie «il più importante, fatto dell'arte moderna, cioè di porre anzitutto come fondamento delle idee sonore, sulle quali in seguito erigere l'edificio architettonico della forma».

Tra le caratteristiche particolari del Quartetto in mi-bemolle maggiore bisogna rilevare anzitutto la sottile polivalenza espressiva del primo e del terzo tempo, che si manifesta già nell'indicazione, apparentemente contradittoria «Allegretto lento» del primo e in quella più univoca «Larghetto malinconico» del terzo movimento.

In questi brani è come se gli opposti moti affettivi, di tristezza e di allegrìa si compenetrassero a vicenda, temperandosi e trasfigurandosi reciprocamente e acquistando una qualità espressiva d'un singolare fascino. Degna di nota anche la scrittura strumentale che nel primo tempo si vale con particolare insistenza dei suoni del registro acuto del violoncello, che a tratti si trova a suonare sopra la viola, ciò che per quel tempo costituiva un'arditezza non troppo frequente. Il secondo tempo è un Minuetto fiero e deciso, mentre nel Trio riaffiora il dialogare a volte sereno, a volte ansioso del primo tempo. Il Larghetto malinconico è, come la maggior parte dei tempi lenti di Boccherini, d'una concisa brevità. Il Finale invece, è il movimento più sviluppato di tutto il Quartetto. Esso ha inizio con un fugato che si scioglie però subito in un discorso libero e vivacissimo.

Roman Vlad


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Eliseo, 28 marzo 1955

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Ultimo aggiornamento 21 febbraio 2016