Quartetto per archi n. 55 in la maggiore, op. 39 n. 4, G 213


Musica: Luigi Boccherini (1743-1805)
  1. Allegro moderato (la maggiore)
  2. Minuetto (la maggiore) - Trio (la maggiore)
  3. Grave (re minore)
  4. Allegro giusto (la maggiore)
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: novembre 1787
Edizione: Pleyel, Parigi, 1798 (come op. 39, n. 8)
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Nel 1787, in cui il Boccherini aveva ottenuto una pensione dal re Federico Guglielmo II, il musicista scrisse vari lavori per questo monarca e gli «omaggi» durarono per oltre dieci anni. In questo periodo il compositore redasse anche il catalogo delle sue opere. Tra gli «omaggi» uno dei primi fu appunto questo Quintetto, il cinquantacinquesimo composto dal maestro lucchese. Esso venne stampato mei 1798, come opera 39 n. 2, dal Pleyel di Parigi. L'autografo è rimasto finora introvabile. Nel primo Allegro il musicista usa una espressione piuttosto originale: «sottovoce e con smorfia», una tipica dicitura del compositore alla quale bisogna attribuire il significato di grazia («smorfia») e alla gentilezza è infatti intonato il carattere del primo tempo. Il Minuetto e l'Allegro giusto rispondono perfettamente alla personalità boccheriniana, ma il terzo tempo, Grave, assume una speciale importanza, non soltanto per la stupenda ispirazione, ma anche per l'impressionante anticipazione beethoveniana.

Mario Rinaldi

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

In ordine cronologico Boccherini fu l'ultimo dei grandi musicisti italiani i quali diedero nel Sei e nel Settecento l'avvio al concretarsi delle classiche forme della musica strumentale europea. Educato all'arte, oltre che nella sua città natale, in Roma, secondo i dettami della scuola di Corelli e di Tartini, Boccherini soggiornò in seguito a Parigi, prima di stabilirsi definitivamente a Madrid, come «compositore e virtuoso da camera» dell'Infante Luigi. Nel 1787 re Federico Guglielmo di Prussia gli conferì il titolo di «compositore di corte», ma dopo la morte di questi suoi protettori la vita di Boccherini trascorse e finì nella più squallida miseria. La sua opera, alla pari di quella della maggior parte dei suoi contemporanei e predecessori italiani, fu sospinta nell'ombra di un secolare oblìo dalla generale infatuazione operistica dell'Ottocento. La sua piena riscoperta e rivalutazione è, come s'è detto, ancora in corso. Essa verte non solo sul valore assoluto delle sue numerosissime musiche ma ne investe altresì la relativa funzione storica, mirando a precisare il ruolo che compete a Boccherini nell'ambito del processo formativo dello stile sinfonico e da camera basato sulla forma dialettica della Sonata. Anche se le prime pubblicazioni dei Quartetti e delle Sinfonie boccheriniane (1768 e 1771) non precedono quelle delle analoghe opere di Haydn, tuttavia si può rivendicare a Boccherini una piena autonomia di gusto e di stile rispetto ai suoi contemporanei viennesi. Tanto più che parecchie delle sue «Sinfonie, ossia Quartetti » pubblicate nel 1768, Boccherini le aveva già composte prima della data del suo viaggio a Vienna (1761). La serie dei suoi Quartetti comprende qualcosa come 91 numeri: essa si inizia con l'Op. 1 del Catalogo redatto dallo stesso autore e riveduto dal Piquot e dal Saint-Foix.

Il quartetto programmato oggi - trentottesimo di quelli composti da Boccherini - rientra nel novero dei dodici quartetti raggruppati sotto il numero d'opera 39. Come gli altri lavori congeneri questo quartetto permette di definire quelli che si devono considerare come i principali portati stilistici dell'arte di Boccherini: differenziazione della compagnia strumentale, nel senso del conferimento di una più spiccata autonomia ai singoli strumenti, che vengono individuati in un alterno giuoco dialogico (non per nulla Boccherini intitolò il suo opus 7 Sei conversazioni a tre...); tematizzazione delle idee musicali, le quali da semplici entità concatenate e contrapposte tendono a «svilupparsi», a configurarsi come motivi, ad assumere l'ufficio di cellule germinative del tessuto sonoro. Con questo, secondo l'affermazione di R. Sondheimer si compie «il più importante fatto dell'arte moderna, cioè di porre anzitutto come fondamento dei pensieri sonori, sui quali in seguito erigere l'edificio architettonico della forma». Una particolare caratteristica che avvicina il quartetto in programma, ai Sei quartetti concertanti op. 27, è costituita dal fatto che, pur mantenendo il discorso un carattere dialogico, il primo violino tende sovente ad assumere su di se la maggiore responsabilità ed il maggior peso della trama sonora, impegnandosi in frequenti uscite virtuoslstiche che conferiscono a molti passi di codesto quartetto un carattere concertante.

Roman Vlad


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 5 aprile 1963
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Eliseo, 29 dicembre 1952

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Ultimo aggiornamento 8 maggio 2016