Concerto n. 9 in si bemolle maggiore per violoncello e orchestra, G 482


Musica: Luigi Boccherini (1743-1805)
  1. Allegro moderato (si bemolle maggiore)
  2. Andantino grazioso (mi bemolle maggiore)
  3. Rondò: Allegro (si bemolle maggiore)
Organico: violoncello solista, 2 corni, 2 violini, viola, basso continuo
Composizione: 1771 circa
Edizione: Artaria, Vienna, 1785 circa
Guida all'ascolto 1 (nota 1)

Educato alla musica e specialmente allo studio del violoncello oltre che nella sua città natale, anche a Roma, secondo i dettami della scuola di Corelli e di Tartini, Luigi Boccherini soggiornò dal 1767 al 1769 a Parigi, prima di stabilirsi definitivamente a Madrid, come «compositore e virtuoso da camera» di don Luigi Infante di Spagna, fratello di Carlo IV. Nel 1787 Federico Guglielmo II di Prussia gli conferì il titolo di «compositore di corte»; ma la morte sia del primo che del secondo protettore assottigliò le fonti di guadagno del musicista e ben poco gli valsero le premurose attenzioni dell'ambasciatore di Francia a Madrid, Luciano Bonaparte, cui dedicava nel 1801 lo Stabat Mater a tre voci con accompagnamento d'archi, e quelle del marchese madrileno Benavente, appassionato suonatore di chitarra, per il quale Boccherini aggiunse una parte per tale strumento in alcuni quartetti, quintetti e sinfonie. Nell'ultimo periodo della sua vita, il compositore, piuttosto malandato in salute e senza poter suonare il suo violoncello, continuò a scrivere Quartetti e Quintetti per archi, dove il suo genio doveva lasciare un'impronta incancellabile. La morte lo colse in povertà il 28 maggio 1805, sessantaduenne.

Boccherini è stato un autore fecondo e di inesauribile vitalità creatrice; basti dire che egli ha scritto una trentina di sinfonie, ben 102 quartetti, 163 quintetti, questi ultimi in varie formazioni, ma in prevalenza per due violini, due viole e violoncello, una diecina di concerti, otto dei quali per violoncello, due ottetti, sedici sestetti, settantaquattro trii, duetti, sonate, in più l'opera La Clementina (Madrid 1786), due balletti per i teatri di Vienna e Mestre, due oratori, uno Stabat Mater, una messa, cantate sacre e profane e altre musiche vocali. Nonostante ciò la sua opera è stata per lungo tempo in oblìo e solo intorno agli anni Trenta ha avuto una soddisfacente rivalutazione, per merito di alcuni musicologi, tra cui Fausto Torrefranca che, in uno studio critico su «Le origini dello stile mozartiano», pubblicato nel 1926 sulla Rassegna musicale italiana, collocò Boccherini in una posizione storica importante nell'ambito del processo formativo dello stile sinfonico e da camera, basato sulla forma dialettica della sonata. Infatti Boccherini presenta uno stile dai lineamenti chiari e precisi, in piena autonomia rispetto al contemporaneo Haydn: particolare attenzione alla verità del discorso strumentale nel quartetto d'archi, scioltezza e giocondità di forme e di figurazioni negli allegri, una mestizia serena e a volte sentimentale nei tempi lenti, giovanile brillantezza di pulsanti stacchi ritmici e di policromie festose nei movimenti conclusivi di sonata.

Si ritiene che il Concerto per violoncello e archi in si bemolle maggiore, il più conosciuto di Boccherini, sia stato composto nel 1772, anche se la sua popolarità è venuta con l'edizione di Friedrich Grützmacher, pubblicata nel 1895. Ancora oggi non si sa esattamente se la versione di Grützmacher possa ritenersi una fedele trascrizione, ma comunque si ha motivo di credere che sia stato rispettato lo spirito boccheriniano, specie per quello che riguarda la parte del violoncello. Ognuno dei tre movimenti ha una sua precisa fisionomia melodica, ma certamente l'Adagio centrale rispecchia maggiormente la solarità del linguaggio del musicista di Lucca.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Con due sorelle e un fratello ballerini, più un altro librettista e altri ancora avviati a studi musicali di cui non si conoscono gli esiti, la scelta d'una carriera operistica avrebbe probabilmente facilitato la vita di Luigi Boccherini, nato a Lucca esattamente 250 anni fa, il 19 febbraio 1743 e morto in miseria a Madrid nel 1805, terzo nell'ordine della numerosa prole del violoncellista Giacomo, che lo scelse per tramandargli i segreti del suo strumento. Si trattò indubbiamente d'una decisione ispirata, dal momento che il felice debutto di Luigi violoncellista avvenne all'età di 13 anni, e che poi dopo esser stato mandato a Roma per perfezionarsi con G.B. Costanzo maestro della Cappella Giulia in San Pietro (che lo istruì anche nella composizione), ne divenne il più acclamato interprete dell'epoca.

Ecco un'altra inclinazione - dopo quella della musica strumentale - che sembrerebbe dimostrare come Boccherini avesse il gusto delle imprese difficili. Il violoncello era allora uno strumento tutt'altro che gratificante, in quanto stava appena cominciando ad affrancarsi dal ruolo di basso continuo, per il quale sembrava esser designato. Del virtuosismo acquisito profittò per sviluppare al massimo grado le risorse tecniche e le capacità espressive dello strumento per il quale scrisse undici concerti, oltre ad impiegarlo largamente in sonate e quartetti (di cui fu uno dei più autorevoli iniziatori, nel senso in cui il quatuor è modernamente concepito).

Non tutti gli undici concerti per violoncello sono di sicura attribuzione. Il più celebre, anche nell'ambito della letteratura dello strumento, eseguito per tutto l'arco del secolo scorso (sulla data di scrittura, 1772, non esistono certezze), nonché unico rimasto in repertorio, è il Concerto in si bemolle. La forte presa di questo brano sull'ascoltatore si fonda sull'equilibrio di una scrittura tutta irta di difficoltà (il Concerto è un autentico banco di prova per ogni violoncellista che si rispetti) con quella cantabilità e soprattutto quell'eleganza che rende inconfondibile la musica di Boccherini, ancora pervasa delle galanterie del secolo che va spegnendosi ma con tangibili presagi di quello che sta nascendo: tant'è che nelle pagine volutamente semplificate dei Sei Quartetti op. 9 (dedicate ai «Signori dilettanti» madrileni), Roberto Zanetti riesce a scorgere addirittura il presagio della Rivoluzione francese. Altri musicologi meno distratti dalle lotte di classe, vi respirarono invece i primi profumi del Romanticismo.

Ivana Zanetti


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Piazza del Campidoglio, 29 luglio 1981
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 18 novembre 1993

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Ultimo aggiornamento 15 luglio 2014