Concerto n. 6 in re maggiore per violoncello e orchestra, G 479


Musica: Luigi Boccherini (1743-1805)
  1. Allegro (re maggiore)
  2. Adagio (la maggiore)
  3. Allegro (re maggiore)
Organico: violoncello solista, 2 violini, viola, basso continuo (violoncello o fagotto)
Composizione: 1768 circa
Edizione: Bureau d'Abonnement Musical, Parigi, 1770 (come Concerto II)
Guida all'ascolto (nota 1)

Boccherini è un personaggio di spicco nella storia della musica che precede l'avvento della prima Scuola viennese; il suo contributo allo sviluppo della forma del quartetto è stato determinante e la sua importanza viene riconosciuta da studiosi sia italiani che stranieri. Egli ha al suo attivo una produzione rilevante di musica; oltre cento quartetti e ben 163 quintetti, questi ultimi in varie formazioni, ma in prevalenza per due violini, due viole e violoncello; una trentina di sinfonie dallo strumentale ridotto all'essenziale, due ottetti, sedici sestetti, settantaquattro trii, duetti, sonate, due balletti, due oratori, l'opera La Clementina (Madrid 1786) uno Stabat Mater, una messa, cantate sacre e profane.

Boccherini ebbe una vita particolarmente movimentata e la sua bravura di violoncellista s'impose in fortunate tournées in Italia e altrove, trovando protezione presso don Luigi Infante di Spagna e, dopo la morte di questi, presso l'ambasciatore di Francia a Madrid Luciano Bonaparte, al quale dedicò lo Stabat Mater a tre voci con accompagnamento d'archi e i Quintetti dell'op. 62. La morte lo colse in povertà il 28 maggio 1805, sessantaduenne; venne inumato nella chiesa madritena di San Giusto e nel 1927 le sue ceneri furono trasportate nella natia Lucca.

La musica di Boccherini s'impone per la freschezza e la varietà melodica e per la finezza e l'eleganza delle idee, in un'armoniosa scorrevolezza discorsiva. In particolare nei quartetti d'archi sono racchiusi gli elementi caratteristici dell'intera opera del maestro di Lucca: l'organicità e l'animata giocondità delle figurazioni; una sincera vibrazione sentimentale nei tempi lenti; una giovanile brillantezza negli stacchi ritmici dei movimenti allegri. Come scrisse giustamente un musicologo di altri tempi «le piccanterie che affiorano talvolta nei tempi rapidi ricordano l'origine toscana del compositore; il fare manierato e distinto richiama l'uomo che ebbe lunghi contatti con la più cerimoniosa delle corti, quella spagnola; l'accuratezza della scrittura è assertrice di probità artistica. I maestri italiani che negli ultimi decenni del Settecento coltivano la stessa forma di Boccherini non possono essergli posti a paragone».

Boccherini ha scritto dodici Concerti per violoncello e orchestra d'archi, secondo il catalogo tematico e critico curato da Yves Gérard, revisionato recentemente sotto il profilo cronologico dall'edizione Zanibon. In effetti il Concerto in re maggiore G. 479, pubblicato nell'ottobre del 1770 a Parigi come Concerto II per violoncello e archi, era in origine il Concerto n. 6 per violoncello e archi. La composizione rispecchia uno stile all'italiana, nella linea del concerto grosso puntato verso la forma della sinfonia concertante.

L'Allegro iniziale è costruito su una struttura quanto mai semplice e di estrema chiarezza su cui si snoda una melodia estesa ed espressiva del solista, sorretta dalle modulazioni degli archi. L'Adagio è il classico momento di assorta cantabilità in cui si dispiega il timbro caldo del violoncello tanto apprezzato in epoca romantica. L'Allegro assai conclusivo rivela quell'eleganza e spigliatezza di scrittura e quella varietà ritmica tutta italiana che appartengono allo stile di Boccherini.

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Virtuoso di violoncello tra i primi che la storia della musica ricordi, geniale innovatore della tecnica di questo strumento, componente del primo complesso quartettistico che si conosca (con Nardini e Manfredi violinisti, Cambini violista), Boccherini consacrò molta della sua attività di compositore (svolta quasi interamente in terra di Spagna) alla musica da camera.

Fra le caratteristiche più peculiari dell'intera opera del maestro lucchese risaltano la finezza formale, l'eleganza delle figurazioni, la varietà dei motivi, la freschezza dell'invenzione melodica, la fantasiosa vivacità delle idee strumentali, la festosa policromia negli allegri conclusivi e, nei tempi lenti, una mestizia serena, a volte percorsa da un'intima vibrazione.

Secondo dei "Quattro Concerti" senza numero d'opus pubblicati a Parigi tra il giugno 1770 e l'ottobre 1771, il Concerto in re maggiore è ordinato nel classico schema in tre tempi. Il primo movimento è animato e solare, elegantemente ornato di arabeschi del violoncello solista che, a volte brillante a volte patetico, e con una decisa predilezione per il registro acuto (abituale per la scrittura violoncellistica del tempo), fa sfoggio di agilità e di sviluppi variati fino alla cadenza e alla rapida conclusione orchestrale. Il poetico Adagio ha un'andatura serena ed amabile e si snoda in preziose volute di canto violoncellistico, commentato da brevi interventi dell'orchestra. L'Allegro vivo finale si presenta subito lieto e festoso e tale si mantiene nel corso danzante e gaiamente popolaresco dei suoi ritmi e dei suoi ritornelli.

Salvatore Caprì


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorio di Via della Conciliazione, 11 maggio 1990
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 16 gennaio 1985

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Ultimo aggiornamento 21 aprile 2014