Lyrische Suite per quartetto d'archi


Musica: Alban Berg (1885 - 1935)
  1. Allegretto gioviale
  2. Andante amoroso
  3. Allegro misterioso. Trio estatico
  4. Adagio appassionato
  5. Presto delirando. Tenebroso
  6. Largo desolato
Organico: 2 violini, viola, violoncello
Composizione: 1925 - 1926
Prima esecuzione: Vienna, Großer Musikvereinsaal, 8 gennaio 1927
Edizione: Universal Edition, Vienna, 1927
Dedica: ad Alexander von Zemlinsky

I numeri 2, 3 e 4 arrangiati anche per orchestra d'archi
Testo (nota 1)

Quindici anni dopo il suo secondo Quartetto op. 3, Alban Berg diede alla luce un nuovo lavoro per quartetto d'archi, la Lyrische Suite, composta tra il settembre dei 1925 e l'ottobre del 1926, e dedicata a Alexander von Zemlinsky. Articolata in sei movimenti piuttosto brevi "dal carattere più lirico che sinfonico", sembra ispirarsi alle atmosfere struggenti del Lied von der Erde di Mahler, ma anche al clima poetico della Lyrische Symphonie di Zemlinsky, della quale Berg riprende non solo il titolo e la ripartizione in sei movimenti, ma anche alcuni frammenti tematici. Eppure si tratta di una composizione dodecafonica, anzi del primo lavoro, dopo l'esperimento del Kammerkonzert, nel quale Berg fa ricorso alla tecnica appresa da Schönberg, utilizzando una serie (la stessa del Lied Schliesse mir die Augen beide) che contiene oltre ai dodici suoni anche tutti i possibili intervalli (disposti in una struttura speculare intorno ad un intervallo di tritono) e che viene presentata in tre diverse varianti. Eseguita per la prima volta a Vienna dal Quartetto Kolisch l'8 gennaio 1927, la Lyrische Suite ebbe un immediato successo: nel 1928, su richiesta del suo editore, Berg realizzò una trascrizione per orchestra d'archi del II, III e IV movimento (trascrizione che seguiva fedelmente l'originale per quartetto d'archi, con l'aggiunta però dei contrabbassi che non si limitano a sostenere i violoncelli ma suonano anche passaggi tematici, e con la frequente divisione dei gruppi strumentali che arricchisce la prospettiva armonica e la densità del suono), e in questa veste fu eseguita a Berlino il 31 gennaio 1929 sotto la direzione di Jascha Horenstein.

Nella successione dei sei movimenti, in ciascuno dei quali Berg adotta forme relativamente semplici, con riprese variate, è possibile rintracciare due diverse traiettorie: i movimenti dispari hanno un tempo progressivamente più rapido (Allegretto gioviale, Allegro misterioso, Presto delirando); quelli pari seguono invece un percorso di graduale rallentamento (Andante amoroso, Adagio appassionato, Largo desolato). Questa costruzione formale determina una progressiva intensificazione dei contrasti che si lega anche a un'evoluzione dei caratteri emozionali (dal gioviale al desolato), e suggerisce una precisa drammaturgia che spinse Adorno a definire la Lyrische Suite come "un'opera latente".

Il musicologo americano George Perle ha anche individuato un preciso programma autobiografico, dopo la scoperta, nel 1977, di una copia della partitura annotata dallo stesso Berg che parla del suo amore segreto per Hanna Fuchs, sorella dello scrittore Franz Werfel e moglie di un amico praghese (l'industriale Herbert Fuchs). "L'intensificazione dei sentimenti all'interno dell'intera composizione" (Berg) si accompagna a una trama fitta e labirintica di richiami tematici tra i vari movimenti (in ciascun movimento riaffiora almeno un elemento tematico tratto dal movimento precedente e nell'ultimo ritornano dei frammenti esposti nel movimento iniziale) che assicura unitarietà all'opera.

Nell'Allegretto gioviale, una forma sonata senza sviluppo, con due temi dal carattere molto contrastante, ciascuno con un proprio tempo, Berg usa la prima variante della serie e mette in risalto gli intervalli di quarta e di quinta che conferiscono al movimento un sapore molto tonale (con rimandi soprattutto alle tonalità di fa maggiore e di si maggiore). L'Andante amoroso è un Rondò in sette parti (anche qui ciascuna identificata da un cambio di tempo), con un refrain sempre variato e dal carattere tipicamente viennese.

L'Allegro misterioso, concepito come uno Scherzo, si basa sulla seconda variante della serie, che inizia con le note si bemolle, la, fa, si (BAFH nella notazione tedesca, lettere che corrispondono anche alle iniziali dei due protagonisti di questo diario segreto, Berg Alban e Fuchs Hanna), e su una forma a specchio (come già l'Adagio del Kammerkonzert): l'ultima delle tre sezioni è infatti la retrogradazione della prima, ripropone l'effetto di polverizzazione della materia sonora, e il carattere leggero e fantastico (ottenuto attraverso l'uso della sordina, i suoni sul ponticello, le rapide figure di semicrome, la gamma infinita di sfumature agogiche, dinamiche, timbriche); in netto contrasto è il "Trio estatico" che rappresenta, al centro del terzo movimento, una vera e propria esplosione di violenza, come un grido di dolore (sempre forte possibile).

Alcuni elementi di questo Trio sono ripresi nella sezione iniziale dell'Adagio appassionato, che è il culmine lirico della Suite: è il più libero dei sei movimenti dal punto di vista della forma, della scrittura ma anche nell'uso della serie, con un fitto intreccio di linee strumentali che si scioglie solo in una breve citazione tratta dalla Lyrische Symphonie di Zemlinsky, un motivo di otto note esposto prima dalla viola in un "crescendo molto espressivo", poi dal violino secondo, in una diversa variante ritmica e come "un recitativo molto libero".

Secondo Scherzo della Suite, il Presto delirando è tutto giocato sul contrasto luce-ombra, sulla contrapposizione tra la sezione principale, fatta di gesti violenti (ampi intervalli, glissandi, improvvise escursioni di registro, accordi martellati) e due trii (che portano l'indicazione Tenebroso), basati sulla seconda variante della serie, caratterizzati da armonie dissonanti e da timbri fantomatici (ottenuti con tremoli, armonici, suoni flautati, "sul ponticello", "sulla tastiera", "col legno").

La terza variante della serie viene utilizzata nel movimento finale, Largo desolato, che è il culmine tragico della Suite e che rimanda all'Abschied (l'addio), movimento finale del Lied von der Erde di Mahler. Come si è potuto osservare dallo studio degli abbozzi, Berg aveva trascritto in questo ultimo movimento una poesia di Baudelaire, De profundis clamavi (poesia che Berg metterà poi in musica nell'aria da concerto Der Wein, nel 1928), annotandone i versi sulla linea melodica principale. L'ultimo movimento della Suite può essere così letto come una sorta di Lied ohne Worte: una Romanza senza parole dominata da una linea dal carattere vocale, e dall'espressione disperata, distribuita tra i diversi strumenti, con una fuggitiva allusione al Tristano, due episodi concitati, e una conclusione nella quale la musica sembra dissolversi progressivamente nel silenzio (morendo).

Gianluigi Mattietti

Guida all'ascolto 2 (nota 2)

Congedando dal suo letto di morte un baldo giovanotto (dalla tipica complessione viennese) che gli aveva fornito il sangue per la trasfusione, Alban Berg esclamò «Purché ora non diventi compositore di operette». Solo chi aveva avuto il teatro, come si suol dire, «nel sangue» e aveva fatto del teatro il centro della sua vita poteva ironizzare così su di sé e su quel restare «alla ribalta» che può costituire il vivere a questo mondo. Le due opere di Berg, «Wozzeck» e «Lulu» appartengono al patrimonio più alto del teatro musicale, ma anche nel resto della sua produzione il compositore avvertì sempre il fascino della mediazione teatrale del messaggio. Già Adorno definì la «Lyrische Suite» un'opera teatrale «latente», mentre Rognoni ha parimenti parlato di «dramma sottinteso, interiore, senza alcun riferimento ad un tema letterario». E' possibile che i portati dell'espressionismo avessero esaltato questa capacità di Berg di conferire alla sua composizione una drammaticità intima e, in certo senso, assoluta. Comunque la Suite sorprende per l'adozione di ampio respiro della melodia pur nella tecnica dodecafonica. La serie non è dunque soltanto elemento strutturale di una architettura basata sul numero, ma anche fonte di variazione ed elaborazione di un tema. Il programma della suite è contenuto negli appunti preparatori. Esso è concepito in sei movimenti così suddivisi: «Allegretto (dodecafonico), Andante (libero), Allegro (dodecafonico, trio libero), Adagio (dodecafonico), Presto (libero, i due trii dodecafonici), Largo (dodecafonico)». Vi sono vari elementi che si possono citare per indicare l'estrema ricchezza formale di questa composizione. La serie fondamentale, parzialmente ripresa da un Lied giovanile che Berg aveva scritto su testo di Storm, contiene tutti i dodici rapporti intervallari della scala semitonale. Inoltre, così come fece nelle sue opere teatrali (dove ogni numero chiuso corrisponde ad una forma classica) anche qui Berg costruisce ogni singolo movimento in obbedienza ad una forma preesistente. Cosi il primo tempo è una sonata, senza sviluppo, il secondo (andante amoroso) un rondò, il terzo (allegro misterioso) uno scherzo tripartito. La sua sezione centrale è un «trio estatico» di accesa temperie che costituisce la base del successivo adagio appassionato in cui compare una citazione della «Lyrische Symphonie» di Alexander von Zemlinsky. Il quinto pezzo, presto delirando, è ancora uno scherzo con un trio che appare due volte. Infine il sesto movimento, largo desolato, è libero e può dunque essere considerato una rapsodia. Anche qui vi è una citazione: quella del tema del filtro del «Tristano» di Wagner, forse omaggio ad un capostipite del nuovo linguaggio, ma più probabilmente richiamo passionale. La composizione si chiude con lo spegnersi progressivo della voce dei quattro strumenti. Ultima resta la viola che s'arresta a metà battuta con la terza re bemolle-fa: lamento e insieme interrogativo.

Bruno Cagli


(1) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia di Santa Cecilia,
Roma, Auditorium Parco della Musica, 16 febbraio 2007
(2) Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
Roma, Teatro Olimpico, 15 novembre 1978

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Ultimo aggiornamento 18 marzo 2016