R. Lienau, Berlino, 1910
Schlafen,
Schlafen
Schlafen; Schlafen, nichts als Schlafen!
Kein Erwachen, keinen Traum!
Jener Wehen, die mich trafen,
Leisestes Erinnern kaum,
dass ich, wenn des Lebens Fülle
nieder klingt in meine Ruh'
nur noch tiefer mich verhülle,
fester zu die Augen tu! |
Dormire,
dormire
Dormire, dormire, null'altro che dormire!
Nessun risveglio, nessun sogno!
Di quei sospiri che mi toccarono
il più lieve appena ricordare
che, quando la pienezza della vita
risuonerà nella mia pace,
io ancora più profondamente mi nasconda,
e più fermamente chiùda gli occhi. |
Schlafend
trägt man mich
Schlafend trägt man mich
in mein Heimatland.
Ferne komm' ich her,
über Gipfel, über Schlünde,
über ein dunkles Meer
in mein Heimatland. |
Addormentato mi si porta
Addormentato mi si porta
nella mia patria.
Vengo di lontano,
oltre le cime, sopra gli abissi,
sopra uno scuro mare
nel mio paese natio. |
Nun ich der Riesen
Nun ich der Riesen Stärksten überwand,
mich aus dem dunkelsten Land heimfand
an einer weissen Märchenhand,
Hallen schwer die Glocken;
und ich wanke durch die Gassen
schlafbefangen. |
Ora io mi volsi
Ora io mi volsi ai più forti dei giganti,
mi trovai la patria nella più scura terra
su di una bianca mano di fata,
risuonano pesanti le campane,
ed io vacillo nelle viuzze,
preso dal sonno. |
Warm
die Lüfte
Warm die Lüfte, es spriesst Gras
auf sonnigen Wiesen,
Horch! Horch: es flötet die Nachtigall.
Ich will singen:
Droben hoch im düstern Bergforst,
es schmilzt und glitzert kalter Schnee,
ein Mädchen in grauem Kleide
lehnt an feuchtem Eichstamm,
krank sind ihre zarten Wangen,
die grauen Augen fiebern
durch Düsterriesenstämme.
« Er kommt noch nicht.
Er lässt mich warten... »
Stirb!
Der Eine stirbt, daneben der Andre lebt:
Das macht die Welt so tiefschön. |
Caldi
i venti
Caldi i venti, spunta l'erba
dai prati soleggiati.
Ascoltai Ascolta, canta l'usignolo.
lo voglio cantare:
Lassù, in alto nella fosca foresta montana,
si scioglie e scintilla, fredda, la neve,
una fanciulla in veste grigia
si appoggia a un umido tronco di quercia,
malate sono le sue guancie delicate,
gli occhi grigi guardano febbricitanti
attraverso i foschi tronchi giganteschi,
«Egli non giunge ancora,
Mi lascia attendere...»
Muori!
L'uno muore, accanto l'altro vive:
Ciò fa il mondo così profondamente bello. |
Testo tratto dal programma di sala del Concerto dell'Accademia Filarmonica Romana,
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